Quattro HR Director su cinque riferiscono che la salute psicologica delle proprie persone sia una priorità assoluta. È quanto emerge dall’edizione 2022 dell’Employee Mental Health and Wellbeing Survey del McKinsey Health Institute.
Il dato evidenzia come l’attenzione alla dimensione mentale stia crescendo, sebbene spesso manchi ancora una reale consapevolezza sul tema. E il burnout ne è un esempio lampante. Spesso confuso con ansia e stress, è invece un fenomeno squisitamente occupazionale. Certo, deriva da stress cronico non gestito adeguatamente, ma si caratterizza per elementi specifici: sensazione di esaurimento e stanchezza, distacco mentale, ridotta efficacia professionale. Influenza negativamente il benessere complessivo della persona, è correlato con ansia e depressione e ha ricadute sull’impegno e la soddisfazione lavorativa, nonché sul proprio stile di vita. A livello organizzativo, risultano evidenti fenomeni ad esso correlati come assenteismo, turnover e calo della performance.
Troppo spesso lo si affronta tuttavia come una questione meramente individuale. Le aziende si concentrano su interventi di supporto psicologico che, sebbene necessari, non sono sufficienti. Dal momento che non intervengono sulla causa del problema, quanto piuttosto sul sintomo.
Se il burnout è un fenomeno occupazionale, è necessario analizzare le condizioni di lavoro e la qualità dell’ambiente organizzativo. Anche se ciò non deve comunque escludere l’intervento sulla persona: è infatti sempre utile potenziare le proprie capacità di adattamento e attivare le giuste risorse da un punto di vista psicologico. Eppure, questi elementi non potranno mai compensare l’effetto che fattori organizzativi sfavorevoli hanno sull’equilibrio e il benessere mentale dei singoli. Le domande da porsi devono dunque diventare: quali elementi organizzativi impattano negativamente sulla salute psicologica delle persone? Quante richieste arrivano loro? Sono sostenibili, per quantità e tipologia? E quali risorse hanno a disposizione? Di quali altre avrebbero bisogno?
In una recente contributo, McKinsey riporta alcune evidenze: a condizionare negativamente il benessere delle persone vi è la sensazione di dover sempre essere disponibili, trattamenti non equi, carichi di lavoro non sostenibili, scarsa autonomia e mancanza di supporto sociale. L’elemento che più sembra contribuire all’insorgenza di burnout è però un ambiente organizzativo tossico. Nella ricerca di McKinsey, si riporta come questo ne sia il principale predittore. Con tale concetto ci si riferisce a comportamenti interpersonali che portano le persone a sentirsi svalutate, insicure, trattate non equamente. Si rimanda dunque a un luogo di lavoro in cui manca inclusione, rispetto, fiducia. Nel quale le persone riferiscono, ad esempio, che il proprio capo le sminuisce o ridicolizza.
McKinsey evidenzia che i dipendenti che accusano di aver sperimentato alti livelli di tossicità organizzativa hanno una probabilità otto volte maggiore di manifestare sintomi di burnout. Fenomeno, quest’ultimo, correlato all’intenzione di lasciare il proprio posto di lavoro: se lo si sperimenta, infatti, il drop out lavorativo ha una probabilità sei volte maggiore di concretizzarsi. Come il fenomeno delle Grandi Dimissioni ci sta inequivocabilmente mostrando.
Ecco allora che l’insorgenza di sintomi di malessere psicologico – come sensazione di esaurimento e stanchezza, distacco mentale e ridotta efficacia professionale – può essere utilizzata come potente segnale di avvertimento. Nel momento in cui questi segnali si palesano, l’organizzazione deve intervenire a livello sistemico, non individuale. Anche se potrebbe già essere troppo tardi.
Essenziale è infatti la prevenzione, per la quale è sempre la Psicologia a poter offrire supporto. Per prevenire il burnout è infatti necessario formare manager e responsabili alla salvaguardia del benessere mentale delle proprie persone. Come anche analizzare il livello di tossicità organizzativa, individuandone le cause e proponendo soluzioni e azioni di mitigazione mirate.
La salute psicologica è oggi una priorità assoluta. È tuttavia necessario lavorare affinché diventi normalità. Solo così sarà concretamente possibile prevenire e ridurre l’insorgenza del burnout.
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