Sport, i successi dei campioni riporteranno i giovani nelle palestre?

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L’Italia dello sport è tornata a vincere e a salire sui podi a livello internazionale. Le 40 medaglie vinte a Tokyo sono un record storico che racconteremo ai nipoti e ripercorreremo nella memoria e nelle chiacchiere delle sere d’estate. Ci ha fatto sognare l’atletica, arte nobile dell’Olimpo sportivo che non ci dava soddisfazioni come quella di Jacobs, Palmisano e Stano da tempo.

Prima ancora delle Olimpiadi avevamo aggiunto al nostro palmares titoli importanti: Campioni d’Europa nel calcio maschile e Campionesse del mondo nel volley femminile Under 20. Sempre negli sport di squadra resterà nella storia l’impresa della Nazionale di basket maschile che ha strappato alla Serbia, che giocava in casa, il pass per le Olimpiadi. E poi c’è l’impresa di Matteo Berrettini arrivato secondo a Wimbledon, non sfigurando affatto contro Novak Djokovic. Peccato che per lui non ci siano anche le Olimpiadi in un anno certo da ricordare.

I successi accrescono anche le fila dei supporter, dei fan, dei neo appassionati e spesso hanno una ricaduta nel settembre seguente anche sulle iscrizioni ai corsi. Ci si aspetta quindi un exploit dal calcio al tennis, dalla pallavolo al basket. Ma lo sport è davvero inclusivo e alla portata di tutti, si sono chieste Terre des Hommes e OneDay, girando l’interrogativo a mille giovani, tra i 13 e i 23 anni, provenienti da tutta Italia attraverso l’Osservatorio Permanente sullo Sport e le Nuove Generazioni. La risposta?lo sport piace a tutti, ma non è poi così inclusivo come si pensa anzi può essere ambiente di discriminazioni e abusi. Senza contare che in Italia non ci si investe adeguatamente per consentire che diventi un ambito di formazione delle future generazioni, come ha sottolineato in un’intervista al Sole 24 Ore Milena Bertolini, ct della Nazionale italiana di calcio femminile.

L’anno che abbiamo trascorso, tra lockdown, paura del contagio e distanziamento sociale, è stato certamente fonte di stress, solitudine e inattività per ragazzi e ragazze, che hanno cambiato completamente il loro stile di vita. Non stupisce quindi, secondo chi ha condotto la ricerca, che la maggior parte di loro viva oggi lo sport principalmente come un’esigenza e una valvola di sfogo: 6 ragazzi/e su 10 dicono che il motivo per cui fanno attività fisica è proprio per scaricare stress, ansie e fatiche scolastiche, solo il 37% racconta di praticare uno sport per passione. Con la pandemia, poi, in molti hanno perso la voglia di allenarsi, anche perché le palestre sono rimaste chiuse per molti mesi lo scorso inverno.

C’è un dato positivo che emerge dalle interviste: ragazzi e ragazze credono nello sport come strumento di inclusione, però il 77% di loro ritiene che lo Stato e le istituzioni non investano abbastanza per renderlo tale, tanto che nelle scuole e nelle città non ci sono sufficienti strutture per renderlo accessibile a tutti gratuitamente. Il 50% dei giovani, ad esempio, dichiara che nelle loro scuole non hanno campi sportivi.

I giovani hanno le idee chiare anche sul tema delle differenze di genere: ritengono infatti che i ragazzi siano spesso, ingiustamente, avvantaggiati rispetto alle ragazze nella carriera sportiva così come negli stipendi (sostenuto da oltre il 90%) e che dentro e fuori dalle competizioni sportive troppo spesso si verifichino episodi di bullismo (42%), violenza (sia verbale che fisica, rispettivamente 72% e 46%), abusi e molestie sessuali (17%). Infine, circa un terzo tra ragazzi e ragazze dice di aver subito comportamenti inappropriati da parte di adulti e il 45% da parte di coetanei. Diminuiscono le percentuali di chi dichiara di aver subito comportamenti inadeguati dal punto di vista sessuale da adulti, o da pari; scendiamo rispettivamente al 7 e al 9%.

Il futuro dello sport, però, interessa loro, tanto che sono intenzionati ad essere protagonisti del cambiamento, anche nel mondo dello sport: il 60% di loro vorrebbe contribuire a scrivere un regolamento condiviso da atleti, famiglie e società sportive per renderlo più equo, inclusivo e sicuro.

Il progetto di Terres des Hommes

A fianco del percorso avviato con l’Osservatorio della GenZ in collaborazione con OneDay Group, Terre des Hommes intende mettere a servizio del mondo sportivo l’expertise maturata a livello nazionale e internazionale nell’ambito della child safeguarding, per la prevenzione e il contrasto ad abusi e maltrattamenti, proponendo a federazioni e società sportive percorsi di formazione per aiutare le organizzazioni e gli operatori sportivi a identificare, valutare e gestire le situazioni a rischio, aumentare la consapevolezza e la conoscenza del problema e incentivare il lavoro di rete, nonché prevenire stereotipi, discriminazioni e violenza di genere.

Attraverso questo Osservatorio ragazzi e ragazze ci fanno capire quanto lo sport sia una parte fondamentale della loro vita, esprimendo tutto il disagio che hanno vissuto in questo anno e mezzo di pandemia, quando non hanno potuto praticarlo regolarmente. Non solo, i giovanissimi ci dicono anche chiaramente tutto quello che non va nel mondo dello sport, dove purtroppo sono presenti discriminazioni, bullismo e abusi. Proprio per questo mettiamo a disposizione di federazioni e società sportive le nostre competenze, affinché il mondo dello sport si attrezzi con gli strumenti adatti a riconoscere e prevenire ogni forma di abuso, o maltrattamento. I campi da gioco sono un luogo cruciale per la crescita di bambini, bambine, ragazze e ragazzi e dobbiamo garantire che siano un ambiente sicuro, sereno e piacevole per tutti” commenta Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes Italia.

Da anni, OneDay e Terre des Hommes portano avanti indagini sui temi di inclusion & diversity sul target giovani. Quest’anno ci siamo concentrati sullo sport, grande protagonista dell’estate 2021 dopo oltre un anno di pandemia e stop obbligati. Abbiamo voluto indagare il ruolo sociale dello sport per la GenZ e il risultato è una lucida consapevolezza: i giovani ripongono grande fiducia nello sport attribuendogli un ruolo fondamentale come motore di inclusione sociale, ma ritengono che le istituzioni non facciano abbastanza. Credo proprio che dovremmo ascoltarli di più!” ha concluso Gaia Marzo, corporate brand director & equity partner OneDay Group.

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  • gloria |

    Anche lo sport ha il suo rovescio della medaglia .Accanto a risultati pregnanti e positivi per il benessere psicofisico di chi lo pratica non mancano aspetti come quelli evidenziati nell’articolo.Ritengo che lo sport soprattutto quello fatto con olio di gomito deve essere incoraggiato il più possibile.Ben vengano i progetti che contribuiscono a ripulirlo e a prevenire fenomeni di violenza a qualsiasi livello.

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