In Italia una azienda agricola su 3 è di una imprenditrice. Una percentuale non irrilevante, che ora reclama attenzione da parte del governo. Donne in Campo-Cia e Confagricoltura Donna chiedono con urgenza una legge quadro e un osservatorio permanente per l’imprenditoria femminile in agricoltura. Le due organizzazioni giudicano positivamente la legge a supporto dell’imprenditoria giovanile in agricoltura (Legge n.36 del 15 marzo 2024) ma, sottolineano in una nota, «ora è tempo di sostenere anche le donne».
L’agicoltura al femminile
In Italia, il 31,5% delle imprese agricole è a trazione femminile, mentre la media europea arriva solo al 29%. L’imprenditoria agricola delle donne rappresenta un’opportunità di lavoroin particolare al Sud ed è un importante volano per la sostenibilità ambientale, si legge nel comunicato delle due associazioni. La regione con il maggior numero di imprese agricole femminili è la Sicilia, seguita da Puglia e Campania.
All’interno del segmento spiccano gli agriturismo e le fattorie didattiche (che rappresentano il 60% del totale), così come le aziende biologiche; gli allevamenti zootecnici guidati da donne superano il 43% e le aziende floricole sfiorano il 50%.
Cosa manca?
Servono strumenti adeguati che stimolino l’accesso al credito e all’innovazione. Donne in Campo-Cia e Confagricoltura Donna segnalano l’urgenza di una legge quadro per l’imprenditoria femminile in agricoltura, che preveda, tra l’altro, la costituzione di un ufficio permanente presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, e di un Osservatorio ad hoc, con l’obiettivo di promuovere l’accesso delle donne all’attività agricola e di potenziare le politiche attive del lavoro nel settore primario.
Le Presidenti delle due Associazioni datoriali, Pina Terenzi (Donne in Campo-Cia) e Alessandra Oddi Baglioni (Confagricoltura Donna), rilevano la carenza di politiche nazionali a favore dell’imprenditoria e del lavoro femminili in agricoltura.
«Le oltre 200mila imprenditrici agricole italiane sono in prima linea per difendere il settore quale asset strategico del Paese, dove la produzione di cibo e la tutela del territorio camminano insieme, rappresentando il patrimonio di biodiversità, salute e benessere, cultura e tradizione del Made in Italy» ha affermato Pina Terenzi, presidente di Donne in Campo-Cia.
Le due organizzazioni evidenziano la necessità di mettere a disposizione strumenti legislativi e istituzionali, così come accaduto per l’imprenditoria giovanile, con l’obiettivo di valorizzare l’apporto delle donne: una parte fondamentale del mondo agricolo, impegnata nell’innovazione, nella sostenibilità e nella costruzione di sistemi alimentari sostenibili.
«Secondo l’Ocse, riducendo il divario di genere nell’accesso alle risorse produttive, la produzione delle imprese agricole femminili aumenterebbe del 20%-30%. Un contributo concreto alla sicurezza alimentare a cui non possiamo rinunciare, considerando che dovremo sfamare una popolazione di 10 miliardi di persone entro il 2050. L’agricoltura, oltre ad essere un settore fondamentale per la nostra economia, è uno dei comparti a maggior presenza femminile, con buone prospettive di crescita nella fascia manageriale. Infatti, in 10 anni, le donne a capo di aziende agricole sono passate da 1 su 4 nel 2000, a 1 su 3. Inoltre, le aziende condotte da donne sono socialmente più responsabili e aprono la strada a un futuro più inclusivo e resiliente» ha aggiunto Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna.
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