Da uomo dico: “Iniziamo a fare la nostra parte per fermare la violenza sulle donne”

di Cristiano Carriero, storyteller & author

Sono giorni che penso a Giulia, ma non solo a lei. Mi auguro che molti maschi abbiano provato, come ho provato io almeno per un momento, a riavvolgere il nastro della propria educazione e formazione: in famiglia, a scuola, in tutti gli altri contesti intrisi di mascolinità tossica.

Questa cosa andava fatta prima ma, vi prego, iniziamo dai piccoli cambiamenti. Iniziamo a non far passare più nulla: uscite dalle chat di Whatsapp in cui la donna viene trattata come un oggetto: fatelo notare una volta, due al massimo, poi abbandonate. Non è divertente, non lo è mai stato.

Litigate con lo zio, la zia, il nonno di 90 anni che fa una battuta sessista pensando di far ridere: “Te la sei presa bella, è brava anche in cucina?”. Non è più il tempo del quieto vivere, nemmeno a Natale.

Chiedetevi e chiediamoci se è corretto mandare messaggi passivo-aggressivi ogni volta che ci sentiamo rifiutati o semplicemente non siamo al centro dell’attenzione. Perché noi non siamo il centro di nulla, nemmeno se siamo fidanzati, compagni, mariti.

Sdegnatevi se allo stadio qualcuno dice alla guardalinee “Devi stare a casa a fare i piatti”. Non fa ridere. Che nessuno rida più per ‘ste merdate.

Puntualizzate che se in una call ci sono uomini e donne non è che si prendono decisioni solo rivolgendosi agli uomini, quello accadeva nei “Leoni di Sicilia”, nell’800. E nemmeno.

Ci sono mille altre cose che potete e che possiamo fare: la prima è parlare di quella volta in cui abbiamo esagerato. Magari si è trattato di un piatto buttato a terra, di una porta sbattuta con veemenza, di una serie di chiamate troppo insistenti nel cuore della notte perché “mi devi rispondere“.

È capitato a tutti noi, lo abbiamo fatto e non dobbiamo vergognarci a dirlo. Piuttosto, dobbiamo vergognarci a rifarlo. Lo abbiamo fatto perché nessuno – i genitori, la scuola, la caserma, lo sport – ci ha educato a essere rifiutati, e invece fa parte della vita.

Siamo tutti, un po’ o tanto, parte del problema. Iniziamo a diventare una piccolissima parte della soluzione.

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