Il 75% degli iscritti al corso di Laurea in medicina e chirurgia è donna. Ma solo 45 dottoresse su 169 ricoprono la posizione di direttore di struttura semplice, dipartimentale o di struttura complessa. Solo a 3 donne è stato assegnato il ruolo di professore ordinario in Oncologia e una sola dirige la di Scuola di specializzazione. Questa la fotografia che emerge dalla prima indagine sulla percezione della discriminazione di genere, condotta da Women 4 Oncology.
In chirurgia, professione maschile per tradizione, va anche peggio: a fronte di un progressivo aumento delle iscritte alle scuole di specialità chirurgiche non si assiste ad un’adeguata ridistribuzione per genere delle cariche apicali. Solo il 2,5% è nominata direttore di Dipartimento di chirurgia e solo il 4,9% è direttore delle Scuole di specialità. Inoltre, secondo 7 medici su 10 esiste un “gender gap” delle donne rispetto agli uomini nella crescita professionale in particolare in oncologia.
Cosa si può fare?
Per la leadership e contro il “gender gap” si batte la delegazione di ‘‘Women For Oncology Italia” (spin off del gruppo europeo nato all’interno dell’Esmo) e ”Women in Surgery”, che la settimana scorsa ha incontrato Sandra Zampa, sottosegretaria al ministero della Salute.
Non chiede solo che venga svolta, sotto l’egida del ministero della Salute, un’indagine nazionale conoscitiva e un monitoraggio dell’attuale situazione sul “gender gap” in sanità. Anche che sia creato quanto prima un tavolo interministeriale guidato dal ministero della Salute che, insieme al ministero dell’Università e alle Pari opportunità, proponga strumenti e soluzioni per ridurre il “gender gap” in sanità, creando regole che permettano alle donne di “avere le stesse opportunità dei loro colleghi maschi”.
La delegazione è formata da Marina Garassino, presidente di Women For Oncology e responsabile dell’unità di oncologia toracica della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano; Domenica Lorusso, responsabile Uo programmazione ricerca clinica, direzione scientifica e ginecologia oncologica, Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs di Roma, e Gaya Spolverato, presidente di “Women in Surgery”.
Le proposte sono state condivise e sottoscritte anche da Cittadinanzattiva, Dateci Voce, Women in Surgery, Anaao-Assomed, Fnomceo, Fiaso, con cui si chiede siano prodotte anche linee guida insieme alla Conferenza delle Regioni e all’Ordine dei medici.
L’esistenza di un “gender gap” per Marina Garassino nasce dalla preesistenza di stereotipi, radicati nella nostra cultura, secondo i quali “la figura della donna è associata esclusivamente al ruolo del caregiver, riservando all’uomo il compito del medico, del professore e del leader”. Condizionamenti che non permettono alle donne un avanzamento di carriera o il raggiungimento di ruoli di responsabilità nella sanità italiana, specialmente in quegli ambiti ritenuti ancora oggi ”maschili” come l’oncologia e la chirurgia.
“Altri Paesi – commenta Spolverato – hanno avviato politiche di genere più equilibrate ed efficaci nel breve termine, tanto da progredire più rapidamente dell’Italia“.
L’incontro con la sottosegretaria al ministero della Salute è stato un primo passo, come sottolinea Marina Garassino, verso una collaborazione proficua tra istituzioni e associazioni, che in questi giorni anche di fronte al presidente della Repubblica, hanno richiesto che si trovino soluzioni al gender balance in sanità e in ogni professione.
E adesso è il momento di agire.