Se il ritorno dalle ferie risveglia il burnout: 3 rimedi organizzativi

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Settembre è ormai iniziato e quella sensazione dolceamara che accompagna il ritorno alla quotidianità è realtà per migliaia di persone. C’è chi sperimenta ansia, chi gioia mista a impazienza, chi sbalzi dell’umore. Lo stress è alle porte, come anche la minaccia del burnout. Tornano le richieste e le incertezze che erano in standby. Mentre la propria salute psicologica – messa al sicuro in riva al mare o tra le montagne – rischia di ricominciare a vacillare.

Il ritorno dalle ferie è di per sé un momento carico di paure e aspettative, ma nulla è più impattante del sapersi nuovamente di fronte alle minacce che prima della partenza minavano il proprio benessere. Insidie spesso legate – non a caso – al proprio lavoro.

Settembre diventa allora il mese ideale per (ri)cominciare a prendersi cura di sé e della propria mente. È possibile farlo autonomamente, magari riprendendo il ritmo dei mesi invernali con gradualità o concedendo spazio a tutte quelle attività che fanno stare bene. Eppure, spesso riuscirci da soli o da sole è complesso.
In questi casi, quando si sente di non riuscire a tenere le redini delle proprie giornate, può essere utile affidarsi a un professionista della salute psicologica.

Se si lavora in azienda, anche quest’ultima può venire in aiuto.
Secondo la ricerca “The Study of Mind Health and Well-being” di Axa, in Italia solo il 31% dei dipendenti sente tuttavia di ricevere il giusto supporto da parte della propria organizzazione. Come fare dunque per garantire alle proprie persone il giusto supporto per gestire quei mesi che, schiacciati tra la ripresa autunnale e il Natale, finiscono per essere un periodo di forte stress?

Di seguito, tre suggerimenti utili a qualsiasi organizzazione desideri prendersi cura del benessere psicologico delle proprie persone.

1. Far intervenire la leadership

Non ci si può aspettare che le persone sostengano a tempo indeterminato il 110% che si chiede loro. Il ritorno dalle ferie non coincide di per sé con un periodo in cui il tasso di efficacia e motivazione sono elevati. E i ponti e le vacanze natalizie all’orizzonte potrebbero non essere una ragione sufficiente per reggere lo sforzo.

È dunque necessario che chi ha ruoli di responsabilità conceda al proprio team momenti di inattività che esulino dai giorni festivi. I cicli di lavoro funzionano solo se sorretti da opportuni cicli di riposo. Il rispetto dei tempi di vita è pertanto essenziale. A volte, tuttavia, non basta. Se necessario, è infatti opportuno scoraggiare chi fa “troppo”, dando l’esempio. Che non vuol dire incentivare il quiet quitting, ma tutelare la propria salute psicologica.

2. Prendere posizione

Attraverso la comunicazione interna, l’azienda può farsi portavoce e dimostrare la propria sensibilità nei riguardi del benessere psicologico delle proprie persone. Anche solo parlare di stress da rientro può fare la differenza, perché ne legittima il vissuto. Prendere posizione vuol però anche dire condannare apertamente la “hustle culture” e incentivare attivamente la sicurezza psicologica. Non a caso, McKinsey Health Institute ci dice che il burnout è 8 volte più probabile per chi sperimenta una cultura organizzativa tossica. Ecco allora che diventa essenziale indagare e combatterne le cause dello stress cronico che le proprie persone accusano, nonché garantire loro soluzioni concrete. Il che ci porta direttamente al terzo punto.

3. Offrire servizi di supporto psicologico

Sempre secondo la ricerca di Axa, quasi il 50% dei dipendenti in Italia percepisce una qualche forma di malessere psicologico.  Assicurare iniziative rivolte al benessere mentale delle proprie persone dovrebbe dunque diventare un standard per ogni organizzazione. Non solo azioni di facciata, ma veri e propri programmi di sostegno e promozione della salute. Servizi di supporto psicologico duraturi nel tempo, accompagnati da azioni volte a potenziare la consapevolezza delle persone sul tema.

Sarebbe poi utile implementare proprio questi servizi durante i periodi più sfidanti dell’anno. Perché non offrire, ad esempio, un plus di sessioni di counseling psicologico nei mesi di settembre e gennaio? Un gesto che dimostra che si sta riconoscendo e legittimando il fatto che le proprie persone possano aver bisogno di rafforzare le proprie risorse, specialmente quando – anche se in via temporanea – si chiede loro uno sforzo maggiore.

La salute psicologica al lavoro va tutelata ogni giorno dell’anno. Lo si può fare efficacemente solo se l’organizzazione si muove come un’orchestra: leadership, HR, comunicazione interna. Un movimento unico, un messaggio chiaro, coerente e ripetuto. Solo così è possibile combattere davvero la cultura del burnout e permettere alle proprie persone di arrivare al successivo periodo di ferie senza aver perso per strada il proprio benessere psicologico.

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