Dalla guerra in Ucraina alla rivolta delle donne in Iran, dall’immigrazione agli effetti socioeconomici della pandemia. Torna a Scanno, in Abruzzo, dal 28 al 30 luglio il festival letterario tutto al femminile “Ju Buk”, che nel gergo locale indica la bisaccia del pastore transumante.
Giunta alla terza edizione, diretta dalla sociologa e giornalista Eleonora de Nardis e promossa dal comitato Scanno Borgo in festival con gli alti patrocini del ministero della Cultura e della Regione Abruzzo, la manifestazione animerà come sempre il caratteristico borgo antico nel Parco nazionale d’Abruzzo, tanto amato dai fotografi Henri Cartier-Bresson e Mario Giacomelli.
La “tre giorni” tra memoria e liberazione
Tra memoria e capovolgimento di stereotipi, la prima giornata, dedicata alla narrativa, si aprirà con l’esordiente abruzzese Kristine Maria Rapino con “Fichi di marzo” (Sperling&Kupfer) che narra le vicende di una famiglia di pastai della Majella. A seguire, parola alla scrittrice siciliana Anna Giurickovic, che vive tra Roma e Parigi, che nel 2020 ha pubblicato “Il grande me” (Fazi).
La saggistica sarà protagonista della seconda giornata. Sul palco la giornalista e antropologa Tiziana Ciavardini con il suo lavoro “Ti racconto l’Iran. I miei anni in terra di Persia” (Armando) e l’economista femminista Azzurra Rinaldi, direttrice della School of Gender Economics di Unitelma Sapienza, con “Le signore non parlano di soldi” (Fabbri). Nella terza giornata del festival parola alla giallista pluripremiata Piera Carlomagno con “Il taglio freddo della luna” (Solferino) e l’afropartenopea Djarah Khan con il suo acclamato “Ladri di denti” (People).
“La letteratura ci insegna il riscatto collettivo”
“Dialogo, radici, interculturalità e istanze femministe nella letteratura delle Donne sono la cifra dell’edizione di quest’ anno – spiega de Nardis ad Alley Oop – insieme a un’ideale staffetta generazionale che vede anche autrici esordienti in rassegna. In un momento in cui non è più possibile restare indifferenti alle istanze di libertà che ci provengono dalle donne di tutto il mondo, afghane e iraniane prime su tutte, e in cui invece l’Europa sembra in pieno reflusso, mi sento di affermare che una al posto di tutte non è libertà: è patriarcato. Perché lo spazio delle donne non è mai quello dentro il quale arriva a conquistare il centro una donna sola che si erge a portavoce appassionata di tutti i valori patriarcali. Dire “Io sono” invece che “Noi siamo”, è come dire “Io sono Io”; si alimenta un culto e un racconto della propria individualità che basta a sé stessa, restaurando e riaffermando valori e categorie del sovranismo assoluto”.
La letteratura delle donne, per de Nardis, insegna l’opposto: “Da Virginia Woof a Simone de Beauvoir: il riscatto di una deve farsi riscatto collettivo, in un disegno corale che abbracci anche, in maniera inclusiva e intersezionale, le donne migranti e le istanze transfemministe, visto che discriminazioni e stereotipi a danno di ogni minoranza e differenza hanno la medesima atavica matrice culturale”.
Il premio alle esordienti
Non mancherà neanche quest’anno, nel segno del passaggio di testimone da una generazione all’altra, il premio Ju Buk Opera Prima, affidato alla direzione artistica di Valeria Gargiullo, enfant prodige di Salemi e vincitrice dell’ultimo Premio John Fante con il suo “Mai stati innocenti”. Madrina dell’evento, l’attrice Valentina Melis, attivista per i diritti civili e le pari opportunità e testimonial dell’associazione Differenza Donna, in prima linea contro la violenza.
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