Adriano Attus: “Voglio ridare la bellezza ai numeri attraverso l’arte”

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Partita doppia di Marina Alessi

Tutto è numero. I numeri sono oggettivi ma il dato è soggettivo.

Adriano Attus, direttore artistico de Il Sole 24 Ore, lavora con i numeri quotidianamente, ma ha saputo andare oltre il loro uso, per farne arte. E’ in mostra con Numerismi proprio in questi mesi presso la Banca Cesare Ponti. In occasione dei suoi 150 anni di attività dell’istituto di credito, nell’antica sede di piazza del Duomo di Milano è possibile godere delle opere creative e sperimentali di una mente brillante, capace di cogliere tutti gli aspetti contrastanti di un elemento che governa le nostre esistenze.

Qual è la differenza tra numero e dato? E come influenzano entrambi l’informazione? Adriano Attus lavora da anni alla ricerca di linguaggi diversi per descrivere i numeri, sviscerandone antichi valori e le varie sfaccettature ormai radicate nella percezione contemporanea. Un atto artistico come pochi nel panorama post moderno, un metodo dove lo studio, la cultura e la continua esplorazione dentro e fuori di sé diventano gli strumenti cardine di un capolavoro sempre in progress.

Il linguaggio è un modo per descrivere il mondo, per dargli forma. Quello di Attus è un linguaggio numerico che esplora la rappresentazione stessa del numero e ne cambia il mezzo a seconda della necessità. Numerismi risponde sì alla funzionalità dell’ambiente espositivo circostante, ma è studio e sperimentazione continua.

bcp_27_1Dalla serie Numerage (2014-2015) a Neometrie (2016), dai lavori inediti a Planetario Numerico (2021), qual è il concept che tiene le fila delle opere nella loro diversità?  

Potrei partire dal nome che ho dato alla nuova esposizione, battezzando nuovi cicli con il titolo Numerismi. Si parte dall’idea che tutto è numero, tenendo conto del suo ruolo soprattutto tra big data e in relazione ad una realtà basata su di essi, dove siamo costretti a interpretare le nostre vite attraverso le dinamiche numeriche. Tutto è numero e io ne sono consapevole, viviamo in un’epoca in cui siamo soggiogati da cifre, come è stato negli ultimi anni della pandemia, ma il mio vuole essere un grido di liberazione.

Avevo già iniziato questo processo con la mostra del We are not numbers (2016, Mudec). Non possiamo giudicarci o giudicare qualsiasi cosa attraverso un approccio freddo, algido e statistico. Nonostante io sia direttore creativo de Il Sole 24 Ore, e che abbia collaborato con tanti giornali di economia e finanza – come Panorama Economy, Bloomberg, e una serie di realtà editoriali legate al mondo dei numeri – io dico che è limitante avvalersi soltanto delle cifre per descrivere la realtà. Infatti, secondo le ultime ricerche, un italiano su due non riesce a contestualizzare una cifra: se dico un terzo, se dico 33%, non tutti capiscono che sto dicendo la stessa cosa. Non c’è una grande capacità di discernimento da parte dei lettori nel capire e interpretare i numeri. In quest’ottica il giornalismo dovrebbe supportare la percezione delle cose, ma spesso si cerca di rendere oggettivi dei dati che poi oggettivi non sono.

Come usi i numeri nel tuo lavoro?

bcp_0012_1I numeri sono oggettivi, ma il dato è soggettivo. Oggettivo è il numero perché la matematica è una scienza esatta. Il dato viene dedotto, e quindi a seconda di cosa vuoi ottenere può essere recuperato e diventare soggettivo a sua volta. Al Sole 24 Ore siamo quelli che interpretano e contestualizzano meglio i numeri, ma questo spesso manca altrove. Io sono considerato uno tra i maggiori esperti italiani di infografiche, prima di tanti altri ragazzi giovani ho iniziato a vedere il numero come una potenziale forma di rappresentazione per l’impaginazione dei servizi, per la narrazione delle storie.

Col tempo mi sono reso conto che nel mondo del giornalismo attuale oltre alle cinque W classiche c’è una sesta W ovvero il “wow”. Grazie anche a software sempre migliori è stato possibile fare cose molto elaborate che andavano incontro a questo effetto wow cancellando le altre cinque W. Dico sempre ai miei studenti che le infografiche sono fatte di elementi semplici e basilari da cui partire per costruire o decostruire. Sta a te avere la capacità di valorizzare i servizi e creare visualizzazioni di dati efficaci. Altrimenti rimane solo l‘effetto wow, qualcosa di molto ricco ma non funzionale. Ci rivolgiamo a un pubblico specializzato, il lavoro deve essere di facilitazione nei confronti del lettore e non respingente.

Dov’è che il numero diventa arte nelle tue opere?

bcp_22_1Da una parte cerco di essere provocatorio come faccio con Numerage, iniziando nel ritagliare i numeri da giornali di tutto il mondo. Do vita a collage numerici e invito la gente a guardare e cercare i numeri da 1 a 100 sulla tavola. Come lo faccio? Per la prima serie, da un punto di vista estetico ho fatto raggruppamenti di colori, forme, e font che prediligo. I numeri assemblati in questa maniera non sono facili da trovare, è una sorta di sfida che ho riportato anche in forma digitale attraverso la gamification sul mio sito. Con la seconda serie di Numerage ho utilizzato i numeri tutti uguali disponendoli in modo verticale sulla tavola, ottenendo una struttura molto grafica. Tutti colgono la disposizione verticale ma nessuno si accorge, salvo quando lo faccio vedere io, che i numeri sono appoggiati ad una base. Tu non lo cogli perché vedi solo il numero messo in verticale. Ed è quello che succede quando si parla di numeri quotidianamente: per esempio con l’Rt, il numero perde di valore a forza di essere reiterato. All’interno della mostra si può sperimentare questa piattaforma digitale tramite QR code.

Planetario Numerico è la tua nuova serie, apre il percorso espositivo ed è presentata sotto due diverse forme: acrilico su cartone e digitale con animazione e sonoro immersivo ricorrendo all’utilizzo dell’NFT (Non-Fungible Token). Come nasce l’opera e come si colloca all’interno della mostra?

bcp_35_1Con Planetario Numerico ho fatto un’operazione per dimostrare quanto sono legato ai numeri, si chiama più precisamente Planetario Numerico figurato perché ho deciso di togliere la drammatizzazione che è stata affidata sui numeri e ai dati durante gli ultimi anni di pandemia. Ho scelto di riportare i numeri alla loro bellezza originaria. I numeri sono belli, il numero in sé è bello. Ha una sua armonia naturale che già i pitagorici esaltavano.  Se ti cito un numero puoi visualizzarlo a cifra, lettere o tre elementi diversi, io mi sono chiesto: esiste una possibilità unica per rappresentare i numeri in una maniera visuale comune a tutti? Bella, simmetrica, etc..?

Sono partito dalle considerazioni dei pitagorici qualche secolo prima di Cristo, loro si sono affidati alla geometria per rappresentare i numeri. Pitagora raffigurava i numeri disponendo pietre equidistanti quanto era il numero da rappresentare. Crei quindi delle forme originali e riconoscibili solo per alcuni numeri. E quando aumentano, se li dovessi disporre come figure poligonali o serpenti di numeri uno davanti all’altro, tu perderesti il senso del numero. Ho voluto riconoscere bellezza e personalità a tutti i numeri da 1 a 100. L’ho fatto anche con i numeri primi, che potrebbero essere rappresentati come poligoni attraverso cerchi più strani e quindi ho creato delle forme e delle modalità per scorporare e ridisporre queste pietre. Ho dato vita a delle vere e proprie costellazioni che sono parte del planetario. Rimane armonico e staticamente dinamico, è fisso ma ha la sua dinamicità. Ho attribuito poi dei colori e fatto in modo che tutte le connessioni tra i pallini fossero equidistanti.

Quanto tempo hai impiegato per realizzare Planetario Numerico?

adriano-attus-numerismi_02Si tratta di un lavoro di due anni e mezzo, il planetario è grande 120 cm x 240 cm ed è fatto ad acrilico su cartone. Ho fatto 5050 pallini più tutte le connessioni per creare e riconoscere la singolarità di ogni stella, o quindi numero. Da qua ho fatto un ulteriore passaggio attraverso uno studio di supporto, costruendo il planetario in maniera digitale. Ogni stella si apre, fiorisce, ogni numero si crea partendo da un unico pallino come fiori o fuochi d’artificio. Dura due minuti, c’è un sound cosmico che accompagna quest’apertura e il mantenimento, poi le stelle si richiudono tutte e ripartono durante tutto il giorno. Un continuo fiorire e rinascere, anche contrastante rispetto alle sue accezioni più negative nel panorama dell’informazione. Ed è proprio questo l’obiettivo, come ho detto parliamo di restituire bellezza al numero. L’opera è fruibile fisica o digitale, in vetrina ho messo la parte fisica, 16 pannelli di cartone che creano una composizione unica. Ho fatto 16 costellazioni perché volevo spezzare tutto il lavoro in più atti; ad ogni costellazione ho dato un nome, una sorta di nomenclatura ispirandomi a nomi latini armonici. Esempio “Magnifica”,“Armonica”, “Maxima”, “Minima”. Ogni stella è come un figlio per me.

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Chi fa della creatività il proprio strumento quotidiano assorbe le sensazioni del mondo, come se vibrassero delle corde speciali per trovare ogni volta un nuovo modo per rappresentarlo. Quali sono le tue più grandi ispirazioni o influenze? 

Quello che preferisco raccontare è il viaggio. Da 25 anni viaggio in tutto il mondo, zaino in spalla con quella che è diventata mia moglie. Questo continuo scoprire culture ed entrare in contatto con modi di ragionare diversi ha aperto la mia mente più di decine di libri che ho letto. Quando tu sei abituato a vedere il nero come colore del lutto, ma in oriente è il bianco, quando sei in contatto con popolazioni sud africane in Namibia dove il futuro lo hanno alle spalle e il passato lo hanno davanti, ecco lì qualcosa cambia nella tua percezione. La realtà può essere concepita in maniera completamente diversa, non ha prezzo conoscere culture che fanno uso di colore e forma diverso dal tuo. Tutto ciò ha contribuito al mio messaggio per cui spesso quello che interpretiamo è quello che siamo stati abituati a vedere. Si tratta di una visione più olistica della realtà, mi metto in discussione e sono molto critico. Mi sento vecchio per il mondo dei giornali ma giovane nel mondo dell’arte, dove posso essere me stesso senza giudizio. Ci sono arrivato perché volevo raccontare determinate cose, e l’arte è il modo più sorprendente dove poter ridare bellezza ai numeri ed esprimere una parte di me.

La mostra, visitabile fino al 28 ottobre, è realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Anabasi, affiancata dall’expertise del team arte di Pavesio e Associati with Negri-Clementi. L’esposizione è a cura di Rosa Cascone, con il Patrocinio del Comune di Milano.

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