Carlotta Gilli: “Le persone con disabilità non sono diverse”

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La camera di Carlotta Gilli brilla di luce propria. Non serve accendere la luce perché alle pareti ci sono già 322 medaglie, tutte ben ordinate nei medaglieri costruiti dal papà di Carlotta: sono gli allori che la campionessa, nata a Moncalieri (Torino) nel 2001, ha conquistato nella sua freschissima carriera. Dal primo oro – a 7 anni – fino alle medaglie della Paralimpiade di Tokyo 2020, a quelle del Mondiale di Funchal 2022, conquistate con rabbia e determinazione dopo l’operazione di aprile per un osteoblastoma, un tumore benigno nella colonna cervicale:

«Per me – esordisce Carlotta – sono tutte importanti perché segnano la mia strada, il mio percorso dai giorni in cui, piccina, i miei genitori mi portavano ai primi corsi di acquaticità, perché il nuoto è uno sport completo, fino all’apoteosi di Tokyo».

La sfida più grande di Carlotta Gilli

La stella di Carlotta, mistista completa e competitiva in tutti gli stili, appare proprio ai Giochi in Giappone: era ogni giorno sul podio dell’Aquatics Centre, con cinque medaglie tutte sue e le copertine dei giornali. La ribattezzano “Wonder Gilli”, ma quanti sacrifici e quanto dolore per arrivare a quei trionfi. Tutto inizia con i primi corsi di acquaticità, le lezioni private, i corsi con gli altri bimbi, le prime gare. Poi, a gamba tesa, nella vita di Carlotta, entra la malattia: «Avevo 6 anni e le maestre dissero ai miei genitori che faticavo a leggere alla lavagna e che tenevo i quaderni a un palmo dagli occhi. Tanti gli oculisti consultati; una oculista pediatrica, in particolare, mi disse che non leggevo perché ero svogliata e io rimasi shockata tanto da non voler più andare dai medici».

E, intanto, la vista scendeva, per fortuna poi arriva l’incontro con il dottor Carlo Lisa, un amico di famiglia con il quale i Gilli vanno a sciare: lui capì subito, Carlotta era affetta dalla malattia di Stargardt, una retinopatia degenerativa che colpisce circa una persona ogni 10mila. Dai dieci decimi, la vista è scesa nel 2010 a un decimo, e ora è stabile.

«Non ho mai avuto crisi di rabbia – ricorda l’atleta -. Non mi sono mai fermata a farmi domande perché significava solo perdere del tempo. Se la malattia mi ha scelto, pensavo, vuol dire che bisogna imparare a conoscersi e camminare insieme, superare insieme gli ostacoli e trovare nuove strade». La forza tranquilla delle rivoluzioni, l’energia che viene anche da una profonda fede: «C’è qualcuno da ringraziare sempre per il bello che assaporo giorno per giorno e per il futuro che è davanti a me».

Le conquiste in vasca e nello studio

Da quei giorni duri, Carlotta, che gareggia per la Polizia di Stato, è emersa come una sirena delle piscine mondiali. La sua vita è divisa fra lo studio (frequenta il terzo anno della laurea triennale in Scienze e tecniche psicologiche all’Università di Torino) e la piscina del Palazzo del nuoto di Torino: 8 allenamenti in acqua a settimana con 5-6 chilometri a seduta, significa, con qualche moltiplicazione, divorare 2mila chilometri all’anno in acqua, come andare da Torino a Oslo.

La voce di Carlotta è sicura, ha l’allegria delle farfalle in primavera e tutto le sembra normale: «È la mia vita, sacrifici, dedizione e poi le camere di chiamata di mezzo mondo, le ansie, le piscine e i successi». Tutti indimenticabili, certo, ma per la storia dello sport il suo primo oro a Tokyo è da almanacco di storia quanto lo fu l’oro ex aequo di Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim ai Giochi di Tokyo: Carlotta tocca per prima nei 100 delfino S13, al secondo posto Alessia Berra, amica e rivale di sempre. Quando inizia l’inno d’Italia sono affiancate sul gradino più alto perché lo sport è proprio questo: la forza dei sogni che si realizzano, magari con un’amica vicino.

Il nuoto, i chilometri tutti uguali con quella linea bianca sul fondale che ti dice di andare, di continuare nonostante tutto hanno dato medaglie e fama a Carlotta, ma soprattutto altro: «Il nuoto è generoso di successi con me e io voglio andare oltre le vittorie: voglio trasmettere le gioie che il nuoto mi dà a chi soffre, a chi è in difficoltà, a chi magari vede buio e sta cercando di aggrapparsi a qualche speranza».

La cultura dello sport

Il nuoto, lo sport sono un passaparola di tenacia tanto che Carlotta è impegnata come ambasciatrice di Telethon, collabora con la Croce Rossa Italiana ed è volto della campagna della Procter & Gamble “Campioni ogni giorno”. Da oggi al 2026, quando inizieranno Olimpiade e Paralimpiade di Milano-Cortina, possiamo realizzare 2.026.000 azioni che abbiano un impatto positivo sulle persone e sull’ambiente: «Ogni nostra azione è importante, ognuno può diventare campione». E se lo dice una super-campionessa con 322 medaglie al collo – comprese le tre d’oro ottenute a Fabriano ai Campionati italiani in vasca corta del 26-27 novembre 2022 – perché non crederle?

Intanto, crediamole quando ci spiega l’importanza della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che cade il 3 dicembre 2022: «In questi anni – è la riflessione della nuotatrice – ho visto attenzione nuova verso i disabili ma resta ancora tanto da fare per cui ben vengano giornate in cui riflettere su questi temi che riguardano tutta la società, non solo i disabili e le loro famiglie. Vorrei far capire, e anche per questo mi impegno e mi spendo come testimonial, che i disabili non sono diversi. La diversità è avere i capelli mori o biondi, lunghi o corti, non altro, ma siamo tutti esseri umani che lottano e sognano. Oggi, un atleta olimpico ha più visibilità di un atleta paralimpico ma non è forse vero che ci alleniamo, fatichiamo e gareggiamo allo stesso modo? Non è forse nuoto anche quello degli atleti paralimpici? Sì, lo è!».

È la cultura potente e salvifica dello sport, da seminare fra i bimbi affinché cresca forte e sia in grado di mandare gambe all’aria pregiudizi e luoghi comuni, oltre a tutte le barriere architettoniche che ancora ostacolano i disabili. Per dirla con il nuoto, la società, cioè tutti noi, ha davanti una gara di fondo verso l’osmosi di questi mondi, un 1.500 metri ma ci sarà un giorno in cui le Giornate internazionali per le persone disabili non avranno più senso perché i mondi di disabili e normodotati si daranno forza l’uno con l’altro, vivranno come un unico ecosistema. E, allora, anche Carlotta ci regalerà il suo sorriso più bello.

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