Il futuro del lavoro è nel digitale. Ma è un futuro da cui le donne sembrano essere escluse. Solo il 29% delle ragazze in Europa (Women in digital 2021) ha competenze digitali superiori a quelle di base e in Italia, le donne che nel 2021 hanno conseguito una laurea in materie STEM sono state appena il 19%, contro il 40% degli uomini. Una sotto-rappresentazione che amplia il gender gap ed espone le donne a nuove vulnerabilità.
Le STEM sono le aree che offrono maggiori opportunità di carriera e con retribuzioni più elevate. Secondo il World Economic Forum, entro il 2027, nasceranno 69 milioni di nuovi posti di lavoro, molti dei quali afferenti proprio all’area digital. Eppure, le donne, essendo impiegate principalmente in attività a bassa qualificazione, rischiano facilmente di essere sostituite da automazione e intelligenza artificiale.
Il gender confidence gap
Il tempo per agire è ora e l’unica risposta possibile all’innovazione è la formazione: sul posto di lavoro, partecipando a percorsi di upskilling e reskilling, e prima ancora, tra i banchi di scuola. Ma le aule dedicate all’ICT contano ancora un numero esiguo di studentesse. Perché?
La causa principale è da ritrovarsi negli stereotipi, tali per cui digital e IT sono “cose da uomini”. Oltre una ragazza su tre percepisce, infatti, una resistenza culturale di base che pesa sulle scelte di studio, sulla percezione di sé e sullo sviluppo di carriera. Si crea un vero e proprio “gender confidence gap”, ovvero una perdita di fiducia nei propri mezzi.
Secondo la società di consulenza globale McKinsey, le ragazze della scuola secondaria che vogliono intraprendere una carriera STEM, ricevono molto meno sostegno da parte degli insegnanti, dei genitori e dei pari rispetto ai coetanei maschi. Questo determina una prima barriera a cui se ne aggiunge una seconda, in una fase più avanzata: a livello globale, solo il 23% delle donne che si specializza nelle discipline STEM arriva a ricoprire una posizione nell’area tech di un’azienda. E anche quando ci riesce, si sente penalizzata dal cosiddetto “effetto Matilda”, il fenomeno per cui i risultati prodotti nel campo della ricerca e delle scienze da una donna vengono attribuiti a un collega uomo.
Il paradosso dello skill gap
In sostanza, viviamo in un Paese che da un lato è affamato di talenti digitali e, dall’altro, non fa nulla per formare una parte della popolazione che a quella domanda di competenze potrebbe dare una risposta significativa, innescando un meccanismo win-win.
«Negli ultimi quindici anni l’occupazione giovanile femminile in Italia (18-29 anni) è diminuita di 4,2 punti, la percentuale di NEET ha raggiunto i più alti livelli in Europa ed è aumentato il fenomeno dello skill mismatch. La ricerca di figure legate ai processi di trasformazione tecnologica è divenuto un tema di primo piano per le aziende che da tempo riscontrano difficoltà a ricoprire alcune posizioni per la mancanza di competenze digitali avanzate, in particolar modo tra le ragazze» commenta Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D.
L’associazione, in collaborazione con Generation Italy e Frida, per provare ad accrescere le competenze digitali femminili e garantire migliori opportunità di accesso e crescita nel mondo del lavoro per le donne, ha lanciato DigitHer, progetto selezionato dal Fondo per la Repubblica Digitale – Impresa Sociale nell’ambito del Bando Futura.
L’obiettivo è formare 150 giovani donne disoccupate (o occupate in una condizione lavorativa non soddisfacente) tra i 18-34 anni, provenienti da tutta Italia, su professioni digitali e accompagnarle nella fase di inserimento lavorativo. «Vogliamo andare oltre il pregiudizio per cui l’ambito STEM non è adatto alle ragazze e sostenere l’occupazione femminile e la parità di genere» spiega Falcomer.
«Ci troviamo di fronte a un paradosso – chiarisce Oscar Pasquali, ceo di Generation Italy -: nel nostro Paese a fronte di circa 2 milioni di disoccupati, le aziende nel 2022 hanno riscontrato difficoltà nel trovare personale con le giuste competenze e le giuste professionalità per circa 1,14 milioni di posti di lavoro. Ciò è particolarmente vero per le giovani donne in ambito digitale dove minore occupazione e pregiudizi limitano profondamente le opportunità di carriera in professioni qualificate».
Colmare il gap: priorità etica ed economica
I big data sono al primo posto tra le tecnologie destinate a creare posti di lavoro, prevede il World Economic Forum, affermando che l’occupazione nel settore crescerà in media del 30% entro il 2027. Il commercio digitale, in particolare, porterà ai maggiori incrementi assoluti: si prevedono circa 2 milioni di nuovi ruoli incentrati sul digitale, dall’e-commerce al digital marketing.
Continuare a ragionare per pregiudizi e convenzioni bloccanti non è solo eticamente ingiusto, ma anche estremamente dannoso da un punto di vista economico. Secondo l’Istituto per l’uguaglianza di genere (Eige), se le aziende europee raddoppiassero la quota di donne nella forza lavoro tech portandola a circa il 45%, ovvero 3,9 milioni di donne in più entro il 2027, il PIL potrebbe salire tra 260 e 600 miliardi di euro.
«È evidente che il tema dell’occupazione femminile, in particolare in ambito digitale, non è legato solamente alla disponibilità di opportunità, ma di accesso a queste opportunità» aggiunge Pasquali, ricordando che il progetto DigitHer è completamente gratuito ed è accessibile a chiunque, senza bisogno di alcuna competenza tecnica pregressa, lavorativa o di percorso di studi.
Le nuove professioni
Due le figure che saranno formate dal progetto: Junior Java Developer, ovvero chi si occupa dello sviluppo di applicazioni software e gestione dei servizi web, e Junior Data Engineer, figura che provvede alla raccolta e organizzazione di database e analisi di grandi quantità di dati. I programmi di formazione si articolano in 6 classi, ciascuna della durata di circa 14 settimane in formula full-time (9-18) e sono erogati online, al fine di facilitare la partecipazione delle donne su tutto il territorio nazionale.
Oltre alla formazione tecnica, le studentesse matureranno competenze soft, attitudinali e trasversali (problem solving, team work, comunicazione) e, grazie a un percorso di empowerment, svilupperanno una maggiore consapevolezza di sé, accrescendo autostima e capacità di mettersi in gioco. Al termine della formazione, è prevista la fase di accompagnamento al lavoro con colloqui presso aziende partner di Valore D e Generation Italy.
Per accedere ai corsi bisogna iscriversi sul sito di Generation Italy e sostenere un breve test online su abilità logico-analitiche, cui seguirà un colloquio individuale a verifica della motivazione e del potenziale. La prima classe, dedicata al percorso di Data Engineer, partirà a fine settembre. È possibile candidarsi a questo link: https://rebrand.ly/digither_CS_ValoreD
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