“In Italia oggi esiste una grande discriminazione basata sull’età, una discriminazione nei confronti dei minori che non sono nelle condizioni di poter lottare per difendere i propri diritti. Spetta agli adulti difendere i diritti dei bambini e delle bambine”. Sono le parole della viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, alla presentazione in Senato del libro “Senza Madre – Storie di figli sottratti dallo Stato”. “Storie in cui i racconti della donne vengono capovolti, ribaltati e le madri passano da vittime a imputate. Per questo serve una grande opera di sensibilizzazione”, commenta la senatrice Valeria Valente, già presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio. Dieci le autrici dell’inchiesta, tra giornaliste, attiviste, ricercatrici: Clelia Delponte, Franca Giansoldati, Flavia Landolfi, Silvia Mari, Assuntina Morresi, Monica Ricci Sargentini, Nadia Somma, Paola Tavella, Emanuela Valente e Livia Zancaner, prefazione di Francesca Ceroni, magistrata della procura generale della Corte di Cassazione, postfazione di Monica Lanfranco, giornalista.
La mancata tutela del minore. Il libro racconta storie di donne che denunciano violenza da parte dei compagni, padri dei loro figli e vedono i bambini dati in affido condiviso, allontanati, messi in comunità e affidati al padre violento, in nome di una difesa a tutti i costi della bigenitorialità (la legge 54 del 2006). Lo strumento utilizzato è l’alienazione parentale, la pas, una sindrome scientificamente non riconosciuta. In sostanza, nei procedimenti di affido esaminati dalle autrici dell’inchiesta la madre viene definita alienante, simbiotica, manipolatrice ed è colpa sua se il figlio, che ha assistito alle violenze, non vuole vedere il padre. Quindi per avvicinare il bambino al padre, il minore, che della figura paterna ha una paura “paralizzante e inscalfibile” (parole messe nero su bianco in una consulenza tecnica d’ufficio, le perizie a cui si affidano i tribunali), viene allontanato dalla mamma, dal contesto a lui famigliare, dai suoi punti di riferimento. Anche con prelievi forzosi, causando traumi incalcolabili. Bambini non ascoltati, non considerati, presi con la forza e portati via, come dimostra l’audio diffuso durante la presentazione dell’inchiesta “Senza Madre” in Senato, dove erano presenti anche le stesse donne protagoniste delle storie di violenza. Nell’audio si sentono le urla strazianti di un bimbo, che gli agenti cercano di staccare dalla madre. “Mamma mamma, lasciatemi” grida il bambino, mentre i poliziotti incalzano la mamma: “signora, dobbiamo eseguire, cerchi di essere collaborativa con noi, sta facendo resistenza a pubblico ufficiale”. Scene strazianti.
Le responsabilità. “È un tema che riguarda tutti, vi è una partecipazione trasversale: magistratura, Tribunale dei minorenni, servizi sociali, avvocati, forze dell’ordine, terzo settore che gestisce le case famiglia. Su quest’ultimo punto in particolare non c’è un monitoraggio, dei bambini fuori famiglia non si sa nulla. C’è un grande vuoto, per questo serve unità da parte di tutte le forze politiche”, spiega Bellucci. “Io da mamma avrei perso l’equilibrio – commenta Valente – in questi anni è stato scalfito il muro di silenzio intorno all’utilizzo dell’alienazione parentale e ad altre simili teorie ascientifiche. L‘obiettivo è la messa al bando totale della Pas che, anche sotto diverse forme, continua a fare ingresso nei tribunali, in particolare nei processi civili, danneggiando i minori e le donne che denunciano la violenza”.
Non riconoscere la violenza. Il problema è che la violenza nei tribunali non viene riconosciuta. Nella scorsa legislatura la Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio ha evidenziato in una relazione, considerando un campione statistico di circa 1400 fascicoli, che in oltre un terzo di procedimenti civili di separazione giudiziale con affidamento di figli minori e procedimenti minorili sulla responsabilità genitoriale sono presenti allegazioni di violenza, che però in tribunale non vengono prese in considerazione. Così nella maggioranza dei casi i bambini finiscono in affido condiviso anche al padre violento. E il sommerso potrebbe essere elevatissimo. I dati Istat del 2018 mostrano che sono quasi 120mila in Italia i minori coinvolti in divorzi e separazioni in tribunale (consensuali o giudiziali) e in oltre il 90% dei casi finiscono in affidamento condiviso. In merito agli allontanamenti d’urgenza, gli ultimi dati raccolti dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza da 27 procure della repubblica presso il tribunale per i minorenni (su un totale di 29) mostrano che sono 23.122 i bambini e i ragazzi ospiti delle 3605 comunità per minorenni in Italia: nel 78% dei casi il collocamento dei minorenni in struttura è stato disposto dall’autorità giudiziaria, nel 12% dei casi è stato invece disposto con il consenso dei genitori. Il 10% sono “allontanamenti d’urgenza” ex articolo 403 del Codice civile, ma si tratta di un dato parziale perché comunicato da 18 procure. E la situazione non è omogena. Ad esempio a Torino, Firenze, Sassari, Taranto e Reggio Calabria, le percentuali si attestano tra il 10 e il 20%, a Bari sale al 23,4%, nel distretto di Salerno è addirittura superiore al 50%.
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