Migranti, contro la tratta delle donne va spezzato il legame vittime-trafficanti

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Questo contributo è tratto dall’edizione 2020 del Corriere della salute migrante *

Le azioni di contrasto poste in essere dal Paese per arginare il crescente flusso attraverso la cosiddetta “rotta del Mediterraneo centrale” sono mirate a identificare all’arrivo le vittime della tratta e a fornire loro un’assistenza diretta e immediata, cercando di svolgere subito nell’immediatezza dell’arrivo un’attività di formazione e di “capacity building”.

Per questo appare sempre più necessario lavorare sulle sessioni formative partecipative e sul rafforzamento delle competenze del personale a diverso titolo impiegato nella gestione degli arrivi via mare, sia per le autorità locali maggiormente coinvolte dal fenomeno (come prefetture, Servizi sociali dei Comuni e forze dell’ordine come Carabinieri, Guardia di finanza e Questura) sia attraverso un sistema di accoglienza per adulti e minori stranieri non accompagnati.

Nella maggior parte dei casi gli incontri formativi sono organizzati con il supporto della Prefettura competente territorialmente e dell’Autorità Giudiziaria (Procura della Repubblica, Procura presso il Tribunale dei Minorenni, Assessorato alle Politiche Sociali del Comune, Organizzazioni non governative attive e altre espressioni della società civile). Sono stati potenziati recentemente anche i ruoli degli Ufficiali della Marina Militare negli Stati membri dell’Unione europea all’inizio delle rispettive missioni in mare.

Va considerato peraltro che spesso le vittime sono minorenni già affette da malattia psichica o così fortemente traumatizzate da essere irrecuperabili. Non di rado tuttavia, quando le vittime di tratta sono “coscienti”, allo sbarco non credono di trovarsi nelle condizioni descritte loro dalla prima informativa dell’accoglienza riguardo ai rischi connessi alla tratta di esseri umani. Esse non si percepiscono come vittime di un reato, data la fiducia che hanno riposto nei trafficanti, in quanto connazionali, non di rado tra l’altro legati da vincoli di amicizia o parentela familiare. Non è quindi facile intervenire.

Bisogna potenziare le attività volte a rimuovere i principali ostacoli per la tutela e la protezione delle vittime al momento dello sbarco o nell’immediatezza, lavorando per avere maggior tempo a disposizione (non c’è abbastanza tempo per creare un rapporto di fiducia con le vittime); spezzare il legame fra le vittime di tratta e i trafficanti; arginare il controllo che gli accompagnatori hanno sulle vittime.

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La copertina del Corriere della salute migrante, foto di Alessandro Montanari

Le vittime di tratta sbarcano frequentemente con sorelle, zie, mariti che in realtà non sono altro che gli accompagnatori, il cui obiettivo è di condurle al trafficante che li attende in Europa. Il tema del legame fra la vittima della tratta e il trafficante costituisce un fortissimo ostacolo: le vittime credono nel trafficante più che in qualsiasi altra persona e provano per costui un forte sentimento di gratitudine per avere permesso di arrivare in Europa, facendosi sovente carico anche del costo del viaggio. Altre volte sono debitrici anche per vincoli delle famiglie di origine.

Solo in una fase successiva allo sbarco o all’accoglienza nei centri, una volta incontrati i lati oscuri dei trafficanti e subiti gli abusi e lo sfruttamento, le vittime riusciranno a comprendere la veridicità dell’informazione ricevuta allo sbarco e acquisiranno consapevolezza di essere state vittime. Sovente però è troppo tardi.

l piani nazionali di azione contro la tratta e lo sfruttamento in Europa sono pressoché unanimemente connotati da quattro direttrici (prevention, prosecution,  protection e partnership) volte al raggiungimento delle priorità individuate dalla strategia europea per la eradicazione di tratta di esseri umani, articolate secondo le cinque priorità individuate dalla strategia UE:

  1. individuare, proteggere e assistere le vittime della tratta;
  2. identificare la prevenzione della tratta di esseri umani;
  3. potenziare l’azione penale nei confronti dei trafficanti;
  4. migliorare il coordinamento e la cooperazione fra i principali soggetti interessati e la coerenza delle politiche europee;
  5. aumentare la conoscenza delle problematiche emergenti relative a tutte le forme di tratta di esseri umani per dare una risposta efficace.

L’attenzione deve essere molto alta nel nostro Paese: in questo contesto spicca infatti la tematica della mafia nigeriana che ha un buon controllo dei campi in Libia. Il fatto che l’immigrazione fosse fuori controllo ha fatto sì che la stessa si sia diffusa nel territorio italiano. In un rapporto di causa-effetto ne derivano pericolosità e riti tribali inimmaginabili. Si sono portati in Italia riti tribali più diffusi di ciò che si crede. È  una criminalità molto più pericolosa di quello che si può pensare, che ha assunto ruolo importantissimo in Italia anche per lo sfruttamento della prostituzione minorile legata alla tratta degli esseri umani e al traffico degli stupefacenti.

Scivolata, quasi inavvertitamente, in Italia è stata capace immediatamente di fare “mafia” e di fare gruppo spartendosi il territorio. Ha cominciato come manovalanza delle “mafie locali” già radicate, se ne è servita, per poi scavalcarla e contenderle e sottrarle alcuni business criminali con maggiore ferocia, anche se è difficile da credersi. La difficoltà del contrasto rispetto ai criminali autoctoni impatta con le attività investigative ormai collaudate: le intercettazioni telefoniche sono facilitate dalla conoscenza dei dialetti, ma non lo sono con la mafia nigeriana, con il suo modus operandi e con le varie declinazioni linguistiche tribali (Yoruba ecc.) che aggirano ogni possibilità di ascolto.

Solo attraverso la conoscenza e la consapevolezza del tema si potrà fare fronte comune a una pratica che purtroppo i secoli ci tramandano come un’attitudine umana di difficile eradicazione.

* Il Corriere della salute migrante è l’annuario della Onlus Sanità di frontiera che quest’anno smonta, attraverso dati e interviste a esperte ed esperti, i tre principali stereotipi che distorcono la narrazione sull’immigrazione:  “Siamo invasi”, “Ci rubano il lavoro”, “Hanno troppi privilegi”. Tutti e tre falsi, come dimostrano i numeri. Il rapporto è stato presentato in web live streaming il 18 dicembre scorso, nella Giornata internazionale dei diritti dei migranti, dalla curatrice Maura Pisciarelli, alla presenza del direttore generale della Onlus Francesco Aureli, del presidente Massimo D’Alema, del presidente dell’Advisory Board Gianni Letta, della segretaria generale del ministero degli Affari esteri, Elisabetta Belloni, e del coordinatore del programma Salute pubblica e migrazioni dell’Oms, Santino Severoni. L’ultimo capitolo, “Vendute, comprate e mercificate”, è dedicato proprio alla tratta delle donne.

  • Carlo |

    è irreale pensare di spostare tutti i migranti economici in Europa, lo capirebbe chiunque con un minimo di buonsenso e che non guardasse con gli occhi della politica. E’ necessaria invece proprio una politica globale di aiuto nel loro mondo, nella loro amata e bellissima terra, evitando ad esempio di saccheggiarne le materie prime a costo zero, e definendo con le autorità locali collaborazioni, sostegno e sviluppo

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