Hanno meno di 35 anni, hanno una laurea da non più di 3 anni, e che siano uomini o donne non fa differenza: il loro tasso di occupazione è il più basso d’Europa dopo la Grecia. I giovani che stanno ancora studiando sono esclusi dal calcolo[1], quindi il problema evidenziato da questi dati è la difficoltà della transizione dall’università al lavoro nel nostro Paese.
I limiti del sistema produttivo che emergono dal confronto con gli altri Paesi europei sono evidenziati, ad esempio, dalla scarsa presenza di laureati tra gli occupati italiani con meno di quarant’anni e la conseguente scarsa presenza di dirigenti giovani e laureati, con particolare riferimento alla componente femminile. I dati rappresentati nel grafico qui di seguito suggeriscono però che anche nel nostro sistema formativo vi possano essere ampi spazi di miglioramento dal punto di vista dell’occupazione e della retribuzione dei laureati.
Tasso di occupazione dei neolaureati tre anni dopo il conseguimento del titolo in Italia e in Europa – 2022
Quali sono i problemi più evidenti del nostro sistema formativo?
I tempi lunghi per il conseguimento del titolo evidenziano un primo problema del nostro sistema formativo: in Italia ci si laurea ad una età decisamente maggiore rispetto agli altri Paesi europei.
Distribuzione dei neolaureati per classe d’età in Italia e in Europa – 2022
La percentuale di laureati prima del venticinquesimo anno d’età è infatti nettamente sotto la media europea, ma si posiziona ben sopra la media per le classi 25-29 anni e 30-34 anni. Il confronto tra Paesi mostra che nella media europea la metà dei neolaureati ha conseguito il titolo prima dei 25 anni: sono il 53% in Spagna, il 70% in Francia, ma solo il 37% nel nostro Paese (Figura 3). E questo vale, in egual misura, per maschi e femmine.
Quota di neolaureati con meno di 25 anni sul totale dei neolaureati in Italia e in Europa – 2022
La distribuzione dei neolaureati per ambiti disciplinari
La distribuzione dei neolaureati per ambiti disciplinari evidenzia un secondo problema del nostro sistema formativo: la debole corrispondenza tra gli insegnamenti scelti dagli individui e le richieste del mercato del lavoro espresse dai tassi di occupazione; ad esempio, la quota di neolaureati è minima proprio nell’ambito disciplinare delle Tecnologie dell’informazione e comunicazione, dove il tasso di occupazione dei laureati è massimo. Similmente, si posizionano al secondo posto in graduatoria i neolaureati delle Arti e discipline umanistiche, scienze sociali, giornalismo e informazione, che risultano in ultima posizione dal punto di vista occupazionale.
Quota di neolaureati e tasso di occupazione della popolazione in età 25-64 anni per ambiti disciplinari – Italia 2022
Il confronto con l’Europa vede al primo posto nella classifica degli insegnamenti col maggior numero di laureati Economia, amministrazione e diritto (rispettivamente 25% in Europa e 19% in Italia). Ma al secondo e terzo posto della graduatoria in Italia troviamo le Arti e discipline umanistiche (16% contro 9% della media europea), e Scienze sociali, giornalismo e informazione (15% contro 9% della media europea). Per contro, nel nostro Paese ci si laurea troppo poco in Tecnologie dell’informazione e comunicazione (ITC): 1,5% contro 4,5% della media europea.
Distribuzione dei neolaureati nel 2022 per ambito disciplinare e tasso di femminilizzazione in Italia e in Europa
Carenza “al quadrato” di laureati ITC
Per meglio inquadrare la posizione del nostro Paese nel contesto internazionale rimarchiamo che in Italia la quota di laureati in età 25-34 anni, sul totale della popolazione della stessa classe d’età, è tra le più basse dei Paesi OCSE, 31% contro 47% della media, terz’ultima di 33 Paesi dopo Messico e Ungheria. Si noti che Irlanda, Giappone e Canada ne hanno più del doppio di noi, e che in Corea la percentuale di giovani con laurea ha ormai raggiunto il 70%. Ciò premesso, ponendo uguale a 100 il numero di neolaureati di ciascun Paese, la loro distribuzione per ambito disciplinare mostra che in Italia la percentuale di laureati nelle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione è in assoluto la più bassa dei Paesi OCSE. Possiamo dire che l’Italia ha una “carenza al quadrato” di laureati ITC, a significare che abbiamo troppo pochi laureati in generale, e, a parità di laureati, troppo pochi di loro hanno scelto questo specifico percorso formativo (Figura 5).
Quota di neolaureati in Tecnologie dell’informazione e comunicazione sul totale dei laureati nel 2022 nei Paesi OECD
Segregazione formativa: ancora poche le laureate in ITC
I dati della tabella riportata sopra evidenziano che la presenza femminile è maggioritaria nell’insieme dei laureati sia in Europa (57%) sia in Italia (58%), ma presenta variazioni molto ampie a seconda della disciplina: in testa alla graduatoria c’è l’Istruzione (80% in Europa e 86% in Italia) e in ultima posizione ci sono le Tecnologie dell’informazione e comunicazione, in cui le donne sono solo il 21% del totale in Europa e il 20% in Italia.
Tra gli aspetti positivi si può notare come la presenza femminile sia maggiore in Italia rispetto alla media europea in un ambito tradizionalmente a prevalenza maschile come Ingegneria, produzione e costruzione (28% in Europa e 31% in Italia), ma la segregazione formativa resta ancora elevata nei due ambiti tradizionalmente preferiti dalla componente femminile: l’Istruzione e le Arti e discipline umanistiche (rispettivamente 68% e 71%).
In quali discipline siamo più carenti?
Nella disaggregazione più dettagliata, a 165 ambiti disciplinari, emergono in particolare le carenze italiane (rispetto alla media europea) nei seguenti insegnamenti[2]: Progettazione e amministrazione di database e reti (88% in meno rispetto alla media EU); Sviluppo e analisi di software e applicazioni (88%); Finanza, banca e assicurazioni (79%); Tecniche audiovisive e produzione mediatica (75%); Ingegneria chimica e processi (71%); Benessere (58%); Lavoro sociale e consulenza (53%).
Per contro, abbiamo anche qualche primato (non so quanto invidiabile): solo Estonia e Slovacchia hanno una quota maggiore dell’Italia di laureati in Musica e arti dello spettacolo (ne abbiamo più del doppio della media europea); solo Lussemburgo e Ungheria hanno più laureati dell’Italia in Scienza dell’educazione; solo la Cechia ha più laureati dell’Italia in Scienze politiche e civiche; solo la Grecia ha più laureati dell’Italia in Statistica; solo la Slovacchia ha più laureati dell’Italia in Giornalismo; solo Cipro ha più laureati dell’Italia in Psicologia; solo la Spagna ci batte nello Sport; e infine nessun altro Paese ci supera in quattro insegnamenti: Biochimica, Filosofia ed etica; Lingue e Belle arti.
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[1] Nelle statistiche sugli esiti del sistema formativo (UNESCO/OECD/EUROSTAT – UOE database) un neolaureato è una persona che ha conseguito il titolo nell’anno accademico di riferimento. Il tasso di occupazione dei neolaureati è riferito alle persone di età compresa tra 15 e 34 anni che soddisfano le seguenti condizioni: primo, essere occupate secondo la definizione dell’ILO, secondo, aver conseguito almeno l’istruzione terziaria (ISCED 5), terzo, non aver ricevuto alcuna istruzione o formazione nelle quattro settimane precedenti l’indagine e quarto, aver completato con successo il livello di istruzione più elevato entro i 3 anni precedenti all’indagine (Eurostat 2024).
[2] – Sono elencati solo gli ambiti disciplinari nei quali la distanza del nostro Paese rispetto alla media europea supera il 50%.