“Sai qual è il mio problema? Non sentirmi la mia età. Ho 13 anni, ma mi sembra di averne 30.”
Erano gli anni ‘80: decennio di leggerezza e vanità, consumismo e musica, dietro cui si nascondeva il nichilismo dell’eroina e del punk, gli anni di una società ancora analogica in cui la solitudine non aveva palliativi digitali, mentre nelle periferie tardava ad arrivare quel “wind of change” che avrebbe trascinato la storia verso la fine del millennio. Com’era essere adolescente in quegli anni? “Inquietudini” era il nome di una singolare rubrica di corrispondenza in un settimanale per adolescenti, “Ragazza In”, che grazie a una scelta inaspettata e dirompente fu affidata a Lea Melandri, figura di riferimento del femminismo e del movimento non autoritario.
La rubrica non era una semplice posta del cuore, non avrebbe potuto esserlo con una tale madrina: Melandri diede luogo a una relazione nuova, un’interazione che in qualche modo ha anticipato i tempi del social network. Non rispondeva direttamente a chi scriveva, ma apriva al confronto con stimoli psicoanalitici, poetici e letterari, mettendo in relazione le diverse voci e creando uno spazio in cui i lettori si rispondevano l’un l’altro, mentre lei teneva le fila del discorso come l’adulto consapevole che guida ma non costringe a una visione unica.
Il prezioso materiale che ha costituito quella rubrica per i 3 anni della guida di Melandri, è stato raccolto in un libro di Rubbettino nel 1992, fuori catalogo da diverso tempo ma prossimamente in ristampa. Dall’intuizione della profondità e poesia di questo materiale, è nato uno spettacolo teatrale curato da Ateliersi, collettivo di produzione artistica guidato da Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, compagni anche nella vita e genitori di un adolescente.
“La mappa del cuore in VR” segue due direttrici: da un lato vede la partecipazione della stessa Melandri, dato che ha messo a disposizione tutti i materiali conservati con cura, dalle lettere dei ragazzi e delle ragazze ai numeri di “Ragazza In” ancora intonsi e con tanto di poster delle star del momento. “Lea ha accolto con entusiasmo la nostra idea, perché coincideva col suo desiderio di rimettere in movimento questo materiale” racconta Menni ad Alley Oop: “Ci ha dato la sua disponibilità, complicità e la libertà totale di utilizzo di questo materiale”.
Una libertà di cui Ateliersi fa uso con grande rispetto, verso le storie e le umanità delicate e fragili dei giovani che vivevano in quelle lettere. Lo spettacolo costruisce realmente una mappa per un viaggio emotivo, che intreccia le vite dei ragazzi di allora con quelle degli spettatori, svelando come l’inquietudine non sia un fattore storico quanto piuttosto una tappa di questo viaggio emotivo intergenerazionale. Spiega Mochi Sismondi: “Parallelamente alla composizione dello spettacolo abbiamo lavorato su queste lettere con delle scuole a Bologna e Milano. Il bisogno di costruzione di un’identità autonoma e legittimazione del proprio desiderio, negli anni 80 aveva delle limitazioni quasi fisiche: un’autorità in famiglia molto codificata, una morale pubblica più asfissiante. In questo momento la questione centrale non è tanto non poter contestare, ma trovare un peso nell’economia dell’attenzione, essere rilevanti, essere ascoltati”.
E grazie all’osservatorio privilegiato che è il teatro nelle scuole, sul parallelismo tra i social network di oggi e la rubrica di lettere di ieri, aggiunge: “Il rapporto che nasceva tra quelle lettere era legato a un tema di separazione territoriale. Molti di quei ragazzi e ragazze erano chiusi nelle loro camerette, esistenze che rimanevano confinate fisicamente. Oggi la dinamica dei ragazzi è maggiore: i social non sono sostitutivi del bisogno di uscire da uno spazio circoscritto, sono un strumento integrato della vita sociale, consolidano i gruppi, ma non si sostituiscono all’incontro”.
Laddove il teatro è stato un medium per esprimersi per gli studenti, in scena diventa per gli spettatori un pretesto per ritrovare i se stessi adolescenti, e ricostruire un dialogo. Un rito di scambio che diventa molto più immediato se l’esperienza di fruizione è immersiva e totale, cosa che paradossalmente accade con la trasposizione virtuale dello spettacolo. Ateliersi non è digiuno di pratiche interdisciplinari e contaminazioni con le arti visive, e come risposta alle limitazioni della pandemia ha indagato il potenziale delle tecnologie digitali applicate al teatro, proponendo una fruizione per singolo spettatore, tramite visori 3D, in postazioni dedicate al di fuori dei circuiti canonici.
“La digitalizzazione è stata un po’ accelerata dalla pandemia, ma si tratta di mezzi che si utilizzavano già in scena. Noi pensiamo che offrano la possibilità di fare esperienze ulteriori in luoghi non teatrali, ma anche di esplorare nuove modalità sceniche. Quando due linguaggi entrano in collisione sono generosi reciprocamente” osserva Menni.
Le tappe dello spettacolo attraverseranno Bologna a partire da martedì 11 maggio, passando dalle Collezioni Comunali d’Arte alla Biblioteca Salaborsa Ragazzi, dal MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna al Cassero LGBTI+ Center e alle Serre dei Giardini Margherita. Viene a galla una geografia di luoghi vivi e di condivisione, come spiega Menni: “Sono luoghi che si intrecciano e si parlano, luoghi dove noi assaporiamo la possibilità di sconfinare tra arte e vita, dove l’arte non è elitaria ma attraversa la quotidianità e si lascia frequentare”.
Giù dal piedistallo dell’età adulta, sarà facile sorprendersi per il come-eravamo tratteggiato dalla linea editoriale di questo giornale, che metteva insieme Duran Duran e Jean-Luc Godard, i consigli dell’endocrinologo e “Il diavolo in corpo” per la rubrica romanzi a puntate, una giovanissima Meryl Streep e l’attivismo di Lea Melandri. A guidare lo spettatore in questo viaggio verso il cuore, sono gli stessi autori, Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, ma va annotato che anche la musica è un personaggio di grande intensità: le hit di quegli anni rivivono nelle cover di Mauro Sommavilla e Vincenzo Scorza, grazie al carisma e alla grazia della cantautrice bolognese Cristallo.