Calcio, i sacrifici e le conquiste delle azzurre raccontate dalle loro mamme

All’Eden Park Auckland, casa degli All Blacks, il 24 luglio nell’esordio contro l’Argentina e al Wellington Regional Stadium di Wellington nelle partite contro Svezia (29 luglio) e Sudafrica (2 agosto) sugli spalti non ci saranno i genitori, i familiari e gli amici delle azzurre. Questo Mondiale 2023 a 18.527 km di distanza dall’Italia le azzurre dovranno giocarlo da sole, forti di un tifo che arriverà dall’Italia, nonostante le 10 ore di fusorario.

I genitori delle calciatrici, però, non hanno voluto far mancare alla squadra un ultimo saluto e il tifo in occasione dell’ultima partita amichevole, giocata ieri allo Stadio Paolo Mazza di Ferrara, contro il Marocco. A dire il vero sugli spalti la presenza massiccia e festante dei tifosi marocchini ha dato un po’ l’impressione di giocare in trasferta, ma la vittoria (la partita è finita 0-0) è stata vedere sugli spalti tante famiglie e tanti bambini di tutte le età.

Campetti sperduti e niente doccia

Le abbiamo accompagnate in tanti campetti, a volte erano remoti, tanto che facevamo fatica a trovarli. Spesso non erano neanche delimitati dalle righe” racconta Maria Maddalena Giletta, mamma dell’attaccante Barbara Bonansea, a cui fa eco Alessandra Catto, mamma di Lisa Boattin: “Ti ricordi sei anni fa non c’erano le linee del campo nemmeno alla finale di Coppa Italia!”. Sorridono nel ripercorrere la strada fatta dalle loro figlie e alla vigilia di questo nuovo Mondiale, guardano indietro con consapevolezza e serenità.

Quando una bambina o un bambino sceglie uno sport, l’importante è che si diverta e che gli piaccia. Poi se va e diventa un professionista è un bene per loro e un piacere per i genitori, se non va, va bene lo stesso perché lo sport è una scuola di vita” continua mamma Bonansea, mentre la signora Catto aggiunge: “Con lo sport e con il calcio si impara il valore dei sacrifici, il lavoro di squadra, la capacità di gestirsi, perché sono ragazze che hanno sempre continuato a studiare”.

Certo la strada è stata più tortuosa di quella che hanno percorso i compagni di squadra maschi, con cui hanno giocato fino ai 12 anni. “Non c’era mai lo spogliatoio per le ragazze. Qualche volta usavano quello dell’arbitro, quando aveva finito di fare il referto, altre volte si cambiavano e si lavavano in un locale lavanderia e noi fuori a piantonare le porte. Se non eravamo lontani da casa, toglievano gli scarpini e venivano a casa così, poi si facevano la doccia a casa” sottolinea mamma Bonansea.

Il fare squadra con i maschi

Elena (Linari, ndr) ha iniziato a giocare piccolissima. avevamo una mansarda in cui avremmo voluto fare un salotto con camino e invece lo abbiamo adibito a campetto con due porte per giocare anche d’inverno, mio marito, io e le due figlie” ricorda Cristina Luchi, che sottolinea come giocare a calcio facesse felice la figlia. E poi c’erano i compagni di scuola, con cui giocava in cortile e che l’hanno portata in squadra. “I rapporti con i compagni – prosegue – erano buoni, erano i bambini con cui aveva sempre giocato e la adoravano. I problemi erano piuttosto delle mamme delle squadre avversarie. Eleena portava i capelli corti e il cappellino e non si accorgevano subito che fosse una ragazza, ma quando lo scoprivano gridvano ai figli: “Macché ti fai superare da una femmina”.

I pregiudizi hanno costellato il cammino delle calciatrici, che dal luglio scorso sono ufficialmente professioniste anche in Italia, con un ritardo di anni rispetto a molti altri Paesi europei. “Quando erano esordienti giocavano contro la categoria maschile subito inferiore alla loro. Un giorno entrarono in campo e la squadra dei ragazzi rideva e le prendeva in giro: Vinciamo noi 10 a zero. Nessuna di loro rispose, scesero in campo e vinsero sei a zero. Hanno sempre risposto ai pregiudizi con il lavoro e i risultati” sottolinea mamma Boattin, ricorda gli anni passati ad accompagnare la figlia: “Si alzava alle 5.30 e alle 6.30 prendeva il treno per andare a scuola a Mestre, poi tornava e il pomeriggio la portavo a fare gli allenamenti, 55 km ad andare e 55 a tornare. Quando nel 1984 a 15 anni giocava nella prima squadra del Venezia non potevo neanche entrare a vedere gli allenamenti e restavo fuori in macchina ad aspettare anche d’inverno. Ma lei era felice e restava fuori da giri strani”.

Mamma Linari ha fatto la stessa trafila, fino a quando decisero di comprare a Elena il motorino “così è diventata autonoma, anche se noi stavamo in pensiero perché doveva arrivare da sola dall’altra parte della città. Però è sempre stata molto determinata e a 15 anni già giocava in prima squadra con la Fiorentina e diceva sempre: Se mi chiama una squadra importante io faccio la valigia e parto“.

Il sostegno dei papà

In panchina a Ferrara nell’amichevole con il Marocco c’erano anche i papà di alcune calciatrici. L’occasione rientra nel progetto “La passione per il calcio non fa distinzioni”, realizzato da Gillette in collaborazione con FIGC, Federazione Italiana Giuoco Calcio. L’obiettivo è quello di contribuire a generare un impatto culturale positivo nella percezione del calcio femminile in Italia e sostenere concretamente la base del movimento verso il superamento di pregiudizi ancora oggi radicati. Secondo i risultati della ricerca Gillette condotta insieme all’Istituto di Ricerca Sociale e di Marketing Eumetra, infatti, il 50% dei genitori ritiene che il calcio non sia adatto alle bambine, individuando tra le motivazioni di questa considerazione il fatto che si tratti di uno sport di contatto.

I papà di Lisa Boattin, Barbara Bonansea, Valentina Giacinti, Laura Giuliani, Manuela Giugliano, Elena Linari, che insieme alle famiglie hanno concorso in maniera positiva alla carriera delle ragazze sostenendole nella scelta di diventare calciatrici, hanno assistito alla partita per la prima volta da bordocampo.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Le 25 dei Mondiali 2023

Chi è partita per i Mondiali? La ct Milena Bertolini ha scelto le 25 azzurre che mercoledì 5 luglio sono volate in Nuova Zelanda, dove la nazionale continuerà a lavorare in vista dell’esordio iridato contro l’Argentina, in programma il 24 luglio all’Eden Park di Auckland.
Delle 32 calciatrici che hanno preso parte all’ultima settimana di raduno a Brunico, sono rimaste fuori Katja Schroffenegger, Valentina Bergamaschi, Julie Piga, Chiara Robustellini, Eva Schatzer, Flaminia Simonetti e Martina Piemonte. Convocate Giulia Dragoni ed Emma Severini, al debutto ieri a Ferrara nel test con il Marocco (0-0) e insieme a loro ci sarà anche Chiara Beccari, schierata titolare nelle ultime due amichevoli disputate, mentre Maria Luisa Filangeri e Beatrice Merlo saranno aggregate alla squadra per tutto il periodo di preparazione. In caso di infortunio o malattia, il regolamento Fifa consente infatti di effettuare dei cambi alla lista delle 23 calciatrici che prenderanno parte al torneo iridato – che sarà ufficializzata entro il 10 luglio.

Il gruppo è partito da Roma martedì alla volta di Auckland. Oltre alle Albicelestes, le altre avversarie del Gruppo G sono Svezia e Sudafrica.

L’elenco delle convocate Portieri: Rachele Baldi (Fiorentina), Francesca Durante (Inter), Laura Giuliani (Milan); Difensori: Elisa Bartoli (Roma), Lisa Boattin (Juventus), Lucia Di Guglielmo (Roma), Maria Luisa Filangeri (Sassuolo), Martina Lenzini (Juventus), Elena Linari (Roma), Beatrice Merlo (Inter), Benedetta Orsi (Sassuolo), Cecilia Salvai (Juventus); Centrocampiste: Arianna Caruso (Juventus), Valentina Cernoia (Juventus), Giulia Dragoni (Barcellona), Manuela Giugliano (Roma), Giada Greggi (Roma), Emma Severini (Fiorentina); Attaccanti: Chiara Beccari (Juventus), Barbara Bonansea (Juventus), Sofia Cantore (Juventus), Valentina Giacinti (Roma), Cristiana Girelli (Juventus), Benedetta Glionna (Roma), Annamaria Serturini (Roma).

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com