Covid, con il calo del lavoro delle donne l’Italia perde il 22% del Pil

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Peggiora la condizione di donne e bambini in Italia, a causa della pandemia. Al primo posto per inclusione Friuli Venezia-Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Lombardia. Fanalino di coda il Sud, in particolare Puglia, Calabria, Campania e all’ultimo posto la Sicilia. Piemonte e Liguria non sufficienti. E’ quanto mostra la seconda edizione del Rapporto We World “Mai più invisibili: donne, bambine e bambini ai tempi del Covid-19 in Italia”, secondo il quale l’uscita delle donne dal mondo del lavoro ha causato una perdita pari al 20/22% del Pil nazionale.

Rispetto al 2020 vi è un peggioramento di tutte le regioni”, ci spiega Elena Caneva, coordinatrice centro studi WeWorld. “Anche se il Nord continua a mantenere le migliori posizioni e garantire un livello di inclusione buono o per lo meno sufficiente, la situazione di donne e under 18 a causa della pandemia è peggiorata – continua la curatrice del rapporto – per le donne soprattutto sul fronte economico, per i minori il peggioramento riguarda diversi indicatori: educazione, a causa di una dad non efficace con il possibile aumento del tasso di abbandono scolastico; condizioni economiche, capitale umano”. Pronunciato il divario tra primi e ultimi posti in classifica. Ad esempio, in Calabria sono 6 su 10 i minori a rischio povertà ed esclusione, in Friuli 1,5. In Campania 7 su 10 le donne a rischio povertà/esclusione sociale, 2 su 10 in Emilia-Romagna.

L’indice presentato da WeWorld si basa su 38 indicatori che misurano l’inclusione di donne e minori in quattro ambiti chiave: salute, educazione, economia e società, più due legati alla pandemia, ovvero casi positivi al Covid-19 e disponibilità di almeno un computer e della connessione a internet per famiglia. Il risultato è la classifica delle 20 regioni italiane, con un focus particolare sull’occupazione femminile, in collaborazione con l’Università degli studi di Bergamo. L’indagine quantifica la perdita di lavoro delle donne nel 2020 in 7/8 miliardi di euro (posti persi moltiplicati per il salario di riferimento), pari una perdita di pil tra il 20 e il 22% tra il 2019 e il 2020. “Le restrizioni legate al covid hanno colpito i settori a prevalenza femminile come l’ospitalità, il retail, la ristorazione, il turismo – sottolinea Caneva – e moltissime donne, tra smart working e cura dei figli, hanno visto una riduzione dell’orario del lavoro, del salario e a volte una perdita dell’impiego. Senza contare le badanti e le collaboratrici domestiche con contratti atipici o in nero, che magari nelle statistiche ufficiali non vengono registrate”.

Ricordiamo che, tra il 2019 ed il 2020, 225mila donne hanno perso il lavoro, su una perdita complessiva di 428mila occupati, per un calo del 2,6% contro il -1,7% registrato dagli occupati uomini. In Italia il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è in media del 49,4%, con Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia sopra il 60%, Molise, Calabria, Puglia, Sicilia, Campania sotto il 40%.
Dal rapporto 2021 nascono le proposte di WeWorld in 4 ambiti, “a partire dalla promozione dell’empowerment economico femminile, con il potenziamento dei congedi parentali per i padri e la riduzione della differenza salariale tra uomini e donne”, sottolinea Caneva. Altri punti cruciali: prevenire e contrastare la violenza contro donne e bambini, attraverso un maggiore investimento nella prevenzione e formazione di figure specializzate nelle procure; creare una cultura di contrasto agli stereotipi di genere, con percorsi specifici e obbligatori nelle scuole e nelle università italiane. Ultima proposta: introdurre azioni per prevenire e contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, tramite strumenti come il tempo pieno garantito a tutti, l’estensione dell’obbligo di istruzione dai 3 ai 18 anni, la rimodulazione del calendario scolastico.

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