Giustizia mestruale: quanto costerebbe il congedo allo Stato?

Perchè parlare di mestruazioni? In tutti i discorsi sulla parità di genere, sulle pari opportunità, sui gap che separano le donne e gli uomini in molti aspetti della vita economica e sociale, raramente ancora si parla di salute mestruale, nonostante sia una parte fondante dell’esperienza del corpo femminile. Eppure è sufficiente interrogare le donne, direttamente coinvolte, per comprendere quanto sia grande l’impatto delle mestruazioni sulle loro vite, quanta parte abbia nella gestione della quotidianità femminile. Lo ha fatto WeWorld, che per realizzare la “enCICLOpedia. Le cose che dovresti sapere sulla giustizia mestruale” ha condotto tra le altre cose un’indagine su un campione di 1.400 individui (di cui 700 donne e 700 uomini), tra i 16-60 anni, rappresentativo della popolazione italiana, raccogliendo anche le testimonianze dirette e sincere di alcune donne.

“Con le mestruazioni mi sento diversa, più triste e demotivata. Non mi va di fare niente. Sento che ho bisogno di riposo e molte cose mi irritano.” – donna, 25 anni

“Mi sento completamente a pezzi, i dolori fisici mi costringono a letto e mi fanno sentire inutile, come se fossi un mucchio di spazzatura. Credo che al dolore del ciclo non ci si possa abituare.” – donna, 18 anni

“Direi che è una condanna, che non si impara mai a conviverci davvero.” – donna, 49 anni

Le storie ci permettono di cogliere le sfumature e l’eterogeneità dell’esperienza mestruale, ma anche di portare alla luce casi e condizioni più invisibilizzate e le principali sfide che le persone che hanno un ciclo mestruale devono affrontare in Italia, riconoscendo il lato politico di un fenomeno troppo spesso ricondotto unicamente alla sfera personale.

Un’indagine sulla povertà mestruale

La “EnCICLOpedia” di WeWorld, nasce come esito di un impegno nel mondo e in Italia, per salvaguardare la salute delle persone che hanno un ciclo mestruale (donne, persone nonbinarie, persone in transizione), ancora troppo spesso marginalizzate. Parlare di salute mestruale, e non semplicemente di igiene mestruale, significa allargare lo sguardo a tutti gli aspetti fisici, emotivi, psicologici e mentali della salute e del benessere relativi non solo alle mestruazioni, ma all’intero ciclo mestruale, comprendendo anche perimenopausa, menopausa e postmenopausa. Significa riconoscere che questo processo fisiologico, è collegato a un’ampia serie di diritti umani, non solo il diritto alla salute, ma anche alla dignità, alla libertà di scegliere per il proprio corpo, all’informazione, alla privacy, persino all’educazione. Perciò con questo lavoro WeWorld ha scelto di estendere  il concetto di povertà mestruale (period poverty), includendo non solo i vincoli finanziari che impediscono di acquistare prodotti mestruali secondo le proprie necessità, ma anche la mancanza di informazioni e conoscenze adeguate, il silenzio, la vergogna e la segretezza che ancora circondano il ciclo mestruale, la sottovalutazione dei dolori connessi.

Oggi, si stima che nel mondo ogni mese 1,8 miliardi di persone abbiano le mestruazioni. Tutte hanno dovuto fare i conti almeno una volta con un atteggiamento discriminatorio legato alla mestruazione stessa. Dall’indagine di WeWorld emerge che più di 4 persone su 10 non si sentono mai o solo raramente a proprio agio a pronunciare le parole “mestruazioni” e “ciclo mestruale”. Se è vero che nominare è fare esistere, succede comunque che 1 persona su 2 ritiene che di mestruazioni e ciclo mestruale si parli troppo poco e in modo vago., mentre quasi 1 uomo su 5 ritiene che parlare di mestruazioni al lavoro sia poco professionale.

Per combattere contro questa tendenza, che certamente non aiuta a raggiungere degli obiettivi di parità anche attraverso la giustizia mestruale, WeWorld ha lanciato già a febbraio 2024 un Manifesto in sei passi, che con questo rapporto sono stati ripresi e approfonditi. Dalla promozione di un discorso aperto e non giudicante sul ciclo mestruale all’abbattimento della Tampon Tax, dall’educazione sessuale nelle scuole, al riconoscimento nei LEA di tutte le condizioni, patologie e disturbi legati al ciclo mestruale. Dall’altra parte, l’indagine racconta che più di 8 persone su 10 si dichiarano favorevoli all’introduzione del congedo mestruale sia al lavoro sia a scuola.

Cosa significa giustizia mestruale?

Uno studio condotto nel Regno Unito, ha evidenziato che mestruazioni abbondanti, prolungate o dolorose sono collegate a voti peggiori negli esami tra le adolescenti.⁠ ⁠La dottoressa Gemma Sawyer dell’Università di Bristol e i suoi colleghi hanno esaminato più di 2600 ragazze di età compresa tra i 13 e i 16 anni, a cui è stato chiesto se avevano avuto mestruazioni abbondanti o prolungate e dolori mestruali moderati o gravi nell’arco di tre anni.⁠ ⁠ Il team ha poi confrontato le risposte con il tasso di assenza delle ragazze da scuola e i loro voti negli esami obbligatori, evidenziando la connessione tra i fattori, e anche il fatto che le assenze possono essere collegate alla non disponibilità di prodotti adeguati.

Secondo i dati forniti dalla Società di ostetricia e ginecologia, la dismenorrea, una condizione patologica invalidante, affligge negativamente circa un terzo delle donne mestruate. Questa condizione è particolarmente diffusa tra le donne con età compresa tra i 15 e i 25 anni, colpendo circa il 70% di loro.

Dovrebbero bastare queste informazioni per comprendere che le mestruazioni non sono una questione personale, ma una questione politica e di salute pubblica. Dall’abolizione della tampon tax, ovvero l’abbattimento dell’Iva allo 0% sui prodotti mestruali, all’ipotesi del congedo mestruale, sono molti i modi in cui si può parlare di diritti e parità per le ragazze, le donne e le persone che sperimentano questa discriminazione.

Quanto costerebbe il congedo mestruale allo Stato?

In Italia un disegno di legge è stato presentato a febbraio del 2023, con la proposta dell’introduzione di un congedo per le studentesse e le donne lavoratrici che soffrono di dismenorrea, nonché disposizioni in materia di distribuzione gratuita di contraccettivi ormonali. La proposta prevede l’istituzione del congedo mestruale scolastico, fino a due giorni al mese di assenze giustificate per le studentesse che soffrono di dismenorrea, in deroga al vincolo di frequenza di almeno i tre quarti dell’orario annuale previsto dalla legge nazionale, presentando un certificato medico specialistico.

Per quanto riguarda il congedo mestruale lavorativo, la proposta chiede che per la donna che soffre di mestruazioni dolorose, che dovranno comunque essere certificate da un medico, vi sia un congedo per un massimo di due giorni al mese, con un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera e i giorni di congedo non possono essere equiparati ad altre cause di assenza dal lavoro, a partire dalla malattia: nessuna assimilazione tra i due istituti, sia dal punto di vista retributivo che contributivo. Quanto costerebbe questa richiesta allo Stato?

Azzurra Rinaldi

“Secondo la rilevazione WeWorld-Ipsos sulla povertà mestruale in Italia, il 32% del campione prova dolore durante ogni ciclo. E, in media, si perdono 5,6 giorni di lavoro in un anno proprio a causa delle mestruazioni. Basandoci su questi dati, possiamo ipotizzare un costo di base per le casse dello Stato che ammonterebbe a meno di 1 miliardo di euro all’anno (esattamente a 994,5 milioni). Questo laddove lo Stato si facesse carico del 100% della copertura. Se la copertura fosse al 60%, come previsto ad esempio nel caso del congedo mestruale spagnolo, la spesa a carico delle finanze pubbliche ammonterebbe a 596,7 milioni di euro”, spiega Azzurra Rinaldi, direttrice della School of Gender Economics di Unitelma Sapienza, che ha curato per WeWorld un focus sul congedo mestruale.

Prosegue ancora Rinaldi: “La spesa per il congedo mestruale sarebbe totalmente sostenibile e non andrebbe a impattare in maniera dirompente sulle casse pubbliche. Infatti, anche qualora si decidesse di procedere con una copertura per tutte le lavoratrici in età fertile, e non solo per coloro che soffrono di dismenorrea, la spesa rappresenterebbe soltanto lo 0,25% del totale stanziato nella scorsa manovra finanziaria”.

Sarebbe un passo importante per garantire alle donne di partecipare alla vita pubblica in modo più libero e incondizionato. Ma non solo. Guardando più lontano, cosa succederebbe se le donne potessero cominciare a vivere le mestruazioni con consapevolezza, senza doverle nascondere, senza fingere che non siano invalidanti, ma anzi partecipando a tutto il ciclo mestruale potenziandone i benefici e prendendosi cura dei disagi? È a questo che dovremmo tendere, quando parliamo di diritto alla salute e di giustizia mestruale. Ma al momento, le testimonianze delle donne coinvolte sono sconfortanti:

“Per me sono l’ennesima sofferenza che una donna deve patire senza essere compresa dal mondo.” – donna, 34 anni

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