Effetto Dunning-Kruger, come salvarsi dalla disinformazione che dilaga sui social

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Papà ma come è possibile che sui social si continuino a leggere cose campate per aria e non si capisce dove le persone raccolgano le notizie? E come è possibile che quelli che urlano di più sembrano non avere nessun titolo di studio per poter dar credito a ciò che dicono? Alle volte qualcuno addirittura posta, a sostegno delle proprie idee, articoli che nel titolo dicono una cosa ma all’interno un’altra, ma non li leggono?

Essere padre di due figli adolescenti comporta il fatto di dover rispondere anche a domande scomode. Fino a quando queste riguardano informazioni su ambiti che generano imbarazzo, ma sono almeno prevedibili, si può anche provare a prepararsi per soddisfare la loro curiosità. Diventa però difficile trovare una risposta quando i dubbi nascono da informazioni lanciate sulla rete da persone senza alcun senso di responsabilità e competenza.

L’attuale situazione lavorativa, le scelte collegate al green pass e la bassissima possibilità di una soluzione che metta d’accordo tutte le persone, hanno sicuramente generato una condizione di stress nella vita quotidiana di italiani ed italiane. Questo ha portato una quantità di comunicazioni spesso prive di valore scientifico. Se uniamo questi accadimenti alle possibilità che la rete offre, dando voce e visibilità a persone di dubbia competenza, ecco che l’ormai un po’ datato effetto Dunning-Kruger (1999) torna prepotentemente a far parlare di sé.

Matteo, Filippo”, mi rivolgo ai miei figli adolescenti e tutti gli altri che hanno interesse a non cadere nella trappola del so tutto io, “La soluzione non è pensare di dare una risposta a chi parla senza un appiglio scientifico, diventa invece importante capire il meccanismo con cui le persone, con poca competenza, si sentono in diritto di criticare chi è preparato e ostentare sicurezza nel proporre verità senza nessun riferimento scientifico. Dovete capire come si cade nella trappola dell’effetto Dunning-Kruger e le conseguenze che questo procura alle persone. La consapevolezza e la conoscenza sono l’unica soluzione”.

Sapere e non sapere

Per portare i giovani ad una maggiore consapevolezza della necessità di approfondire ciò che ascoltano e ciò che studiano, prima di lanciarsi in ardite ipotesi, si può partire proprio dalle parole di David Dunning e Justin Kruger: “le persone incompetenti non solo giungono a delle conclusioni sbagliate e compiono delle scelte sfortunate, ma la loro incompetenza li priva dell’abilità di rendersene conto e alimenta la supponenza con cui pretendono di convincere gli altri”.

Sebbene l’effetto spiegato da Dunning e Kruger prenda il loro nome solo nel recente passato, troviamo diversi esempi che ci mostrano come l’intuizione è partita parecchi secoli addietro. Già nel quattordicesimo secolo avanti Cristo, il Faraone Akhenaton affermava che: “il folle è ostinato e non ha dubbi. Conosce tutto tranne la propria ignoranza”. Nel quinto secolo avanti Cristo era invece Socrate a sottolineare che: “è sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza”.

Il merito di David Dunning e Justin Kruger è stato quello di intuire la possibilità di studiare i concetti espressi dal Faraone e da Socrate e di misurare con esperimenti concreti la propensione di chi è poco competente a sopravvalutarsi. Proprio dal loro lavoro ha trovato conferma pratica la teoria alla base dell’effetto che da loro prende nome e che rappresenta una distorsione cognitiva per la quale alcune persone poco competenti in un determinato ambito, sono portate ad una troppo elevata convinzione verso le proprie capacità. La fiducia in sé stessi che ne genera porta queste persone a proporsi come esperte proprio laddove manca loro la conoscenza. Conseguenza di questa “presunzione di sapere” è il contrastare con supponenza chiunque altro discuta o si confronti sugli stessi argomenti, a prescindere dalla sua competenza.

L’incapacità metacognitiva di riconoscere i propri limiti è alla base della teoria dei due studiosi. Ma esiste un secondo fenomeno che, involontariamente, aumenta la superbia da chi non è conscio della propria incapacità. Si tratta della distorsione opposta a quella precedentemente citata. Alle volte chi possiede una reale passione per la conoscenza in un determinato campo desidera continuare ad approfondire e non si accontenta mai di quanto conosce. Tuttavia, il rischio, connesso a questo continuo desiderio di sapere, è che possa nascere una errata percezione del “quanto si è realmente competenti” e una bassa convinzione della completezza del proprio sapere.

Questa idea distorta, oltre a poter produrre una riduzione della fiducia in sé stessi, può condurre le persone più preparate e più competenti a riconoscere erroneamente in individui che ostentano sicurezza un sapere quantomeno simile al proprio. Questa situazione è riconosciuta come sindrome dell’impostore e può portare anche persone competenti a dare ascolto a teorie basate sulla forza dell’ego più che su una reale preparazione. Secondo Dunning e Kruger «l’errore di valutazione dell’incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto, mentre quello di chi è altamente competente può derivare da un equivoco sul conto degli altri».

L’effetto Dunning-Kruger 

La ricerca dei due studiosi trae origine da un particolare fatto di cronaca: la storia di Mc Arthur Wheeler il quale, avendo osservato la proprietà del succo di limone che lo rende invisibile quando usato come inchiostro, ha ipotizzato che l’invisibilità stessa fosse una caratteristica generata proprio dal limone. Dopo aver cosparso il viso di succo, Wheeler partì per rapinare una banca convinto di non poter esser visto da nessuno. Ovviamente non andò così. Quando Dunning lesse quanto accaduto formulò questa teoria “Se quest’uomo è troppo stupido per fare il una rapina in banca, forse è anche troppo stupido per accorgersi di essere troppo stupido”.

A valle di questa considerazione i due ricercatori hanno studiato, all’interno classi di studenti in diverse aree, un modo per collegare il livello di sapere in materie differenti all’abilità di auto-valutare con precisione le proprie prestazioni. Quello che è emerso dallo studio è sembrato subito disarmante nella sua semplicità. Le persone con poca competenza sono portate a percorrere continuamente due vie: sovrastimare in modo esagerato le proprie performance e sottostimare il livello medio di prestazione dell’intero gruppo di cui fanno parte. Risulta evidente come la predisposizione all’errore di chi è poco preparato sia decisamente elevata.

Dallo studio emergevano anche segnali a sostegno dei pericoli della sindrome dell’impostore: talvolta chi ascolta può risultare colpito dal fascino che sa suscitare la confidenza in se stessi che hanno persone che non si mettono mai in discussione pur possedendo una conoscenza superficiale. Più difficile appare invece riconoscere, dietro all’ostentata sicurezza, la totale assenza di percezione dei propri limiti e la non comprensione degli errori nei quali si può incappare.

La buona notizia è che una volta consapevoli di esser caduti preda dell’effetto Dunning-Kruger, grazie al progredire dell’apprendimento come risposta ad esso, il fasullo senso di superiorità presente tende rapidamente a scomparire.
La cattiva notizia invece, è che chi è incompetente non sente alcun bisogno di apprendere di più. Sarà propenso ad accomodarsi in cima al proprio elevatissimo picco di erronea fiducia in sé stesso e a rimanere nei confini della propria malcelata ignoranza continuando ad osservare le altre persone con fastidiosa superiorità.
Tornando ai miei due figli adolescenti, penso a questo punto che il migliore insegnamento che si possa portar loro sia di prendere consapevolezza dei rischi dell’incompetenza, di andare incontro alle notizie ed alle informazioni con l’apertura mentale necessaria per mettersi in ascolto e di approcciare la conoscenza con la curiosità per porsi delle domande. Prima di darsi delle risposte, infine, un ritorno al pensiero di Socrate e alle insidie dell’effetto Dunning-Kruger può aiutarli ad approfondire ulteriormente i tema che affrontano prima di parlare a sproposito e con supponenza.

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