Neolaureati e lavoro all’estero: molti disponibili, pochi occupati

Qual è la disponibilità dei nostri laureati a lavorare all’estero? E quanti di loro lavorano effettivamente fuori dal nostro Paese, un anno dopo la laurea? Quali percorsi formativi “esportano” più laureati?

I dati Almalaurea ci dicono che quasi un laureato su due si dichiara “decisamente disponibile” a lavorare fuori dai confini nazionali (44,7%), ma di fatto meno di uno su dieci trova lavoro all’estero un anno dopo il conseguimento del titolo.

Il confronto fra la disponibilità a lavorare all’estero espressa al momento della laurea con la condizione di occupato a un anno di distanza evidenzia che per entrambi i generi, e per ogni tipo di laurea, la disponibilità dichiarata[1] è enormemente superiore alla concreta opportunità dei giovani di trovare lavoro fuori dal nostro Paese[2].

Figura 1 – Disponibilità a lavorare all’estero (2020) e condizione di occupato all’estero un anno dopo il conseguimento del titolo (2021) per genere e tipo di laurea.

Fonte: ns. el. su dati Almalaurea 2020 e 2021

Le percentuali dei disponibili e degli occupati differiscono però in misura molto marcata a seconda dell’area disciplinare. Prendiamo in esame, ad esempio, l’insieme dei laureati magistrali biennali disaggregati per classe di laurea[3]: a fronte di un valore medio dei disponibili pari al 44% si passa da un estremo superiore pari al 67% (relazioni internazionali) ad un estremo inferiore pari al 21% (scienze pedagogiche); e a fronte di un valore medio pari a 5% di occupati all’estero si passa da un massimo del 33% (modellistica matematico-fisica per l’ingegneria) ad un minimo pari a zero (musicologia e beni musicali; scienze della difesa e della sicurezza; scienze delle professioni sanitarie della prevenzione; scienze delle professioni sanitarie tecniche; scienze riabilitative delle professioni sanitarie).

Tabella 1 – Disponibilità a lavorare all’estero 2020 (%), condizione di occupato all’estero 2021 (%), e numero di laureati, un anno dopo il conseguimento del titolo, per classi di laurea.[4]

Fonte: ns. el. su dati Almalaurea 2020 e 2021

Questi dati mostrano che ogni anno si laureano più di mille fisici, chimici, matematici e informatici, e quindi ogni anno “esportiamo” qualche centinaio di fisici, chimici, matematici e informatici. Similmente, concludono gli studi più di mille laureati in pedagogia e in scienze delle attività motorie, ma solo una decina di loro, poco più o poco meno, trova occupazione all’estero un anno dopo il conseguimento del titolo.

I dati relativi alla componente femminile sono presentati nella Tabella 2 (per le sole classi di laurea con più del 10% di occupati all’estero). Il confronto mostra che le differenze di genere nella disponibilità a trasferirsi non sono molto marcate, e in alcuni casi la disponibilità delle laureate è anche maggiore di quella dei laureati, come ad esempio nelle classi di studi europei, relazioni internazionali, e tecniche e metodi per la società dell’informazione.

Tabella 2 – Disponibilità a lavorare all’estero 2020 (%), condizione di occupato all’estero 2021 (%), e numero di laureate, un anno dopo il conseguimento del titolo, per classi di laurea. Femmine.

Fonte: ns. el. su dati Almalaurea 2020 e 2021

Anche le quote di occupati all’estero risultano piuttosto equilibrate per genere: in 8 classi di laurea prevale la componente femminile (studi europei; ingegneria elettronica; scienze e tecnologie della chimica industriale; tecniche e metodi per la società dell’informazione; linguistica; informatica; ingegneria aerospaziale e astronautica; biotecnologie industriali) mentre nelle restanti 9 prevale la componente maschile. Si nota che la quota di occupate all’estero non è correlata alla maggiore o minore presenza femminile nelle diverse classi di laurea; il rispettivo tasso di femminilizzazione varia infatti da un minimo del 16% nelle classi di ingegneria elettronica e informatica ad un massimo dell’81% in linguistica.

Nel Rapporto Almalaurea 2022 si legge che gli occupati all’estero di entrambi i generi sono più brillanti sia in termini di punteggio degli esami sia nei tempi di conseguimento del titolo (p. 107), e la retribuzione che ricevono supera del 35,5% quella dei colleghi occupati in Italia (2021 p. 193).

In conclusione, i neolaureati disposti a lavorare all’estero sono tanti, ma sono pochi quelli che ci riescono, e sono sempre i migliori che se ne vanno.

***

[1] Rispondono “decisamente sì” alla domanda sulla disponibilità a lavorare in un Paese europeo.

[2] Si fa qui riferimento alla definizione meno restrittiva di occupato, che comprende anche quanti sono impegnati in attività di formazione retribuita.

[3] Sono escluse le classi con un numero di laureati inferiore a 100.

[4] Sono riportati solo i dati relativi all’estremo superiore (più del 10%) e inferiore (meno dell’1%) della percentuale di occupati all’estero.