Nello sport come nel lavoro vincere non basta. Ecco perché

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Ben famosa è la frase “chi vince festeggia, chi perde spiega” attribuita a Julio Velasco, allenatore della generazione dei fenomeni della pallavolo italiana. Altrettanto famoso è il motto “imparare dalle sconfitte”, basti pensare che digitando questa frase sui motori di ricerca appaiono quasi un milione e mezzo di risultati! Imprenditori ed imprenditrici di tutto il mondo, così come manager e professionisti hanno spesso fatto propri questi due concetti, attribuendo un’importanza motivazionale alle vittorie e un valore formativo alle sconfitte. Ma è proprio vero che dietro alla vittoria ci sia soltanto un ritorno motivazionale? Quanto e cosa si può imparare da una conquista o da un successo?

L’ultimo anno della mia carriera sportiva è coinciso con una cavalcata trionfale, che ha riportato la mia squadra di pallanuoto, la Como Nuoto, dalla serie A2 alla ambita serie A1. Ricordo che in quell’anno, concluso con il primo posto prima dei play off, le vittorie erano state moltissime. Quando, dopo numerosi sabati di successo, è arrivata la prima sconfitta l’alibi era dietro l’angolo: “ci serviva perdere per non sentirci invincibili”, “una sconfitta ogni tanto ci fa bene” e l’immancabile “quanto impareremo da questa sconfitta!” erano le frasi più diffuse tra noi giocatori durante la riunione di squadra il giorno dopo la partita.

La risposta del nostro allenatore fu invece ben diversa: “La cosa più importante che possiamo apprendere è non attendere la sconfitta per imparare! È evidente a tutti quanto dagli insuccessi sia possibile apprendere, ma non abbiamo ancora compreso che il riesame di una partita di successo non serve a celebrare la vittoria, ma a rimanere concentrati sull’obiettivo finale e determinati a migliorare ancora. Da ogni vittoria possiamo e dobbiamo imparare!”

Quante volte succede che, dopo un progetto andato bene o dopo una presentazione ben riuscita, l’entusiasmo e la celebrazione del risultato ottenuto ci distolgano dall’esaminare con oggettività quanto è accaduto? Il parallelismo tra mondo dello sport e mondo del lavoro è quanto mai efficace nell’evidenziare come le occasioni di apprendimento siano presenti tanto nelle difficoltà, quanto nei traguardi raggiunti.

La conclusione di un campionato sportivo è frutto di numerose partite, ognuna delle quali ha la propria storia. Analizzare una singola partita può e dovrebbe prescindere dal punteggio conseguito ed è proprio da questa riflessione attenta e incondizionata che si può comprendere come il risultato, favorevole o sfavorevole, sia arrivato.

Analogamente, soffermarsi ad analizzare un progetto lavorativo concluso permette di comprendere le ragioni che hanno condotto al successo o al fallimento dello stesso, per poter riproporre in futuro le esperienze positive e poter migliorare gli aspetti meno convincenti.

La valutazione di una vittoria sportiva inizia dal prendere in esame quanto il risultato positivo sia frutto di una serie di eventi strategicamente previsti, preparati ed efficacemente portati in campo, ma non può trascurare quanto il fattore “fortuna” abbia influito sul risultato, quanto gli errori degli avversari abbiano facilitato il modo di condurre il gioco o quanto la vittoria sia attribuibile alle prestazioni fenomenali e di altissimo livello di un singolo giocatore. Se è indubbiamente vero che la performance del gruppo è frutto dei contributi individuali, è altrettanto vero che le giocate d’eccezione potrebbero non ripetersi e l’analisi del successo permette di apprendere come condurre il gioco anche nel caso in cui queste non arrivino.

Allo stesso modo, nelle prestazioni collegate ad un progetto lavorativo risulta fondamentale apprendere cosa abbia generato la risposta positiva degli interlocutori, comprendere l’effettiva correlazione tra il risultato prodotto e la preparazione strategica iniziale, identificare quali correttivi siano stati apportati in corsa e quanto sia invece attribuibile al caso, alla fortuna o all’aver attinto a contributi individuali (ad esempio le esperienze passate di qualcuno), che non erano tuttavia stati previsti nella costruzione iniziale.

Riflettere sulla vittoria sportiva porta a prendere in considerazione i piccoli o grandi errori commessi in campo e permette di apportare dei correttivi nell’impostazione dei successivi incontri, ad esempio sapendo come rispondere a mosse avversarie non previste nel match precedente. Questo passaggio evita di rimanere bloccati o incapaci di reagire laddove l’avversario futuro, che altrettanto studierà i nostri errori e le nostre debolezze, cercherà di colpire proprio dove in passato ci siamo dimostrati più vulnerabili.

Anche in campo lavorativo l’apprendimento legato ad un progetto di successo passa senza dubbio da una riflessione tesa a valorizzare i punti di forza e a motivare le persone, pur non trascurando di condividere gli aspetti migliorabili e di riconoscere onestamente il frutto di circostanze fortuite. Se in campo lavorativo, non sempre è raffigurabile lo scontro diretto con un avversario, la minaccia di un insuccesso futuro è certamente e fortemente collegata all’incapacità di progredire e migliorare.

Apprendere dalle vittorie in ambito sportivo significa continuare a vincere, significa lavorare sui propri pregi e punti di forza per potenziarli ulteriormente, significa riconoscere la componente fortuita per non dipendere dal caso e trasformarla in strategia, significa essere consapevoli delle aree critiche per non esporsi agli attacchi avversari.

Apprendere dal successo in ambito lavorativo si sposa con tutto ciò che la metafora sportiva ci insegna e pone l’accento sulla possibilità di crescere senza dover necessariamente attraversare il fallimento e l’errore. Le esperienze critiche e gli insuccessi hanno innegabilmente un grande impatto sul nostro processo evolutivo, ma non serve andarle a cercare per generare meccanismi di apprendimento.

Apprendere dalle sconfitte è fondamentale, ma la carica motivazionale aumenta nettamente quando riusciamo a imparare dalle vittorie.

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