Dopo una versione trascinante di “Break My Heart” durante la tappa bolognese del suo tour “Future Nostalgia”, Dua Lipa si rivolge agli spettatori dell’Unipol Arena con emozione palpabile: “È così fottutamente surreale essere qui con voi”, dice, fissando una foresta di cellulari dalla fotocamera scintillante.
Con quello che abbiamo passato negli ultimi due anni ogni concerto sembra un miracolo. Ma lo spettacolo di Dua Lipa, portato in Italia da Live Nation, lo è più di tutti. “Future Nostalgia” è un album dance arrivato nel momento sbagliato, quando l’unica pista da ballo possibile era il nostro salotto. Le tracce sono state lanciate il 27 marzo 2020, proprio quando abbiamo iniziato a fare i conti con la pandemia, diventando nelle settimane di quarantena un simbolo di ciò che avremmo voluto fare appena sarebbe stato possibile: vestirsi, ballare, flirtare, cantare insieme a estranei le proprie canzoni preferite.
Il tour è stato rimandato più volte a causa dell’emergenza sanitaria, ma dopo due anni di lavoro lo spettacolo è all’altezza delle aspettative. Nella sua arena Dua Lipa è una diva del pop e ammicca alle esibizioni iconiche di Madonna, Beyoncé, Katy Perry e Lady Gaga. Il setting è quello delle grandi occasioni: ci sono un gigantesco schermo, laser fluo, una passerella tra la folla, un cannone di coriandoli, Dua che levita sul pubblico in un piattaforma sospesa al soffitto (non indovinerete mai per quale canzone) e, soprattutto, una crew di ballerini che incanta ogni angolo del palcoscenico.
“Future Nostalgia”, un successo pop
Nelle settimane successive all’uscita dell’album colonna sonora di questo tour, Lipa è stata l’artista donna più ascoltata su Spotify e la terza in assoluto a livello di streaming mondiali. Testi come “Don’t show up/Don’t come out” e “I should have stayed at home” sono subito diventati materiale per meme sulla quarantena. Ha ricevuto sei nomination ai Grammy, incluse quelle per l’album dell’anno, la canzone dell’anno e la miglior performance solista pop. Come ha detto Miley Cyrus parlando di Future Nostalgia, riassumendo un sentimento diffuso nel 2020, “I need a fucking dance party!”.
Bloccata in un appartamento a preparare banana jerky con Gigi Hadid durante la quarantena, Lipa è stata consacrata come una delle donne più potenti del pop. È ragionevole pensare che anche in un mondo senza Covid-19 il successo di Future Nostalgia non sarebbe stato scontato. Ma è anche vero che Lipa non è una che lascia le cose al caso. Non lo era da teenager, quando ha cominciato a incidere cover nello studio di un amico del suo ragazzo allestito in cameretta. E non lo è stata quando ha portato il suo portfolio in giro per i club londinesi, firmando persino un contratto con un’agenzia di moda, anche se non le importava di diventare una top model. Eppure tramite l’agenzia ha lavorato a uno spot di X Factor e sul set ha conosciuto il produttore di Ed Sheeran. Così è iniziata la trafila, lunga alcuni anni, fatta di singoli in attesa di vedere se accadeva qualcosa. Ha lasciato il suo lavoro nel ristorante La Bodega Negra, consapevole della possibilità di tornarci se le cose non fossero andate nel verso giusto.
Lipa dice che l’esordio del 2017 è stato una palestra per trovare il suo sound, un’opportunità per dimostrare al mondo intero la forza della sua voce che le ha fatto vincere un Grammy. Non si sentiva forte di un’identità artistica che appartenesse a lei solamente e neppure le performance live la aiutavano più di tanto a costruirsene una: si pensi al commento su YouTube a un video della sua apparizione ai Brit Awards del 2018, «Mi piace la sua mancanza di energia. Vai ragazza, facci vedere il nulla», si è trasformato in un meme diffusissimo su Twitter.
Dua Lipa, una “femmina alfa”
Nonostante ciò il singolo New Rules, un elenco di tutto ciò che non si deve fare con qualcuno che ti ha appena spezzato il cuore, è stato un tormentone. Il brano è stato certificato multiplatino, spinto anche dal successo del relativo videoclip in cui un gruppo di ragazze si ricorda a vicenda le regole d’oro per la fine di una relazione, mentre tengono un pigiama party in un albergo e si pettinano a vicenda i capelli. Nei minuti del video traspariva una visione di solidarietà femminile che è poi diventata un tema importante per Lipa, che l’ha fatto riaffiorare nei video del brano IDGAF, con un esercito di donne in completo manageriale, e Blow Your Mind in cui donne fiere si scambiano gesti di tenerezza l’una con l’altra e, a un certo punto, si vedono cartelli che recitano “Dua for president” e “You can sit with us”.
A tre mesi dall’uscita del clip di New Rules, veniva alla luce lo scandalo di Harvey Weinstein ed esplodeva il movimento #MeToo. Improvvisamente il pettinarsi i capelli a vicenda poteva essere interpretato, almeno per i parametri del pop, come una sorta di gesto politico. Lipa ha denunciato la disparità di trattamento fra uomini e donne nell’industria musicale ed è ferma nei suoi credo politici. È apertamente pro-Palestina. Ha dato sostegno al partito laburista in Inghilterra, dov’è nata, e a Bernie Sanders negli Stati Uniti, organizzando anche un’intervista con lui prima delle ultime elezioni. Decidere da che parte stare per lei è un atteggiamento ereditato dalla famiglia. I genitori di origine kosovara e albanese sono rifugiati scappati dagli orrori del conflitto nei Balcani ed entrambi i nonni erano degli storici. «L’idea di combattere per ciò in cui credo ce l’ho nel dna» ricorda spesso nelle interviste.
Con l’escalation della guerra, i genitori di Lipa abbandonarono gli studi universitari (oltre a essere il leader della rock band Oda, il padre studiava odontoiatria, la madre legge) per trasferirsi a Londra, unendosi alla comunità di rifugiati del Kosovo che avevano creato un’enclave a Camden, dopo essere scappati alle violenze in patria. Come tanti altri immigrati, hanno abbandonato le prospettive di vita da colletti bianchi che avrebbero avuto, per lavorare in bar e ristoranti, spesso accettando più impieghi in contemporanea e frequentando le scuole serali.
Lipa, il cui nome significa “amore” in albanese, è nata tre anni dopo il trasferimento. A nove anni ha iniziato a passare i sabati alla Sylvia Young Theatre School, la stessa che avevano frequentato Rita Ora, Tom Fletcher e Amy Winehouse. Dopo qualche lezione, un insegnante di canto le ha chiesto di alzarsi in piedi ed esibirsi. Dopo averla sentita l’ha promossa a un corso più avanzato, frequentato da teenager. A scuola Lipa non faceva parte del gruppo delle ragazze popolari. Le sue migliori amiche erano – e lo sono ancora – due ragazze che l’hanno avvicinata un giorno mentre pranzava.
La solidarietà femminile le è venuta sempre naturale, ma per arrivare a sentirsi libera ha impiegato un po’ di tempo. Il suo impulso è sempre stato quello di scrivere delle sue emozioni più profonde, ma non riusciva a entrare in studio e mettere a nudo le proprie fragilità di fronte a un produttore che aveva appena incontrato. Ha imparato a ribaltare le emozioni e a immaginare che sarebbero servite a qualcun altro. «La mia musica, in gran parte, parla di ciò che spero. E io spero di aiutare le donne a emanciparsi», racconta. Si prenda ad esempio il mantra motivazionale che apre Future Nostalgia: “You want a timeless song, I wanna change the game. I know you ain’t used to a female alpha”. Lipa si schiera dalla parte delle donne rivendicando indipendenza, voglia di potere e parità ma anche di fragilità e appunto, nostalgia. Un lavoro completo sia dal punto di vista musicale che comunicativo, dal momento che si fa portavoce di quello che lei stessa definisce il femminismo 3.0.
Il suo è un femminismo che non cerca lo scontro con gli uomini ma la parità. Che le ragazze possano parlare come i ragazzi di qualsiasi argomento, ad esempio, lo afferma in “Good in bed” in cui parla di sesso liberamente, senza preoccuparsi dei canoni sociali.
La cantante britannica, a più riprese, ha infatti ammesso come si sia dovuta impegnare il doppio per essere accettata e presa sul serio. E che Dua Lipa sia una delle stelle più luminose del pop contemporaneo è cosa nota da tempo, ma con questo tour ha confermato di poter brillare ancora di più.
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