Sarah Fuller è diventata la terza donna nella storia a giocare in una squadra di football americano maschile di college negli Stati Uniti. Prima di lei, April Goss e Katie Hnida sono scese in campo nel ruolo di kicker. Toni Harris è riuscita persino a giocare come Safety, sempre contro i maschi.
Quando giocavo per le Philadelphia Phantomz, il mio allenatore americano diceva: “L’unica differenza tra voi e gli uomini è che se dico a un uomo di sfondare un muro lo fa, voi prima chiedete il perché e poi lo fate meglio”. E’ proprio così e vogliamo andare verso l’uguaglianza di genere perché ce la meritiamo. Meritiamo la stessa paga e le stesse opportunità degli uomini, nel lavoro e nello sport.
Eppure quando ho visto Sarah Fuller entrare in campo con i ragazzi del Vanderbilt College, ero un po’ amareggiata. La verità è che Sarah Fuller è stata costretta a giocare con gli uomini perché l’opzione di giocare con una squadra femminile in college non esiste. Perché la divisione universitaria di football americano femminile non esiste. La NCAA (National Collegiate Athletic Association) non l’ha mai creata.
C’è la lega di frisbee, di bocce e quidditch. Si, avete capito bene, QUIDDITCH, che nonostante sia una disciplina di tutto rispetto non è di certo lo sport più popolare negli States, eppure se sei donna e vuoi praticarlo, puoi farlo tranquillamente. Il football americano femminile, invece, esiste SOLO da dopo il college, con le leghe semi professionistiche, cioè delle organizzazioni in cui le atlete non prendono un euro o prendono un euro e mezzo per giocare, senza alcun tipo di tutele.
Per questo Sam Gordon ha creato una lega tutta sua nello Utah, dove le ragazze a partire dai 6 anni, possono giocare a football tra di loro. Sperando che nel frattempo la NCAA faccia spazio anche per le donne.
Perché lo sport può fare la differenza?
Lo sport è uno strumento potentissimo di educazione e negli Stati Uniti, lo è ancora di più. Grazie alle borse di studio sportive, tante ragazze riescono a permettersi di frequentare gli atenei più prestigiosi. Secondo la Women’s sports foundation, il 92% delle sportive hanno meno probabilità di avere problemi di droga e il 95% delle donne della lista Fortune 500 hanno praticato una disciplina sportiva a livello universitario.
Lo sport ha salvato tantissime ragazze dalla strada e tutte le bambine negli Stati Uniti dovrebbero avere la possibilità di giocare a football, dalla scuola all’università fino alla lega professionistica. “Non siete mai contente” diranno gli haters del femminismo. Certo che non siamo mai contente, perché l’episodio di Sarah Fuller come molti altri sono contentini, non pari opportunità.
Le donne meritano una lega universitaria e professionistica, non perché non possono guadagnarsi un ruolo nelle squadre maschili, ma perché non dovrebbero essere costrette a farlo. E questo non succede solo negli States. Di recente, anche a Olivia, 7 anni, è stata negata l’iscrizione all’impianto sportivo comunale di Roma Uno, l’unica spiegazione è stata: “Sei una femmina, non puoi giocare a calcio”. Olivia ha protestato contro questa ingiustizia con il supporto delle “sorelle maggiori” della Ficg Femminile per guadagnarsi il diritto di scendere in campo, con o senza maschi.
Succede anche in Francia, dove chiamano Stephanie Frappart “l’arbitro donna della Premier League e della Champions”. Ma pensate se chiamassimo gli uomini in questo modo: “il ginecologo uomo”, “l’infermiere uomo”, “il sarto uomo”, “l’ostetrico uomo”.
Quanto sarebbe ridicolo? Benvenuti nel nostro mondo.
Quindi si, Brava Sarah per aver sfidato questo sistema che non ci offre le stesse opzioni dei nostri colleghi maschi ma per me resta inaccettabile anche solo il fatto che nel 2020 in America le donne delle leghe semi pro debbano ancora giocare a football coi pantaloni da uomo (con lo spazio per il sospensorio) o le scarpe troppo larghe perché nessun brand ad oggi si è interessato a creare una versione women, nonostante esista questo bisogno.
Il problema sta nelle grandi istituzioni e tutta la cultura intorno che non appoggia le donne che giocano a football, perché, cito i commenti che ho trovato sul web “il mondo non è ancora pronto per vedere le donne praticare sport di contatto, non sono belle da vedere”. Infatti Sarah è stata insultata e umiliata sul web. Le hanno augurato di prendere tante botte in campo o l’hanno esortata a starsene in cucina. Qualcuno scrive:
“Torna a giocare con le tue amichette!”. Peccato che quell’opzione non esista.
Io dedicherò la mia vita a questa causa, a quest’opzione. Fosse l’ultima cosa che faccio. E lotterò fino all’ultimo respiro affinché questo sogno di tante ragazze diventi realtà.
Perché le bambine del futuro meritano di più.
Meritano di poter giocare a football e a calcio.
Meritano di arbitrare, allenare, diventare Presidente e sognare in grande.
E noi abbiamo il dovere di combattere per loro.