Dublino, Hong Kong, Londra, Galway: si percorrono tante strade nelle parole, ma è nello spazio interiore che avvengono i fatti. “Atti di sottomissione” (NN Editore) di Megan Nolan e “Tempi eccitanti” (Edizioni Atlantide) di Naoise Dolan sono due romanzi che passeggiano nel mondo, ribaltando la definizione stessa del genere: autofiction, autobiografia o diaristica poco importa. Sarebbe operazione riduttiva davanti a quello che le parole pongono come obiettivo non dichiarato: entrare dentro le cose e dentro le case. Dove per “cose” s’intendono le relazioni – complesse, manchevoli, sbilanciate – e per “case” le coordinate piscologiche ed emotive – di cui le protagoniste sono più o meno consapevoli – in cui evolvono.
I racconti di Nolan e Dolan, con profondità chirurgica e a tratti spietatamente dolorosa, indagano la materia emotiva che non riusciamo a vedere. A volte nelle case altrui, altre volte perfino nelle nostre. Prima che di rapporti di dominio e di potere, le due giovani autrici, al loro esordio, mettono a nudo la totale incapacità di occuparci delle dinamiche emotivamente distruttive quando pure le vediamo, quando pure le sentiamo raccontare da chi le sta vivendo. In questo, chiamano all’appello tutti e tutte. Come si riconosce una relazione tossica? Qual è il confine? Cosa la definisce tale?
Relazioni tossiche: soccombere senza assolversi
“Ciaran non è stato solo il primo bell’uomo con cui sono andata a letto, o il primo per cui ho provato sentimenti ossessivi: è stato il primo che ho venerato”: “Atti di sottomissione” (NN Editore) è la storia di un abisso in cui si mescolano insieme alcolismo, disturbi alimentari, autolesionismo, ossessioni, sesso, violenza e dipendenze affettive. È una storia che può essere come tante, ma che diventa potente nella sua rivendicazione personale: “Per me è noioso presentarmi attraverso esperienze che vengono costantemente strumentalizzate come espedienti narrativi nelle telenovelas e sui giornali scandalistici. È per questo che mi vergogno così tanto di parlare di alcuni eventi, o di trovarli interessanti? Fa parte dell’orrore dell’essere genericamente feriti. Le tue esperienze sono così comuni che diventa impossibile parlarne in modo interessante. Se voglio raccontare qualcosa della mia sofferenza, sento la mia voce entrare nel canone delle Donne Che Sono State Ferite, diventando sconosciuta, non-mia”.
A scrivere è Nolan, protagonista e voce narrante: incontrerà Ciaran, bello, intelligente, perfetto, a una mostra d’arte a Dublino. Basteranno pochi sguardi a convincerla: “Sarei stata completamente vuota e immobile se era quello che voleva, o rumorosa quanto bastava per riempire i suoi silenzi. Sarei stata vigorosa e vitale se si annoiava, e quando si fosse stancato, sarei diventata prosaica e noiosamente utile come le posate”. Nolan non romanticizza, non smussa, non addolcisce: la sua è una storia di sopraffazione, ricerca e dolore. La penna non può essere altrimenti. Cruda, liberatoria, spietata. La catarsi arriva dalla sua sincerità: le logiche del dominio maschile nelle relazioni affettive possano essere distruttive. Nolan non ammonisce. Lo racconta dal suo punto di vista.
Non è una vittima, ma una sopravvissuta: Ciaran è un uomo abusante, crudele e anaffettivo. Non ha alcuna intenzione diversa dal nutrirsi di lei. E, sempre a lei, indirizza il “tedioso promemoria che gli uomini spesso possono fare quello che vogliono e alcuni di loro lo fanno”. Quella di Nolan è la sconcertante cronaca di un graduale dissolvimento – “Non gli chiedevo amore. Non volevo che guardasse nella mia direzione e mi vedesse; perché non c’era niente che potevo affermare di essere” – in nome di un pegno di amore da parte di chi non ha mai avuto intenzione di offrirlo.
Dalla fase di idealizzazione al graduale isolamento da amici e familiari, fino alla percezione costante e devastante del senso di precarietà e abuso: “Atti di sottomissione” (NN Editore) sviscera nella quotidianità tutte gli aspetti di una relazione violenta e la intreccia alla caratterizzazione umana e realistica dei suoi personaggi. L’identità della protagonista si definisce in funzione della sua sessualità: soltanto offrendo il suo corpo all’altro, lo percepisce. Da sola non riesce ad abitarlo – “Il mio corpo non era glorioso né miracoloso né vivo, era solo un oggetto da usare” – ed è solo nel sesso che acquisisce materialità e vita. Ciaran, invece, è “integro, come se contenesse tutto il suo mondo dentro di sé”: ma quel mondo così compatto non si farà carico del tacito bisogno di cura della protagonista. Anzi, ne punirà il desiderio coninossidabile indifferenza.
Nolan conosce bene il potere che gli uomini hanno su di sé, ne identifica la legittimazione sociale e mette in discussione il sistema per cui “ci viene costantemente detto che una relazione deve poggiare su una base solida, deve essere positiva, ma le donne tendono spesso a reagire drammaticamente anche perché spesso ci viene detto che senza un uomo, senza una relazione, non abbiamo valore”. In questa direzione, “Atti di sottomissione” (NN Editore) indaga la ricerca dell’identità di una donna al di là dei rapporti che vive, ponendosi in senso eversivo rispetto a un certo modo di intenderli: in un contesto sociale che pretende chiarezza sui ruoli e considera i rapporti come un modo “più comodo” e meno rischiosa di affermare la propria identità, Nolan si muove in equilibrio precario tra le sue relazioni e il rispetto della propria singolarità.
Il romanzo è stato scelto da NNE per inaugurare la nuova serie “Le Fuggitive”, che propone voci femminili “che hanno in comune la fuga, folle, spericolata, irta di ostacoli, una fuga che non è una sconfitta né una resa, ma una coraggiosa ricerca di libertà”. La fuga di Nolan culmina verso una ritrovata solitudine, da Dublino a un’isola in Grecia, regalandole una complessa ma promettente (ri)scoperta di sé: “Il potere che gli uomini hanno avuto su di me, più che una ragione per odiarli, mi sembra un dato di fatto. Non avrei potuto scegliere altri grandi amori invece degli uomini che ho scelto di amare? Certo che avrei potuto, ma non l’ho fatto, e questa, la mia storia, è la storia di questo atto mancato”.
Riscoprirsi desideranti
La scoperta di sé, insieme al desiderio femminile che si mette al centro, è il fil rouge di “Tempi eccitanti” (Blu Atlantide). Il sesso, il ghosting, la frustrazione, il maschilismo, l’incapacità comunicativa, i rapporti di potere e il lavoro precario disegnano la battaglia quotidiana della protagonista Ava e di ogni giovane donna: anche lei viene da Dublino, ha ventidue anni ed è scappata dalla sua città a Hong Kong investendo i soldi del suo “fondo per l’aborto”.
Appassionata di politica, profondamente anticapitalista e femminista, brillante e cinica: lavora per pochi soldi come insegnante di inglese in una prestigiosa scuola e, nel frattempo, si lega a Julian – affascinante banchiere londinese – in una stramba relazione. Tra loro, le parole comunicano ma non dicono: non è dato sapere se stiano insieme. Sono vicini ma distanti: “Sceglievamo cosa condividere e cosa no. Attraverso l’arte della composizione riducevo la mia vita, ne bruciavo i grassi, archiviavo le asperità. Quel processo di editing mi faceva bandire a posteriori i momenti più dolorosi, noiosi e irrilevanti che avevo attraversato”. Ava decide di trasferirsi nell’appartamento perfetto e algido di Julian, ma il loro rapporto sarà tutto fuorché una convivenza: lei dorme nella camera degli ospiti, Julian è spesso fuori per lavoro. Niente impegni, nessuna aspettativa.
In questo lembo scoperto, trova spazio Edith, avvocata carismatica che conquisterà Ava con un ritmo altro. Le loro conversazioni sono dense e ipnotizzanti – “Mi piacevano le conversazioni in cui non stavo cercando di convincere nessuno, in cui dicevo precisamente quello che pensavo. Ero stanca di volermi rendere accettabile” – e il loro rapporto inaspettato ed erotico: “Mi sono sentita sul punto di abbandonare qualsiasi altra cosa facessi per provare a essere felice, e impiegare il resto della mia vita soltanto per trovare le cose che Edith aveva bisogno di sentirsi dire, e poi dirgliele”.
Ma qual è il tipo di relazione che Ava desidera? Non mostrarsi mai vulnerabili, come con Julian, può essere la risposta? La protagonista si trova davanti a una scelta ma, prima che tra Edith e Julian, dovrà scoprire se stessa attraversando la sua confusione. In mezzo, la paura di amare, le parole non dette, le app di messaggistica e quel “sta scrivendo” che scandisce i tempi, Instagram che scava l’incomunicabilità e il silenzio: “Nel giro di poco tempo, è apparso il cerchio arcobaleno attorno al nome di Edith; aveva appena messo un’altra foto. Non l’ho visualizzata. Mi è parsa una piccola vittoria”. Per Ava, non si tratta solo di riconoscere il proprio orientamento sessuale e la possibilità del poliamore – “Passeggiando in mezzo alla folla, pensavo alle conclusioni che avrebbe tratto la gente vedendoci. Un uomo chiaro e alto con due donne basse dai capelli scuri. Due occidentali, un’asiatica. Non potevamo essere imparentati, ma eravamo troppo diversi per essere un giro scontato di amici” – ma di rimettere al centro il suo desiderio e scinderlo dalle aspettative sociali e da quello che una buona femminista direbbe o farebbe.
Il desiderio femminile, nudo e crudo, diventa il perno di una narrazione che ne esamina le complessità, senza l’ansia di risolverle. Impertinente e caustica come la prosa di Dolan. Ava, Edith e Julian diventano lo specchio l’uno dell’altro, in una tensione emotiva e sensuale che restituisce le intenzioni dei “tempi eccitanti” in cui viviamo: riscrivere, adesso, le relazioni affettive e di potere. E Dolan e Nolan, con assoluta e spietata sincerità, lo hanno fatto: raccontandosi e, allo stesso tempo raccontando, una generazione che alle etichette identitarie e relazionali non risponde più.
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Titolo: “Atti di sottomissione”
Autrice: Megan Nolan
Traduttrice: Tiziana Lo Porto
Editore: NN Editore
Prezzo: € 18,00
Titolo: “Tempi eccitanti”
Autrice: Naoise Dolan
Traduttrice: Claudia Durastanti
Editore: Atlantide
Prezzo: € 15,70
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