Quattro cortometraggi e un dibattito per parlare di donne, diritti e libertà di scelta. “Visioni di genere” è una delle sezione del Terra di Tutti Film Festival che dal 6 all’11 ottobre a Bologna aprirà una finestra per parlare di diritti umani, lotte ambientali, conflitti, migrazioni con 30 film da 22 Paesi. Il Festival è alla sua quattordicesima edizione, organizzato da Cospe e WeWorld, e si snoda in una serie di eventi che avranno luogo in vari punti della città, ma anche in streaming, per poter accogliere più gente possibile nel rispetto delle norme anti-Covid.
Le pellicole verranno dunque proiettate in quattro sale della città: Vag61, Cinema Odeon, Cinema Tivoli e Cinema Lumiere, ma anche in streaming su una piattaforma dedicata. Avranno luogo poi talk e webinar, una performance sul cambiamento climatico
realizzata dall’artista Andreco e una camminata della memoria. Tra gli ospiti che andranno ad arricchire le giornate del Festival, ricordiamo Igiaba Scego, Elly Schlein, Sandro Veronesi, Maura Gancitano, Takoua Ben Mohamed.
In questo contesto si inserisce la sezione “Visioni di genere“ che il 6 ottobre vede in scaletta 2 corti e 3 lungometraggi firmati da registi italiani e internazionali, per un totale di 218 minuti di filmato. Il filo conduttore di questi film è la donna, con racconti di donne vittime di mutilazioni genitali e del sistema patriarcale ma anche esempi di emancipazione femminile. I film potranno essere visionati in streaming sulla piattaforma dedicata, mentre il 10 ottobre i due cortometraggi saranno proiettati accanto ad altri due corti per una serata partecipativa. Alle 20 al Cinema Lumière le registe Emanuela Zuccalà e Giulia Giapponesi presentano i loro lavori con un approfondimento insieme a Elena Caneva, operatrice per WeWorld del Centro Studi e del Dipartimento di Advocacy Partnership e Programmi in Italia ed Europa.
Emanuela Zuccalà, giornalista freelance, scrittrice e regista specializzata in diritti delle donne, presenta il suo corto dal titolo “La scuola nella foresta“, sul tema delle mutilazioni genitali femminili. In Liberia questa pratica è ancora diffusa, come iniziazione alla società segreta femminile “Sande”. Le “bush schools” del titolo, sono scuole in cui le ragazze passano un periodo che va da pochi mesi fino a tre anni, per imparare il rispetto degli anziani, i doveri di future mogli e madri, le danze e i canti, rimanendo totalmente analfabete. Il rito per accedervi, è la mutilazione genitale.
“Le scuole nella foresta, e dunque anche la mutilazione genitale femminile, sono legali in Liberia, uno degli unici cinque Paesi rimasti in Africa che non hanno ancora dichiarato reato questa crudele tradizione. Ho voluto raccontare questa storia terribile poiché da tempo indago le mutilazioni genitali femminili, in Africa e fra le comunità migranti in Europa, e la Liberia è un tassello fondamentale per comprendere quando queste pratiche siano tenacemente radicate in certe società patriarcali” spiega Zuccalà, aggiungendo poi: “Il mio viaggio in Liberia per realizzare il film è stato cupo, teso, scandito da resistenze, silenzi, minacce. È stato doloroso constatare quanto il tema della mutilazione genitale femminile, che in quasi tutta l’Africa è pubblicamente discusso e osteggiato dopo decenni di battaglie femministe, in Liberia sia ancora coperto da reticenze. Ma, oltre alle bambine intrappolate nelle “bush schools”, ho incontrato soprattutto le donne liberiane che si oppongono al potere della società segreta Sande, a rischio della loro stessa vita. E hanno bisogno di un forte sostegno internazionale che spinga il loro governo a cambiare rotta”.
L’altro corto italiano presentato in questa sezione è di Giulia Giapponesi, regista e montatrice bolognese. “Il fagotto” è il suo primo cortometraggio di finzione, e racconta una distopia che ha per tema la denatalità e le pressioni psicologiche e fisiche sulle donne che non hanno figli.
“Voci dal mondo invisibile” è il titolo del Film Festival di quest’anno. In Italia, sono molto spesso invisibili le donne vittime di violenza: 1 donna su 3 subisce violenza almeno una volta nella vita, ma non lo dice. Solo l’11% denuncia l’accaduto, di queste quasi il 40% non parla con nessuno di quello che ha subito, in tutta la sua vita. Sono invisibili i bambini che spesso – nel 65% dei casi – assistono alle violenze sulle loro mamme.
E invisibili sono le tante donne che subiscono nel mondo, dalle bambine – 650 milioni– costrette a matrimoni precoci, alle vittime di mutilazioni genitali. Con la sezione “Visioni di genere” in questo festival dedicato agli invisibili, WeWorld rinnova il suo impegno nell’offrire campagne di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne, la parità dei diritti e la promozione dell’empowerment femminile. Anche attraverso il cinema.