Rifugiati, quale ruolo possono giocare le imprese?

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Oltre 100 milioni di rifugiati al mondo. Questo il dato che emerge dal Global Trends di UNHCR al maggio scorso. Adulti, bambini, uomini o donne costretti a fuggire a causa di persecuzioni, conflitti, violazione dei diritti umani o eventi che hanno turbato l’ordine pubblico. A fine 2021, erano 89,3 milioni, cioè l’8% in più rispetto all’anno precedente e oltre il doppio dei numeri registrati 10 anni fa.

Dati drammatici che non lasciano molto adito al dubbio, rilanciati in occasione della  Giornata mondiale del Rifugiato dal titolo “Whoever. Wherever. Whenever.” (Chiunque siano. Da qualsiasi luogo provengano. Sempre).

Per dare però un contorno più rotondo al tema è necessario andare oltre i numeri e comprendere sul territorio ciò che si fa e si potrebbe fare per far fronte a questa realtà crescente. Un ruolo, in questo ambito, è giocato anche dalle imprese, che spesso possono affiancare le istituzioni e le associazioni per dare un futuro a chi è stato costretto a lasciare il proprio Paese e la propria vita.

In Italia le aziende che si sono distinte in opere concrete hanno ricevuto il conferimento dei loghi Welcome e WeWelcome del Working for Refugee Integration di UNHCR. Nato nel 2017, il progetto premia le iniziative che favoriscono l’inserimento lavorativo di chi è scappato dalla propria terra per salvarsi o sperare in condizioni migliori di vita altrove. Per l’edizione 2022 sono state premiate 107 imprese (grandi, medie o piccole) distintesi per aver favorito l’accesso dei rifugiati al mondo del lavoro: per il biennio 2020-2021 si tratta di circa 6mila persone. Tra gli altri, spiccano grandi nomi come Barilla, Carrefour, Decathlon, Gucci, Ikea, Leroy Merlin, Mutti, Nespresso e Reale Mutua. Accanto alle imprese private, poi, 41 organizzazioni della società civile, onlus, cooperative sociali, fondazioni e associazioni hanno ricevuto il logo WeWelcome.

L’assunzione, la formazione e l’accompagnamento

Oltre a riconoscere l’impegno profuso nell’assumere rifugiati, attraverso il suo progetto,  l’agenzia ONU accompagna le imprese e gli operatori nella formazione di questi profili offrendo anche un supporto specifico. Data la delicatezza di tutto il processo e la sua importanza per un inserimento solido nelle nuove realtà di chi è fuggito, la volontà da sola non basta. Sono infatti indispensabili percorsi di affiancamento, serve introdurre aggiustamenti interni e gestire difficoltà più complesse delle già intricate questioni burocratiche. Basti pensare al tema della lingua, alle questioni culturali e religiose, alla conversione delle competenze su strumenti e pratiche prima sconosciute.

Lo conferma Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “L’accesso all’asilo è fondamentale, ma la protezione si manifesta concretamente solo attraverso il processo equo di integrazione sociale ed economica nel paese di accoglienza. Trovare asilo, infatti è solo l’inizio: una volta fuori pericolo, i rifugiati hanno bisogni di opportunità per superare i traumi, mettere a frutto il proprio talento, formarsi, lavorare e contribuire al paese che li ha accolti”. Insomma, un vero cammino, da affrontare con impegno e costanza. “I rifugiati – continua Cardoletti – sono medici, insegnanti, operati, agricoltori, ingegneri, chef, atleti, commercianti, artisti. Attraverso il lavoro riacquisiscono, rafforzandolo, il proprio capitale sociale come soggetti attivi che possono determinare la propria esistenza. Allo stesso tempo, la loro inclusione genera sviluppo economico positivo e generativo a beneficio di tutta la comunità“.

Il dramma e la speranza

I numeri del dislocamento nel mondo sono drammatici e in aumento. La crisi in Ucraina – che ha causato un esodo di portata e rapidità più ampia di quella della Seconda Guerra Mondiale – è “solo” l’ultima notizia di una lunga serie. L’anno scorso secondo la Banca Mondiale, 23 Paesi sono stati teatro di guerra di intensità media o alta, conflitti nuovi o riacutizzatisi dopo periodi di relativa tranquillità. Nel frattempo continuano le carenze alimentari, accresciute dalle emergenze climatiche e dalle conseguenze della gestione della pandemia da Covid-19.

Secondo l’UNHCR all’esplodere delle condizioni che alimentano il flusso migratorio continuo, non corrisponde un aumento simile delle soluzioni a disposizione. Anche perché la grande maggioranza dei rifugiati si riversa in Paesi confinati rispetto alla loro provenienza. Per la gran parte nazioni dal reddito medio-basso, dalla capacità di supporto, quindi, limitata.

Nell’ultimo rapporto Global Trends del’Agenzia ONU, però, si trova qualche barlume di speranza. Seppure si tratti di cifre modeste sul totale, nel 2021 è aumentato il numero di rifugiati o sfollati interni che sono tornati a casa: rispettivamente 430 mila e 5,3 milioni. Sono stati circa 81.200 gli apolidi che hanno acquisito o si sono visti riconfermare una cittadinanza: il numero più alto registrato da quando nel 2014 è stata lanciata la campagna UNHCR #IBelong.

Ha commentato in merito Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati: “Mentre registriamo sgomenti il succedersi di nuovi esodi forzati, l’aggravamento di quelli esistenti e la mancanza di soluzioni ad essi, dobbiamo anche riconoscere gli esempi dati da quei Paesi e quelle comunità che lavorano insieme per individuare opportunità a favore delle persone in fuga”. A partire anche da quelle aziende italiane che possono mostrare il logo Welcome.

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