Coni, la corsa alla presidenza di Antonella Bellutti punta a rompere il soffitto di cristallo

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1914-2020: dall’anno della sua fondazione, il Coni non ha mai avuto una presidente. Le donne nello sport italiano vincono molto, ma contano poco. La concreta possibilità di emergere e assumere la leadership in luoghi e istituzioni rimane sbarrata dal soffitto di cristallo e, abbatterlo, è una sfida olimpionica. La prima crepa la apre Antonella Bellutti, l’unica atleta ad aver vinto 2 Ori in 2 edizioni consecutive dei Giochi olimpici in 2 discipline diverse e la prima donna a candidarsi alla presidenza del Comitato olimpico nazionale italiano.

L’intento di fare dello sport un “Paese per donne”, non sembra appartenere esclusivamente alla prima candidata alla presidenza del Coni. L’attuale presidente in carica, Giovanni Malagò,  risponde al gender gap disegnando una giunta diversa: nella prossima composizione, Malagò ha annunciato che almeno 4 membri su 13 saranno donne e – poiché lo statuto non lo impone – non dovranno essere necessariamente presidenti di federazione. Quote blindate anche in Consiglio nazionale: tra i 74 membri, 46 sono quelli eletti delle federazioni e 28 sono votati in consiglio. Dieci dovranno essere donne. Per gli Enti di promozione, invece, uno su 5 dovrà essere al femminile.

Riforma dello sport

Un passo avanti dopo la bocciatura, da parte del Consiglio dei ministri, del primo decreto sulla riforma dello sport che regolava i ruoli e le funzioni degli organismi sportivi e limitava a tre il numero massimo di mandati per la presidenza delle Federazioni: un congelamento dello status quo in fatto di governance.
Per l’ascesa di donne dirigenti nello sport”, ha sottolineato il ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora intervenendo al dibattito online La rete delle donne organizzato all’US Acli, serve una svolta culturale”. E proprio in questa direzione si posiziona la decisione di Bellutti.

Non è facile sfidare un sistema di potere consolidato e così maschile. Ma è anche un modo per esprimere la gratitudine verso tutto ciò che lo sport mi ha dato”: la candidatura di Antonella Bellutti si muove con passo preciso, non mira solo all’esclusività di un primato di genere, ma all’inclusività di talenti, competenze e differenze. Tra i suoi obiettivi, sbrigliare il mondo dello sport dalle logiche di burocrazia e di potere per liberarlo da pregiudizi e stereotipi: “Il barone De Coubertin diceva che l’importante è partecipare, non vincere. Però lo diceva solo agli uomini“, dice. È il gioco di squadra l’immagine che utilizza per descrivere l’ambizione di “costruire nella modernità e nell’innovazione, nel merito, nelle competenze e nella parità di genere, lo sport del futuro”. Bellutti sfiderà il presidente Giovanni Malagò con cui, afferma, “sono certa che nascerà un confronto ricco per lo sport italiano“.

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Chi è Antonella Bellutti
Non ho usato a caso le parole pregiudizio e discriminazione perché ne ho conosciuto il significato per esperienza diretta”, racconta Bellutti. Nata a Bolzano, 52 anni, due volte campionessa olimpica con gli Ori nel ciclismo su pista ad Atlanta ’96 (inseguimento) e Sydney 2000 (corsa a punti): oltre ad essere l’unica atleta azzurra ad aver fatto parte della Nazionale di tre differenti federazioni (atletica, ciclismo, bob), è l’unica ad aver gareggiato sia alle Olimpiadi estive che in quelle invernali.

Laureata in Scienze motorie e preparatrice atletica oltre che manager sportiva, nel quadriennio 2000-2004 è stata membro della Giunta nazionale del Coni e, nello stesso periodo, componente della Commissione per le Pari Opportunità nello sport e della Commissione ministeriale antidoping. Impegnata nella promozione e nella difesa dei diritti delle donne, della comunità LGBT+ e delle atlete e degli atleti diversamente abili, oggi Bellutti è una scialpinista freerider, ma anche una scrittrice, docente in corsi di alta formazione sui temi leadership e team builiding, chef di cucina vegana e proprietaria, insieme alla sua compagna, di una locanda in Trentino. “Sono molto fiera di affrontare questa candidatura da donna, atleta, vegana, componente della comunità LGBT+ – sottolinea Bellutti –con le mie tante diversità vorrei rappresentare un esempio da accogliere, non da tollerare, utile per uno sport inclusivo capace di esprimere il suo enorme valore in favore di tutte e tutti”.

Sport in Italia: roba da donne?
Impegnative e ben radicate le responsabilità che attendono Bellutti e Malagò in quanto a parità di genere. Fino al mese scorso, il professionismo sportivo in Italia è stato regolato dalla legge 91 del 1981 che affida al Coni, assieme alle singole federazioni degli sport, il compito di decidere quali discipline siano “professionistiche” e quali no. Non semplicemente una questione di titoli, ma di tutele: assistenza sanitaria, pensione, assicurazione in casi di infortunio, gravidanza.

La norma è rimasta ferma per quasi quarant’anni e stagnante fino all’approvazione della legge di bilancio, in cui è stato inserito dalla commissione Bilancio del Senato un emendamento che equipara le donne ai loro colleghi uomini ed estende anche a loro le tutele sulle prestazioni di lavoro sportivo. Nel calcio, poi, è stata riconosciuta la maternità per le atlete dal 1 gennaio 2021. Primi passi verso il riconoscimento del professionismo femminile nello sport che, come chiarisce l’allenatrice della Nazionale italiana di calcio femminile Milena Bertolini, ”è un percorso giusto perché siamo una società democratica e non possiamo pensare di esserlo se per le donne non ci sono le stesse possibilità rispetto agli uomini. Sono felice che dal 2023 la Figc preveda il passaggio al professionismo anche per le donne, mi auguro che anche altre federazioni vadano in questa direzione“. La stessa verso cui punta la candidatura di Bellutti: “Più donne hai – dice Bertolini – più massa critica fai e più è probabile che puoi arrivare a un cambiamento culturale”.

I numeri nelle Federazioni

I tempi, insomma, sembrano essere maturi per un cambiamento. Prendendo come riferimento le 44 federazioni sportive riconosciute dal Coni, non c’è nessuna presidente, solo uomini. All’interno della giunta dello stesso Coni, sono presenti solo 2 donne: la vicepresidente Alessandra Sensini e Valentina Turisini.  Sempre sulle dita di una mano, si contano le vicepresidenti di federazioni: sono 4 e ricoprono questo ruolo nelle federazioni di atletica, badminton, ciclismo e tiro a Volo.

Una novità è arrivata dal mondo del calcio. Quest’anno per la prima volta una donna è stata eletta vicepresidente dell’Associazione italiana calciatori: si tratta di Sara Gama capitana della Juventus e della Nazionale italiana. “Il traguardo della parità di genere nello sport dichiara Luisa Rizzitelli presidente di Assist – passa dal riconoscimento del lavoro sportivo in quanto tale” e, sul sostegno alla candidatura di Bellutti, non ha dubbi: “Ci sono dei requisiti di cui, alternativamente, si deve essere in possesso per candidarsi alla presidenza del Coni: Antonella Bellutti li ha praticamente tutti”.

Appuntamento, quindi per le elezioni del 13 maggio 2021, quando a Milano sarà nominata la nuova presidenza Coni.

  • Antonio cannizzaro |

    Condivisibile l’inserimento delle donne nei ruoli apicali dello sport.ho trascorso e vivo ancora nel mondo dello sport per rendermi conto che è arrivata l’ora di consegnare agli atleti che hanno onorato il paese con le loro imprese la sua gestione.si può fare basta crederci e pensionare Presidenti che sono incollati alle loro sedie.con Onesti ho lavorato con 6 Presidenti

  • Dino Moretti |

    Chi ha fatto dello sport agonistico e no, la ragione della propria vita, merita di aver diritto di parola.

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