Gabriella Greison, dai laboratori al teatro per raccontare la fisica

Dai laboratori di fisica al teatro: Gabriella Greison è una divulgatrice che scardina lo stereotipo del fisico nucleare difficile da comprendere, serio, monocolore e, soprattutto, maschio. Attraverso i suoi libri, che diventano monologhi teatrali, Greison racconta la fisica in modo innovativo, attraverso le vite e le personalità degli uomini e delle donne di scienza che stanno dietro alle grandi scoperte, avvicinando le persone a questo spazio che dall’esterno appare chiuso, e mostrando con semplicità quanto invece sia aperto, comprensibile o quantomeno narrabile.

Una carriera non scontata

C’è chi la definisce addirittura rockstar della fisica, chi la presenta come influencer, ma Gabriella Greison è prima di tutto una fisica nucleare. Laureata a Milano, ha lavorato come insegnante nei licei milanesi e romani, due anni all’Ecole Polytechnique di Parigi, diversi anni al museo della scienza di Milano. Chi l’ha già vista sul palcoscenico conosce la sua verve, la sua passione di divulgatrice e il suo amore per la fisica, qualità che emergono chiaramente anche dalle pagine dei suoi libri.

Greison è infatti autrice di diversi volumi come “Sei donne che hanno cambiato il mondo. Le grandi scienziate della fisica del XX secolo” e “L’incredibile cena dei fisici quantistici”, oltre 100 mila copie vendute. Ma forse si conosce un po’ meno di lei il percorso all’interno della scienza. Come è nato questo amore, ad esempio, quando e come ha scelto la materia e come si immaginava che fosse studiare fisica. Ed è questa la prima cosa che le chiedo, quando la incontro per Alley Oop.

Greison si illumina subito, contenta di poter raccontare questa parte del suo percorso: “È utile anche per le ragazze, perchè è vero che mi fa piacere quando mi dicono voglio diventare come te, ma allora bisogna che io spieghi come sono diventata quello che sono. Inizialmente la mia è stata un’attrazione verso il mondo dell’infinitamente piccolo: fantasticavo su particelle, elettroni, fotoni. Nei libri non trovavo raccontata la parte più piccola della materia con lo stesso appeal con cui invece si raccontano l’universo, le galassie, l’infinitamente grande. Ciò che mi incuriosiva era che per comprendere l’infinitamente piccolo occorreva anche fantasticare molto, immaginare. Per cui iniziare l’università e studiare fisica quantistica per me è stato anche un po’ gettarmi nel vuoto. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi. E scoprii un mondo che non avevo mai incontrato prima, affascinante e bellissimo”.

Da fisica a divulgatrice

Il desiderio di condividere questa scoperta, è poi maturato negli anni, anche grazie al suo lavoro come docente nelle scuole: “C’è come una lacuna nei programmi scolastici rispetto a questa materia, la fisica è vista come un ostacolo insormontabile, difficile, incomprensibile, anche se è vero che adesso le cose stanno un po’ cambiando: i professori fanno quel che possono, ma le direttive per un vero cambiamento dovrebbero arrivare dal Miur”. Da qui, la scelta di provare a uscire dall’ambiente accademico per raccontare la fisica in modo inedito, fresco, comprensibile, per divulgarla insomma. Un progetto che inizialmente si scontra con un ostacolo.

Il problema era anzitutto che a fare fisica erano soprattutto gli uomini:” spiega Greison: “C’è un divario, documentato dalla rivista Nature, tra il numero di opere prodotte da donne e da uomini nella scienza, a scapito delle donne. Il divario potrebbe essere il risultato di differenze di produttività o potrebbe essere dovuto al mancato riconoscimento dei contributi delle donne, sta di fatto che alle donne è stato impedito di realizzarsi con la fisica. In secondo luogo, erano ancora gli uomini a raccontare la fisica. L’autorità scientifica, anche per il racconto della fisica, apparteneva a loro. Le prime volte che scrivevo di questa materia, mi è stato chiesto di raccontare in modo aneddotico, dettagli di colore sulla vita degli scienziati, è stato difficile spiegare che volevo proprio raccontare, ad esempio, la relatività”.

E quando sono cominciati ad arrivare i riconoscimenti, quando il progetto di divulgazione della fisica di Greison è sbarcato in teatro e in televisione, sono cominciate ad arrivare critiche, che però spesso non si dirigevano alla sua autorevolezza scientifica, ma puntavano a minarla attraverso il più classico degli stereotipi di genere, ovvero la presenza estetica: “Se c’è sempre un solo tipo di persone a raccontare la fisica, si crea una mappatura cerebrale in chi osserva che porta avanti una lacuna rispetto alla parte del racconto che manca. Quando ho fatto il mio primo programma televisivo, ricevevo commenti su come ero vestita. A me piacciono gli abiti colorati, e parlo di fisica, per me è assolutamente normale”.

L’orizzonte scientifico delle ragazze

Non è altrettanto normale per chi vive ancora sulla propria pelle quegli stereotipi di genere che separano il maschile e il femminile con conseguenze anche dannose. Basti pensare che la scarsa partecipazione alle professioni Stem da parte delle donne e delle ragazze affonda le radici nel pregiudizio per cui le femmine sarebbero meno portate dei maschi nelle materie scientifiche, e questo tema, nell’epoca della trasformazione digitale, si ripercuote sull’occupabilità femminile, già fortemente compromessa dai temi della cura.

Cosa manca, chiedo a Greison, per aprire l’orizzonte scientifico nell’immaginario delle ragazze? “Manca l’ultimo passaggio, ovvero quello di imporre dall’alto un numero preciso di donne e uomini nella scienza, sia nel racconto che nelle premiazioni, nei comitati, nei panel delle conferenze. Ci deve essere una struttura dall’alto che metta in pari i malvezzi che hanno creato il mondo così com’è e stanno ancora danneggiando le ragazze della nuova generazione. Anche nella narrazione: i libri parlano troppo di uomini e finché le donne non saranno adeguatamente rappresentate il problema non verrà risolto”.

Aiuta anche, in questo percorso, raccontare il dietro le quinte della vita degli scienziati già famosi. Non tanto per il gusto dell’aneddoto, ma per mostrare quanto l’essere fuori dagli schemi abbia costituito valore e visione nella storia delle scoperte scientifiche. E ha preso questa direzione Greison con il suo ultimo libro, raccontando la storia del fisico Wolfgang Pauli e del modo in cui le sue teorie si sono intrecciate agli studi dello psicanalista Carl Gustav Jung. “Ogni cosa è collegata. Pauli, Jung, la fisica quantistica, la sincronicità, l’amore e tutto il resto” è il libro edito da Mondadori pubblicato lo scorso febbraio, e contemporaneamente condiviso sulla piattaforma Audible in formato audiolibro letto dalla stessa Greison.

Ogni cosa è collegata

Alla fine del 1930, il fisico teorico di origine austriaca Wolfgang Pauli (Nobel nel 1945) era all’apice dei suoi successi, ma viveva una vita irrequieta, relazionalmente ed emotivamente instabile. Pauli era considerato un genio ma anche un outsider nel mondo accademico, e a un certo punto della sua vita cominciò ad andare in analisi da Carl Gustav Jung, il quale aveva chiesto una sola cosa in cambio: che Pauli gli spiegasse la fisica quantistica. In seno a questo scambio e con i reciproci stimoli, le teorie sulla sincronicità di Jung incontrarono i principi della fisica quantistica, o perlomeno dialogarono insieme.

Avevo una necessità impellente di raccontare una parte della fisica che non viene raccontata. Ho trovato in Pauli la persona capace di cominciare un certo tipo di discorso, ed è il motivo per cui ho scelto di raccontare la sua storia” spiega Greison. “Pauli mi piaceva non tanto per la sua vita scapestrata, ma perchè scientificamente ha camminato su un crinale: quando ancora mancava un collegamento tra tante discipline (la psicologia, la neurobiologia, la fisica) che non toccano a loro volta quel segmento che gli permette di sfociare dall’altra parte, lui ebbe la visione di indagare. Ha indagato la mente assieme a Jung, ha avuto l’ardire di entrare in quel campo che la scienza considerava misticismo, ma di farlo scientificamente”.

E in tutto questo, ci racconta Greison, il personaggio di Pauli così come lo ha ricostruito risulta anche molto simpatico: “Ho incontrato questo personaggio a metà tra Bukowski e Lenny Bruce, perché era anche un comico, faceva ridere. Immaginatevi Lenny Bruce che racconta la fisica quantistica, con quella particolare ironia e la verve da comedian. Mi sono divertita anch’io moltissimo a ricostruire questo personaggio per lo spettacolo teatrale che debutterà in aprile. Lui stesso, parlando di sè, ha detto che è stata una cattiva scelta quella di fare il fisico in quel periodo storico, e che avrebbe preferito fare il comico. Mi piace pensare di dargli questa seconda possibilità, oggi, di poter fare anche il comico”.

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Titolo: “Ogni cosa è collegata. Pauli, Jung, la fisica quantistica, la sincronicità, l’amore e tutto il resto”
Autrici: Gabriella Greison
Editore: Mondadori, 2023
Prezzo: 18 €

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