Sanità, la maggioranza è donna ma non ai vertici

Il settore della sanità è noto per avere una forte caratterizzazione femminile. A livello mondiale i dati del Global gender gap report 2021 evidenziano una rappresentazione femminile nella sanità pari al 75% del totale degli occupati, acquisendo il ruolo di settore a maggiore partecipazione femminile. Anche in Italia questo comparto include il 68% delle professioniste e ha mostrato una crescita continua a partire dal 2010. La maggioranza del personale ricopre un ruolo infermieristico, tecnico e medico. Queste percentuali, però, non hanno un riflesso in un’equa distribuzione delle donne anche nelle posizioni apicali. Le percentuali femminili, infatti, si riducono drasticamente per le funzioni di leadership di più alto livello. 

L’attività dell’Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in sanità

A tal proposito l’Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in sanità, nato nel 2022 dalla collaborazione tra la Luiss Business School e l’associazione Leads – Donne Leader in Sanità, ha proprio l’obiettivo di analizzare a che punto è il rispetto dell’equità di genere nella leadership nel settore sanitario, così da monitorarlo nel tempo per favorire sempre di più una pari rappresentanza al vertice. Uno strumento a disposizione dell’osservatorio è per esempio il rapporto annuale sul tema, pubblicato qualche settimana fa, che prova ad andare oltre la sola ricognizione di quante siano le figure di leader nel settore, per rapportarle piuttosto alla composizione globale del contesto. Una parità in questo senso indicherebbe che le donne che entrano nel settore sanitario hanno la stessa probabilità degli uomini di diventare leader, o di incontrare un loro superiore che sia donna.

Un mix di genere ai vertici è importante sia alla luce della ormai estensiva letteratura su come la diversità nel management contribuisca alla migliore performance delle organizzazioni gestite da leadership equilibrata, sia del fatto che la composizione della leadership influenza la possibilità di carriera. Una dirigenza esclusivamente maschile sarà infatti meno in grado di riconoscere le manifestazioni di potenziale nella leadership femminile, così come le esigenze di bilanciamento vita-lavoro delle donne. “Le donne ai vertici della sanità continuano a essere fortemente sottodimensionate, soprattutto nel pubblico, benché il trend di distribuzione delle posizioni apicali negli ultimi anni riveli un lento e costante recupero del genere femminile” ha commentato Marina D’Artibale, codirettrice dell’Osservatorio e socia fondatrice dell’associazione Donne leader in sanità (Leads).  

Un’unità di misura per valutare l’equilibrio di genere nella leadership in sanità

L’Osservatorio ha messo a punto una specifica unità di misura adatta alle sue valutazioni. Si tratta del Gender leader index in health (Glih), che misura il rapporto tra la distribuzione di genere nelle posizioni apicali e la distribuzione di genere sull’occupazione totale in ambito sanitario. L’indicatore si muove in un intervallo fra 0 (nessuna rappresentanza di uno dei due generi) e 1 (totale rappresentanza di un solo genere). Se l’indicatore è inferiore a 0,5 significa che le donne sono sottorappresentate nella leadership rispetto agli uomini. Se, invece, è superiore a 0,5 vale il contrario.

Il tasso di partecipazione femminile nella sanità pubblica è storicamente in maggioranza: si è passati dal 59% delle donne occupate nel 2001 al 69% del 2021. Il livello di occupazione complessivo, invece, è diminuito nel tempo come conseguenza delle politiche di razionalizzazione del sistema sanitario pubblico. Questa riduzione ha avuto un impatto maggiore sugli uomini, mentre il numero delle donne è continuato a crescere: nel 2020 a seguito della pandemia il numero di occupati è aumentato di più di 13000 unità, e nel 2021 di 6000 unità, in entrambe gli anni quasi esclusivamente di genere femminile.

Lo studio rileva che a fronte di una maggiore partecipazione nel mercato del lavoro della sanità pubblica, però, non corrisponde una maggiore rappresentanza di donne nei ruoli apicali: oggi negli ospedali è donna il 25% dei direttori di struttura semplice e solo il 19% di quella complessa. Con riferimento al settore privato, invece, la situazione è generalmente migliore rispetto al settore pubblico. I dati per il comparto farmaceutico evidenziano un miglior bilanciamento fra uomini e donne nella forza lavoro: nel 2011 il 41,8% degli occupati erano donne, nel 2021 il 43,9%. Includendo sia quadri che dirigenti l’indice Glih per le aziende del settore farmaceutico sale da 0,50 nel 2020 a 0,51 nel 2021 mostrando una leggera predominanza di leader donne.

Buone pratiche per fare la differenza

Per accelerare l’avanzamento verso una equa rappresentanza delle donne all’interno del settore sanitario, l’Osservatorio ha anche raccolto alcune buone pratiche dagli attori oggetto dell’analisi quantitativa: “Le buone pratiche riguardano innanzitutto la trasparenza dei dati e degli obiettivi, secondo una prospettiva multistakeholder. Con il nostro Osservatorio contribuiamo a questo fine, tenendo alta l’attenzione sulla lenta progressione verso l’equi-rappresentanza nella leadership in ambito sanità – ha aggiunto la codirettrice e Head of MBA programs Luiss Business School, Maria Isabella Leone – Altre buone pratiche raccolte riguardano il quadro normativo e istituzionale, e le politiche per favorire l’equilibrio tra lavoro e vita familiare. Essere leader in questo settore significa fare per davvero la differenza, perché adottare misure efficaci per migliorare l’equità sanitaria ha la capacità di migliorare la vita delle persone: riesce infatti a costruire una prospettiva, per chi sta già percorrendo questa strada e per tutte quelle ragazze che vorranno farlo in futuro”.

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