Lavoro e divertimento sono spesso considerati un ossimoro. Al lavoro si associano più che altro concetti come fatica, sofferenza, malessere oppure noia. Anche quando il divertimento è esplicitamente richiamato nel contesto professionale, le persone lo riconducono a termini che lo ricordano in maniera indiretta: soddisfazione, libertà, felicità, fiducia. Il gioco, espressione per eccellenza dello svago, viene per lo più dimenticato. È quanto emerge da “Measuring Work Beyond Productivity: a fresh view on motivation, performance and more”, una recente ricerca di Maize (Jakala) condotta su oltre duemila lavoratori in cinque paesi: Italia, Spagna, Danimarca, Francia e Germania.
Eppure, lavorare divertendosi non solo è possibile, ma potenzialmente ci rende anche professionisti migliori.
Cosa significa divertimento al lavoro
Quand’è stata l’ultima volta che avete riso sul lavoro? Non un sorriso di cortesia, ma una vera e propria risata genuina, di quelle che hanno la magia di far dimenticare lo stress, almeno per un momento. Se faticate a ricordarlo, non siete soli: gli adulti ridono in media solo una decina di volte al giorno, mentre i bambini arrivano a farlo addirittura 300.
Forse è anche per questa ragione che non è così frequente sentir ridere tra i corridoi delle aziende. A ciò, si aggiunge il fatto che, come la ricerca di MAIZE ci ricorda, il divertimento al lavoro assume sfumature altre, spesso lontane da risate e gioco. All’interno della propria sfera professionale, le persone si divertono quando sperimentano libertà e felicità, percepiscono una connessione profonda con le altre persone e, ancora, quando sentono di essere soddisfatte di ciò che fanno.
Da questo punto di vista, il divertimento al lavoro si avvicina molto al concetto di flow. Sviluppato dallo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi, il flow descrive un’esperienza ottimale in cui le persone sono completamente assorbite da ciò che stanno facendo e, per l’appunto, pienamente soddisfatte. Uno stato raggiungibile a patto che le proprie capacità siano proporzionate all’attività da svolgere. Uno stato in cui, come le ricerche di Csikszentmihalyi dimostrano, la performance cognitiva, la creatività e la produttività aumentano. Dimostrando indirettamente che divertendosi, si lavora meglio.
Le forme del divertimento al lavoro
La soddisfazione non caratterizza solamente l’esperienza del flow, ma è anche una delle parole più frequentemente associate al divertimento in Italia, Spagna e Francia. La collaborazione, assente sul podio di questi tre stati, compare invece su quello della Danimarca e della Germania, aprendo riflessioni sulle differenze culturali che esistono da paese a paese.
È inoltre interessante scoprire che l’Italia è l’unica nazione nella quale il divertimento al lavoro è frequentemente associato alla tranquillità psicologica. Colpisce, ma forse non sorprende. Per potersi divertire, infatti, è necessario sentirsi al sicuro. Nessuno è in grado di svagarsi se percepisce una minaccia all’orizzonte.
Il divertimento al lavoro, dunque, non è solamente un’esperienza soggettiva, ma anche culturale, come la ricerca di MAIZE mette in luce. Lo svago assume significati diversi rispetto alla lente con cui lo si osserva. Motivo per cui è verosimile concludere che non solo ogni paese declini il divertimento a suo modo, ma addirittura lo faccia ogni azienda, in virtù della cultura organizzativa che la definisce.
L’importanza di divertirsi lavorando
Sebbene non esista una definizione univoca di divertimento al lavoro, è importante riconoscere che la mancanza di momenti di leggerezza può portare a disingaggio e stress. Creare un ambiente in cui il divertimento – inteso non necessariamente come gioco, quanto piuttosto come soddisfazione, tranquillità psicologica e libertà – sia parte integrante delle attività da svolgere, dovrebbe essere considerato un valore.
È su questi aspetti, infatti, che si gioca la differenza tra un lavoro mal sopportato e uno, invece, vissuto con entusiasmo e coinvolgimento. E su cui si determina, di conseguenza, la nostra performance.
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