Le donne non dovrebbero fare più lavori domestici quest’anno. È quanto suggerisce un articolo di Bloomberg, che trae la conclusione osservando i dati del Bureau of Labor Statistics. Il ragionamento è molto logico: le donne statunitensi, trascorrono ogni giorno in media 47 minuti in più nelle faccende domestiche rispetto agli uomini, che equivale a circa 5 ore e mezza ogni settimana. Ecco dunque che, per pareggiare il carico, dovrebbero smettere di fare i lavori domestici dal 29 agosto fino al 31 dicembre. Va da sé che se smettono di farli le donne, in automatico dovrebbero iniziare a farli gli uomini. Un piccolo dettaglio: il BLS esclude dal fumoso insieme dei “lavori domestici” l’assistenza all’infanzia, la spesa o le commissioni, dato che le classifica in altre categorie. Ma anche in queste, non è difficile immaginare che il primato temporale appartenga ancora alle donne.
Il divario nelle faccende domestiche è un fenomeno trasversale, che colpisce a vari livelli occupazionali. Tra le coppie in cui entrambi i partner lavorano, le donne spendono più tempo nel lavoro domestico anche quando guadagnano più dei partner. Un dato non trascurabile, sapendo che le donne tra i 25 e i 34 anni, momento chiave per la carriera professionale, vivono in coppia per la maggior parte (59%). Tra i pensionati, sono ancora le donne a detenere il primato.
Osservando poi le persone in età lavorativa senza lavoro, gli uomini trascorrono la maggior parte delle ore di veglia guardando la TV, le donne svolgendo faccende domestiche. Il tempo libero, comunque, sembra essere un miraggio per le donne: mediamente gli uomini hanno circa 40 minuti di svago quotidiano in più rispetto alla media femminile. Anche tra i genitori che lavorano entrambi a tempo pieno, i mariti si concedono più tempo libero delle partner: 44 minuti in più ogni giorno. Se gli uomini dimezzassero questo eccesso di tempo libero e lo trasformassero in tempo dedicato alle faccende, il divario si ridurrebbe a 25 minuti. Niente male, per cominciare.
E in Europa?
I dati vengono sostanzialmente confermati dalle statistiche europee: Eurostat nel 2019 racconta che il tempo dedicato alle attività di cura della famiglia varia in media tra le 3 e le 4 ore giornaliere tra i paesi, e in questo range orario le donne restano quelle più coinvolte in tutti i Paesi. Il divario di genere è il più alto in Turchia (3 ore e 16 minuti in più per le donne rispetto agli uomini), Italia (2 ore e 47 minuti) e Grecia (2 ore e 21 minuti), ed è il più basso in Norvegia (47 minuti) , Paesi Bassi (1 ora e 2 minuti), Finlandia (1 ora e 9 minuti) e Francia (1 ora e 11 minuti). Si tratta di dati pre-Covid, prossimamente vedremo come le cose sono cambiate in questi anni (ma un sentore già ce lo abbiamo). Eurostat tiene conto anche dei lavori di cura esclusi dallo studio americano, per questo il divario è così alto.
Il problema non va affatto sottovalutato. L’impatto che tale divario ha sui percorsi professionali e sull’occupazione femminile, può essere drammatico. Secondo lo studio di McKinsey “Women in Workplace 2021”, il burnout, o sindrome da stress lavorativo, colpisce maggiormente le lavoratrici. Le donne che ne soffrono sono passate dal 32% al 42%, dall’inizio della pandemia, e si è registrata una crescita delle dimissioni volontarie e delle richieste di ridimensionamento delle proprie responsabilità. Non si può evitare di mettere insieme questo dato con tutto quanto detto sopra.
Alleggerire il “carico mentale”
Se dunque mediamente nelle famiglie accoppiate le donne subiscono un sovraccarico di mansioni e responsabilità, se hanno meno tempo per riprendersi, se soffrono di stress, depressione, ansia e insonnia, a risentirne sono tutte le sfere della loro vita, pubblica ma anche privata. Una ricerca diffusa a maggio sul Journal of Sex Research, ha raccolto le risposte di 299 donne australiane di età compresa tra 18 e 39 anni a un questionario online, con l’intento di mettere in relazione i fattori della vita di coppia e le dimensioni del desiderio sessuale. Tra le conclusioni tratte, si è dimostrato che maggiori livelli di uguaglianza nelle relazioni sottendeva a una maggiore soddisfazione nella relazione stessa, che, successivamente, era correlata a livelli più elevati di desiderio sessuale. In pratica, più parità più intimità.
Ma attenzione a non ingannarsi: condividere i compiti non è la stessa cosa di condividere le responsabilità. Per sollevare le donne dallo stress, non è sufficiente dire “dimmi cosa devo fare e io lo faccio”, né farsi organizzare un planning di mansioni da svolgere. Né tantomeno decidere quali lavori siano competenza maschile e quali no. Anche perché gli studi di cui sopra hanno mostrato che le attività svolte dagli uomini tendono a essere meno frequenti e più differibili: lavori in giardino, riparazioni domestiche, manutenzione dell’auto. Alle donne toccano in modo sproporzionato le routine quotidiane e organizzative, come cucinare, pulire, fare il bucato. Curioso il fatto che la necessità di flessibilità sul lavoro per le donne in coppia, sia determinata dal dover far fronte a un lavoro non retribuito così inflessibile.
Ecco di cosa parliamo quando ci riferiamo al “carico mentale”. E smontiamo un’ultima scusa, che contribuisce a tenere certi uomini lontani dalle faccende domestiche. Il famoso “é più brava lei”. A pulire, stirare, lavare, cucinare, fare la spesa, qualunque faccenda domestica. Le nostre associazioni culturali su chi fa cosa sono così forti che spesso, erroneamente, pensiamo che certi compiti siano femminili e altri no. Ma nella migliore delle ipotesi, l’abilità femminile è semplicemente il risultato di anni passati a svolgere un compito più e più volte. D’altra parte, anche le istruzioni per usare un trapano non sono scritte nel codice genetico.
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