Donne e follia, la “grande meraviglia” di Viola Ardone

Lo sguardo di una bambina nata e cresciuta sana nei manicomi al tempo di Basaglia, e della legge 180/1978 che porta il suo nome, può essere rivelatore. Erano pazze le donne rinchiuse? Oppure erano non conformi, persone da piegare e ridurre al silenzio? Qual è il confine tra follia e normalità? Chi lo traccia, chi decide? Quando Elba già grande – così si chiama la protagonista del nuovo bel romanzo di Viola Ardone, appena pubblicato da Einaudi Stile Libero – va a frugare negli archivi dà un nome a ciò che aveva intuito aggirandosi nel luogo che chiama “mezzomondo”: “Di alcune compare anche la foto, delle altre resta solo il nome, l’età, la provenienza e una diagnosi generale e frettolosa. Vite spezzate riassunte in pochi aggettivi senza riscatto: lunatica, malinconica, mascolina, lasciva, dispettosa, irosa, irriverente, ciarliera, mendicante, menzognera, esibizionista, incoerente, ninfomane, dedita all’ozio, petulante, pazza morale”.

Una ridda di aggettivi che risuona ancora nel nostro discorso pubblico, come un sottofondo maligno: in certe narrazioni distorte delle donne uccise dai partner, nelle consulenze tecniche d’ufficio che dipingono le madri “simbiotiche, malevole, alienanti, ostative, manipolatrici, istrioniche”, nelle troppe sentenze in cui le vittime vengono rivittimizzate e diventano colpevoli perché “esasperanti” o instabili, perché “illudono e disilludono”.

Pazze, streghe, dannate. “In questo reparto siamo tutte donne o una specie di donne, perché ognuna di noi ha qualcosa di sbagliato o un pezzo mancante”. Come la Mutti, la madre di Elba di origini tedesche rinchiusa con lei senza essere matta, la donna che le ha dato il nome del “fiume del Nord”, che le racconta la storia magica del mezzomondo “come un viaggio per mare” e che le insegna “i numeri con le rime”. Matta la Mutti diventerà lì dentro, a colpi di elettroshock, farmaci, separazioni forzate dalla figlia: dolore, troppo dolore da sopportare senza perdere la testa.

Elba bambina annota ogni sintomo nel suo stupefacente “Diario dei malanni di mente”, un compendio di malattie, sintomi e cure. Ci sono le anoressiche, le bipolari, le schizofreniche. Ci sono le sovversive e le poetesse come Aldina, che suona come omaggio ad Alda Merini, perché è nella poesia l’arma della verità che denuda le menzogne dei finti sani. È sicuramente di Elba la “Grande meraviglia” del titolo – il candore di chi vede la realtà senza i filtri e le sovrastrutture degli adulti, oltre le bende dei pregiudizi – ma è anche l’ironia del e sul “Grande meraviglia”, il dottor Fausto Meraviglia, psichiatra ribelle che porta il vento basagliano dentro il mezzomondo, scompigliando rigidità ed equilibri.

Non è un santo, Meraviglia: seduttore e donnaiolo, bugiardo, devoto alla causa e al lavoro, l’uomo dei “fottitenne” e de “l’amore è una cosa sopravvalutata”. E non è stato tutto oro il post riforma Basaglia, per chi non aveva nessun posto e nessun affetto a cui tornare. Sarà lo psichiatra a fare di Elba un’altra figlia, mentre perde i suoi tra liti e assenze. Ma sarà anche lei, proprio come i suoi figli, a compiere scelte diverse da quelle che lui avrebbe voluto e a volare lontano, nella città dove desiderava portarla sua madre. Meraviglia è l’aiutante, imperfetto e fragile, nella fiaba di Elba, come gli aiutanti uomini che aveva trovato Oliva Denaro, la protagonista del secondo romanzo di Ardone, sulla sua strada di liberazione.

C’è un altro filo, oltre alla speranza nell’alleanza tra i generi, che lega insieme le prime tre opere della scrittrice, una trilogia del Novecento, sì, come scrive l’editore nella quarta di copertina, ma dalla parte delle donne: la presenza tra le pagine di Liliana Calò, che in “Oliva Denaro” era la figlia della comunista del paese, amica di quella Maddalena Criscuolo militante dell’Udi presente ne “Il treno dei bambini”, e che adesso ritroviamo professoressa universitaria a cui Elba affida l’archivio delle “matte”, scoperchiando il vaso del destino tragico e in catene spesso riservato alle donne fuori dagli schemi.

La seconda parte del romanzo scorre tra i ricordi e i rimpianti di Meraviglia ormai 75enne. Alla lingua bambina di Elba subentra la lingua vecchia e disincantata di Fausto diventato nonno: una successione di registri che conferma l’abilità e la sensibilità di Ardone, docente di italiano e latino in un liceo della provincia di Napoli. Riannodiamo così i fili della storia. Che, al fondo, è un affresco potente della libertà e del prezzo che si paga, sempre, per conquistarla. Vale per le donne, ma anche per gli uomini. E la via per l’emancipazione che a loro sembra suggerire Ardone sta proprio nella paternità: saperla reinterpretare, nella presenza e nella dolcezza, assurge a via maschile per uscire dalle gabbie. Per fortuna lo vediamo accadere, con grande meraviglia, in tanti dei giovani uomini accanto a noi.

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Titolo: “Grande meraviglia”
Autrice: Viola Ardone
Editore: Einaudi, 2023
Prezzo: 18 euro

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