C’è ancora domani, quanto è diversa la vita delle donne di oggi?

È strano aver trovato qualcosa di sè nel film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi? Cosa c’entriamo noi, nel 2023, con la storia di una donna qualunque della prima metà del Novecento? Il fatto è che non bisogna lasciarsi ingannare dal bianco e nero e dalla patina neorealista: perché sotto le mentite spoglie di un film “storico” in realtà c’è il racconto di un’Italia che ancora sta cercando se stessa, un’Italia femmina che prova ancora a definirsi al di là dei ruoli sociali che, troppo spesso, nel passato come oggi, sono gabbie che frenano le donne sulla via dell’autoaffermazione. E così in tante sedute sulle poltroncine dei cinema italiani si trovano come di fronte a uno specchio, a guardare il riflesso di situazioni che si “tramandano” e che nel 2023 sono ancora realtà per molte.

Il merito della regista è stato quello di riuscire a far sentire al sicuro gli spettatori usando la lente storica e situazioni stranianti, come a voler allentare la tensione, a voler far abbassare le difese rassicurando con un “non ci riguarda più”. E lo ha fatto costruendo una narrazione con un punto di vista ancora troppo raro nel cinema: lo sguardo dietro alla macchina da presa, infatti, è non solo femminile, ma femminista. Un punto di forza che sostiene la storia narrata in tutte le sue piccole e volteggianti rivoluzioni. Fino alla fine, quando Delia spiazza tutti. Persino un occhio allenato a certe dinamiche di emancipazione può essere rimasto ingannato per tutta la durata del film fino al disvelamento finale, che non racconterò, ma che arriva sorprendente e inaspettato a far deflagrare i Bechdel tester in agguato. (Il test di Bechdel è un metodo utilizzato per valutare l’impatto dei personaggi femminili nelle trame narrative, ndr.)

Una storia ordinaria, un canto per le invisibili

Ma cos’è che davvero sta lasciando il segno sul pubblico che corre in massa a riempire i cinema per vedere “C’è ancora domani”? Sono anni ormai che ci si impegna a portare alla luce le storie delle donne straordinarie che sono rimaste impigliate nelle pieghe della Storia. Ma accanto a queste, c’è sempre stata una moltitudine di donne ordinarie, silenziose, che non si sono mosse dal loro posto e dal loro ruolo, ma da quelle gabbie sono state parte attiva di una resistenza solida e invisibile.

Donne senza voce, senza storie, se non qualche aneddoto che si tramanda in famiglia, donne che non sono scese nelle piazze a reclamare diritti, ma che nella loro accettazione dell’oppressione, per il bene altrui, ancora oggi ci insegnano che ogni conquista, ogni privilegio, è parte di un cammino in cui ogni invisibile si fa massa nella collettività. Non suffraggette, ma elettrici. È un canto per loro, questo film, per le invisibili che non hanno avuto voce, eppure sempre, “A bocca chiusa” hanno continuato a cantare, come nei versi della canzone finale del film, di Daniele Silvestri:

E senza scudi per proteggermi né armi per difenderminé caschi per nascondermi o santi a cui rivolgermicon solo questa lingua in boccae se mi tagli pure questaio non mi fermo, scusacanto pure a bocca chiusa.
Guarda quanta gente c’èche sa rispondere dopo di mea bocca chiusa.

“C’è ancora domani” anche oggi

Paola Cortellesi ha elevato dunque un’apparente normalità a simbolo dell’incessante e indomabile lavorìo che da sempre le donne compiono per salvarsi e sollevarsi dall’oppressione. La protagonista, Delia, è una donna ordinaria che si occupa della casa e di tutte le faccende domestiche, oltre a supportare economicamente la famiglia incastrando quotidianamente impegni e fatiche: rammenda biancheria femminile, aggiusta ombrelli, lava lenzuola e fa punture a domicilio. Praticamente, quella di Delia è la storia di molte delle nonne o delle mamme di coloro che stanno facendo le code fuori dai cinema in queste settimane.

Il padre e il suocero sono due rappresentanti di quella che ormai sappiamo chiamare “mascolinità tossica”: sono due capifamiglia aggressivi e prepotenti, violenti, vessatori, incapaci tanto di comunicare quanto di avere uno scambio relazionale di qualunque tipo con un qualunque membro della famiglia. E anche qui, purtroppo, la situazione sarà suonata tipica per molto del pubblico in sala.

Ma Cortellesi si spinge ancora più in profondità e affonda la protagonista in una dinamica di violenza conclamata: psicologica, fisica, economica. Fa tenerezza e rabbia ascoltare Delia che dice alla sua unica amica (una splendida Emanuela Fanelli) di aver rubato una parte dei soldi dalla propria paga per mettere da parte qualcosa per il matrimonio della figlia. E l’amica che giustamente le fa notare che non ha rubato, sono soldi suoi.

La cifra stilistica

La tenerezza che suscita in certi momenti il personaggio di Delia, fa posto ad altri sentimenti, dissonanti e sgradevoli, nelle scene di violenza fisica, che Cortellesi ha scelto di rappresentare utilizzando il linguaggio della metafora. Uno stratagemma quasi teatrale, in cui all’improvviso il realismo stilistico si trasforma in poesia e per questo si fa ancora più insostenibile. La violenza diventa coreografica, quasi a sottolineare la dinamica di ripetizione dei pattern relazionali in cui si manifesta, l’insensatezza, l’impossibilità di cambiare il passo per tirarsene fuori.

Si rimane per tutto il film in equilibrio tra il riso e il pianto, tra passato e presente, perchè la resistenza di Delia ci appartiene come eredità generazionale ma anche come società civile: prima di ogni violenza, Ivano chiude le imposte di casa, come se i rumori non raccontassero ai vicini chiaramente ciò che comunque si vede poi sul corpo livido di Delia. E questo non è un dettaglio del passato, è un faro puntato sull’amaro presente in cui dal 1 gennaio al 1 ottobre sono 100 le donne vittime di femminicidio, i due terzi delle quali è stata uccisa in ambito familiare/affettivo; di queste, 47 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner, e i dati diventano vecchi da un giorno all’altro. Si torna a ripetere: “C’è ancora domani” non è un film storico. È un film che parla anche del nostro presente, e di quanto cammino c’è ancora da fare per Delia, come per sua figlia.

I numeri del film

Paola Cortellesi è per il cinema italiano la donna dei record: nelle sale da giovedì 26 ottobre, “C’è ancora domani” ha ampiamente superato i sette milioni di incasso nelle prime due settimane di programmazione, posizionandosi come il film italiano che ha incassato di più. Per dare un’idea delle proporzioni, i tre film italiani che hanno incassato di più nel 2022 sono “La stranezza” con 5,4 milioni di euro, “Il grande giorno”, con oltre 4 milioni di euro e “Me contro te – persi nel tempo”, 3,5 milioni di euro (dati Cinetel).
Nella classifica generale dei film più visti nel 2023 in Italia, guidata da Barbie con oltre 32 milioni di euro di incassi, l’opera prima di Paola Cortellesi, che ha anche co-firmato la sceneggiatura, oltre a interpretare il ruolo della protagonista femminile, si posiziona al nono posto dopo grandi produzioni per lo più holliwoodiane.
Non solo successo di pubblico ma anche di critica. “C’è ancora domani”  alla Festa del Cinema di Roma ha ottenuto il Premio del Pubblico, il premio Speciale della Giuria e la menzione alla Miglior opera prima.

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  • Anna Maria |

    Mi è piaciuta, e condivido pienamente, la recensione del film C’è ancora domani.

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