Tikhanovskaya: la resistenza del popolo bielorusso a fianco dell’Ucraina

Svetlana Tikhanovskaya durante l'incontro con la premier della Lituania, 31 gennaio 2022

Svetlana Tikhanovskaya durante l’incontro con la premier della Lituania, 31 gennaio 2022

L’intervista alla leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya è stata realizzata in collaborazione con la videomaker di origine bielorussa Tatsiana Khamliuk.

Ufficialmente ha dichiarato la scelta di non aggressione all’Ucraina e l’impegno a svolgere un ruolo diplomatico, ma di fatto la Bielorussia del presidente Alexander Lukashenko lavora “nell’ombra” a sostegno della Russia, fungendo da base militare per l’esercito del Cremlino. Del resto, dalle elezioni presidenziali del 2020, i cui risultati non sono stati riconosciuti legittimi dall’Unione Europea per brogli e falsificazioni, il regime del fedelissimo di Putin sopravvive alle severe sanzioni economiche-finanziarie esclusivamente grazie alle sovvenzioni russe.

Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione dopo l’incarcerazione del marito Sergei Tikhanovsky (condannato a 18 anni di reclusione per aver osato candidarsi alle elezioni presidenziali) risponde alle nostre domande dall’esilio a Vilnius. Parla a nome del popolo bielorusso, che “chiede di fermare la guerra contro il popolo fraterno dell’Ucraina” e ci esorta: “Distinguete, per favore: non è la Bielorussia ad essere l’aggressore. I bielorussi – insieme agli ucraini – stanno combattendo per la libertà e la democrazia. L’aggressore, insieme a Putin, è l’illegittimo Lukashenko, non riconosciuto dal popolo”.

Le sue sono parole accorate, piene di realismo e speranza in una risposta comune “contro le forze che stanno cercando di riportare l’Europa ai tempi più bui della sua storia. Questo è un contributo alla lotta per la dignità umana”. Parole che oggi, alla luce di quanto sta accadendo, risuonano in modo più sinistro e allarmante rispetto al passato, quando – colpevolmente – il caso Bielorussia ci appariva lontano.

Proprio un anno fa in occasione della sua visita in Italia, lei si era dichiarata fiduciosa rispetto a una crescente coesione sociale e a una coscienza politica del popolo bielorusso, che avrebbero rafforzato la resistenza civile contro Lukashenko. La pensa ancora cosi?
Certamente. Il popolo bielorusso non si è riconciliato. Si rifiuta di riconoscere la legittimità di Lukashenko. Con le sue repressioni, condanne selvagge, condizioni di detenzione disumane e torture di persone, il regime fatto sì che si rivoltassero contro di esso anche coloro che cercavano di non entrare nella diatriba politica. E ora il fatto che il dittatore abbia coinvolto la Bielorussia nella guerra di Putin in Ucraina è diventato un altro forte fattore di coesione tra le persone. La nostra lotta ha ora preso la forma di un movimento contro la guerra in cui ogni bielorusso sta facendo il possibile per aiutare l’Ucraina a resistere a due dittatori.

La Bielorussa si aspettava l’invasione russa dell’Ucraina?
No. Non rientra in nessuna mente sana il progetto di iniziare una guerra su vasta scala nel XXI secolo, con carri armati, aerei, bombe e razzi che si abbattono sui civili, sui teatri e sugli ospedali, compresi i reparti per la maternità.

L’Ucraina rappresenta un esempio di conquista democratica per la Bielorussia?
Almeno, le persone lì possono scegliere il governo, sia a livello nazionale che locale. Questo non è possibile in Bielorussia da molto tempo, dal 1994 (anno in cui Aleksandr Lukashenko è salito al potere, ndr).

Quale impatto sta generando la guerra sul regime di Lukashenko: lo sta rafforzando o indebolendo?
Lo indebolisce. Secondo i nostri dati, basati su una ricerca sociologica, anche i suoi pochissimi sostenitori non approvano la guerra. Durante questi 28 anni al potere, è stata costruita una narrazione: “Sì, viviamo, forse in povertà, ma non abbiamo la guerra”. Ed ecco qua! I bielorussi sanno troppo bene cos’è la guerra. Per molti secoli il nostro Paese è stato attraversato da invasori provenienti sia da Est sia da Ovest, diventando ogni volta un campo di battaglia e perdendo un numero spropositato di abitanti, a volte fino al 50% della popolazione, come accadde a metà del XVII secolo nella guerra con la Russia. Pertanto, il conflitto armato è inaccettabile per i bielorussi come metodo per risolvere i problemi.

Qual è la situazione sul piano socio-economico del Paese, fiaccato dalle sanzioni dell’Unione europea dal 2020?
Ora che il regime è diventato complice dell’invasione dell’Ucraina, co-aggressore, le sanzioni sono diventate ancora più forti. La situazione dell’economia è prossima alla catastrofe. Le attività si fermano e chiudono. Il Pil sta scendendo a un ritmo molto veloce. I fondi per il mantenimento delle forze di sicurezza e di altri organi repressivi sono sempre meno. Pertanto, Lukashenko è costretto a chiedere sempre più soldi a Putin e una parte enorme delle riserve russe di oro e valuta estera, che sono sui conti delle banche mondiali, sono bloccate. Ciò significa che non forniscono più fondi sufficienti per il mantenimento del regime. Di conseguenza, i prezzi dei generi alimentari stanno aumentando, ci sono enormi difficoltà a prelevare denaro da un conto bancario, le persone stanno perdendo il lavoro e i mezzi di sussistenza. E questo è solo l’inizio. Ma la gente capisce che il regime di Lukashenko è responsabile di questi problemi. Pertanto, la loro determinazione a sbarazzarsi di lui non può che crescere.

Svetlana Tikhanovskaya al Parlamento federale tedesco, 11 novembre 2021

Svetlana Tikhanovskaya al Parlamento federale tedesco, 11 novembre 2021

Come ha reagito il popolo bielorusso? C’è più indignazione o paura per gli effetti di un ulteriore isolamento?
Già il 27 febbraio, subito dopo l’invasione, più di 100.000 bielorussi hanno partecipato alle proteste contro la guerra. La reazione è stata immediata: oltre mille persone arrestate con l’accusa di aver indossato abiti dai colori non graditi al regime o di aver messo un “like” sotto i post di “contenuto sbagliato” sui social network. Oggi il Governo incarcera al minimo accenno di dissenso politico, non più solo per l’azione. E il trattamento nelle carceri calpesta i diritti fondamentali dell’uomo: celle sovraffollate, nessuna biancheria, alcuna possibilità di recapitare pacchi, neanche di prodotti per l’igiene personale. Alle donne non vengono consegnati assorbenti e nei giorni del ciclo sulle loro gambe scorre sangue. Le persone con pediculosi o altre patologie – compreso il Coronavirus – vengono messe appositamente nelle celle assieme agli altri. E poi ci sono molti casi in cui le persone vengono picchiate a morte durante gli arresti e la detenzione, sia le donne che gli uomini vengono violentati con dei bastoni…

Possiamo parlare di un movimento di resistenza?
I bielorussi hanno capito che fare resistenza è l’unico modo per difendere l’onore del loro Paese e dimostrare che non è la Bielorussia ad essere l’aggressore dell’Ucraina, ma Lukashenko. Nel Paese si sta sviluppando un movimento contro la guerra su larga scala, che adotta i metodi della guerriglia. Nella parte del sud del Paese, lungo il confine con l’Ucraina, truppe russe hanno preso completamente il controllo delle infrastrutture. Ad esempio, i comandanti degli aeroporti bielorussi sono stati sostituiti da quelli russi. Negli ospedali, i medici bielorussi curano i militari russi feriti che vengono portati dall’Ucraina. Ma, di notte, i partigiani appendono in bella vista la bandiera nazionale bianco-rosso-bianca (al contrario di quella rosso-verde lukashista dei tempi dell’Urss), sabotano il lavoro delle imprese che portano denaro al regime e una decina di giorni fa sono riusciti a distruggere la ferrovia in direzione sud, interrompendo il flusso dei rifornimenti all’esercito.

La resistenza bielorussa combatte anche sul fronte informatico?
I cyber partigiani si infiltrano nei computer e nei sistemi di comunicazione, distruggendo i database e interrompendo tutti i sistemi coinvolti nella guerra e nella repressione, nonché tutti quelli che possono causare danni finanziari a entrambi i regimi: Bielorussia e Russia. I team lavorano nelle reti per trasmettere informazioni veritiere e fermare la propaganda, stampare e distribuire clandestinamente volantini e giornali informativi. I volontari monitorano di nascosto i movimenti delle truppe e le attività sospette e trasmettono queste informazioni a canali di Telegram indipendenti e organi di stampa che diffondono ampiamente la verità e, se le informazioni hanno un significato militare operativo, le trasmettono all’esercito ucraino.

Recente manifestazione di solidarietà all'Ucraina, Minsk, 25 marzo 2022

Recente manifestazione di solidarietà all’Ucraina, Minsk, 25 marzo 2022

Quale ruolo stanno giocando le donne?
Il movimento delle madri esercita pressioni sui comandanti e su tutti i funzionari militari, chiedendo che i nostri soldati non vengano coinvolti nella guerra di qualcun altro. Le persone svolgono costantemente azioni simboliche: appendono bandiere e poster, organizzano un appello nei quartieri dove abitano, escono a fare una passeggiata con gli abiti dei colori della bandiera nazionale. Ad esempio, un gruppo di donne in rosso è uscito l’altro giorno con ombrelli giallo-blu (a sostegno dell’Ucraina). I bielorussi si sostengono a vicenda, la solidarietà è diventata uno dei principali mezzi per combattere il regime disumano.

Questo in patria, ma qual è la reazione dei bielorussi in Ucraina?
Tra le centinaia di migliaia di bielorussi costretti a lasciare il loro Paese per sfuggire alla repressione, un numero significativo è scappato in Ucraina. Ora alcuni di loro sono rimasti a combattere lì: qualcuno si unisce alla difesa civile e al battaglione di volontari bielorussi Kastus Kalinouski (il nostro eroe nazionale che ha combattuto per la liberazione dagli invasori russi nel 19° secolo), che sta già difendendo le città ucraine con le armi in mano. Alcuni sono impegnati in attività di volontariato, aiutano le vittime e lavorano per sostenere l’esercito ucraino. Molte delle iniziative create per sostenere i bielorussi dopo il 2020 stanno ora utilizzando la loro esperienza e le loro strutture per aiutare anche gli ucraini. Ma molti dei bielorussi in Ucraina sono costretti a fuggire dalla guerra, diventando profughi per la seconda volta.

Cosa si aspetta che succederà?
Tutto, qualsiasi cosa. L’imperialismo di Putin minaccia non solo i Paesi vicini alla Russia, ma l’intera Europa. E sarebbe giusto che gli europei lo capissero. È necessario affrontare in maniera unitaria la Russia di Putin.

In che modo?
La Russia sta già risentendo degli effetti delle sanzioni, e questo è importante. È fondamentale privare l’aggressore delle risorse per continuare ed espandere l’aggressione. Ma è anche necessario comprendere che se non si ferma ora la Russia, questa situazione si ripeterà non solo nelle regioni di Donetsk e Lugansk, ma anche nell’Ossezia meridionale, nella Transnistria moldava. La Russia ha sempre usato questa strategia: occupare delle porzioni di territorio per poi utilizzarle per espandersi ulteriormente. Pertanto, fermare semplicemente le ostilità non risolverà il problema. È necessario che la Russia rinunci alla sua politica imperialista, alla conquista dei territori e all’ingerenza della forza brutale negli affari interni dei Paesi vicini. Come raggiungere questo obiettivo e quali strumenti utilizzare è la domanda che i politici dovrebbero porsi per trovare una risposta comune.

Pensa che l’azione occidentale sia troppo debole?
I Paesi occidentali hanno preso troppo alla leggera gli eventi avvenuti in Bielorussia nel 2020. Solo ora si accorgono che da allora la Russia ha iniziato l’occupazione della Bielorussia. Non c’è dubbio che Lukashenko non sarebbe rimasto al potere quando tutto il popolo gli ha detto: “Vattene!”. Putin ha mandato l’esercito russo ai nostri confini, dicendo che avrebbe aiutato Lukashenko e le proteste sarebbero state represse, anche dalle forze di sicurezza russe. Le conseguenze sono oggi sotto i nostri occhi.

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