Preparare un bagaglio leggero, sapendo scegliere l’essenziale. Potrebbero sembrare le istruzioni di un viaggio ordinario, se non fosse che ad affrontarlo stavolta sia Myra Stals, 35enne olandese che dallo scorso 4 luglio è in viaggio per l’Italia sulla sua bici cargo. Myra vive in Italia da otto anni, è stata a Firenze e poi a Torino, ma la passione per la bici l’ha portata in giro per l’Europa già dal 2016, per ripartire poi verso i Balcani nel 2018. Sono state occasioni utili a comprendere quanto sia diffuso l’inquinamento da plastica, tanto da maturare l’idea di dover fare la propria parte.
Dopo una prima esperienza di “tour ecologico” nel 2019, quest’anno ha messo a punto il progetto Cycle2Recycle. Si tratta di un viaggio di 6500 chilometri da percorrere in 100 giorni, attraversando l’Italia da nord a sud. La scelta di muoversi unicamente su una bici cargo di circa 50 chili è funzionale a uno dei suoi obiettivi: nel cassone posto davanti al manubrio, infatti, deposita gli oggetti di plastica che incontra lungo il cammino, riponendoli poi nei giusti contenitori una volta a destinazione.
Il percorso segue le strade della Via Francigena (l’associazione ufficiale europea Aevf ha dato il patrocinio al progetto) e, dopo la partenza da Torino, adesso è in esplorazione nel sud Italia. Noi l’abbiamo incontrata a Fasano, città della Puglia. Il navigatore indica la via, ma il ritmo lo definiscono la strada e le persone incontrate nel tragitto. Ma anche quelle intercettate prima della partenza hanno fatto la differenza con il loro sostegno alla campagna di crowdfunding lanciata da Myra mesi fa per finanziare questa spedizione.
La sua esperienza è un esempio di turismo lento e sostenibile: deve contare sui tempi dettati dal respiro, e nel frattempo intervenire lì dove altri sono stati disattenti abbandonando rifiuti per strada. La straordinarietà dell’esperienza di Myra sta proprio in questo atto di connessione con l’ambiente, in un viaggio in solitaria che le sta rivelando la potenza dell’accoglienza, grazie alle dimostrazioni della gente incontrata nelle città raggiunte.
Myra ha inoltre attivato sin dalla partenza una raccolta fondi da devolvere interamente al Banco Alimentare per sostenere le famiglie colpite dall’emergenza coronavirus. Cycle2Recycle è quindi un’idea fondata su priorità sociali, capace di rafforzare anche il concetto che una donna possa viaggiare da sola, senza il timore di sentirsi inadeguata e insicura. È possibile seguire il percorso di Myra, leggendo sui social network il diario di bordo della giornata.
Myra, il tuo viaggio ha il sostegno dell’Associazione Europea delle Vie Francigene. Come è nata questa collaborazione?
Quando ho iniziato a sviluppare questa idea avevo in mente di fare un viaggio per l’Italia e sono sempre stata affascinata dai segnali della Via Francigena sparsi per le strade da nord a sud. Ho pensato quindi che questo sarebbe stato un percorso familiare e un’occasione per dimostrare la riuscita del cammino anche in bici, perché a oggi molti pellegrini scelgono di percorrerlo a piedi. Sono stata subito accolta con entusiasmo dal direttore di Aevf a Fidenza e, dopo aver condiviso il programma, è iniziata la nostra collaborazione.
Nel 2016 e nel 2018 avevi già intrapreso altri viaggi in giro per l’Europa in bicicletta. Cosa ti ha spinto a maturare questa formula di esplorazione?
Sono innamorata della bicicletta e, quando anni fa ho visto una mia amica impegnata in un viaggio di sei settimane in bici, mi ha stupito il ritmo della sua esperienza. Pedalare infatti ti costringe ad accettare di procedere lentamente. Non puoi lamentarti della strada in salita, devi piuttosto concentrarti sul respiro e sulle tue gambe. E così nel 2016 ho iniziato il mio primo viaggio di quattro mesi attraverso 18 Paesi europei, proseguendo poi con un tour dei Balcani nel 2018. In queste occasioni mi sono resa conto di quanto fosse insostenibile e diffuso l’inquinamento da plastica: è stata proprio questa la consapevolezza che ha innescato la scintilla per il mio progetto Cycle2Recycle.
Cycle2Recycle è un’iniziativa sostenibile e di solidarietà. Raccontaci come hai messo a punto il tuo programma.
Inizialmente avevo pensato a un altro itinerario, che escludesse persino l’Italia. L’emergenza Coronavirus ha cambiato i miei piani, ma ne sono felice perché esplorare questo Paese è sorprendente e avevo voglia di dimostrargli la mia gratitudine non soltanto attraverso la raccolta della plastica, ma anche con un aiuto concreto nei confronti delle persone colpite dal Covid. Ho così aperto una raccolta fondi che sarà interamente devoluta al Bando alimentare nazionale. Questo viaggio è stato poi possibile grazie ai sostenitori della campagna crowdfunding che ho lanciato mesi fa. Mi dicevano: “Myra, per noi si tratta di un jukebox, inseriamo i gettoni per farti pedalare il più possibile”. Io pedalo per loro.
Come avviene la raccolta della plastica e che uso fai di quello che recuperi?
Mi sono data delle regole per la raccolta, così da rendere il viaggio in bici più sicuro. Procedo con il recupero della plastica che trovo dal mio lato della strada, utilizzando una pinza. A fine giornata svuoto il cassone e metto la plastica negli appositi contenitori delle città raggiunte, facendomi aiutare dai cittadini che mi spiegano il tipo di raccolta rifiuti attivo nel loro comune. Sto conservando però i tappi delle bottigliette, perché ho intenzione di realizzare una nuova componente per la mia bici cargo con l’aiuto di Precious Plastic Torino che permette a tutti, attraverso dei tools semplicissimi, di poter riciclare la plastica direttamente a casa.
Hai in mente nuovi progetti al tuo rientro a Torino?
Al mio ritorno a Torino mi piacerebbe proporre un’iniziativa già attiva in Germania circa il consumo della plastica. Si tratta del Pfandsystem (Vuoto a rendere): quando si compra una bibita in bottiglia, oltre al prezzo d’acquisto si paga il pfand, cauzione che varia dagli 8 ai 25 centesimi e che viene restituita al momento di consegna del solo contenitore. Oltre ad avere un impatto positivo sull’ambiente, stimola anche il consumatore ad adottare un comportamento rispettoso. Se io posso fare un giro dell’Italia in bicicletta come atto di salvaguardia dell’ambiente, gli altri possono impegnarsi in iniziative più semplici, a cominciare dal migliorare il proprio stile di vita e prestare più attenzione alla raccolta differenziata.
E per quanto riguarda gli incontri lungo il tragitto?
Lungo il percorso sto incontrando persone incredibili che mi stanno dimostrando quanto sia solida la cultura dell’accoglienza in Italia, ed è interessante anche vederne le diverse sfumature scendendo lungo la penisola. Il loro sostegno per me è fondamentale sia come stimolo per affrontare il viaggio, che come antidoto alle critiche che inevitabilmente mi stanno piombando addosso. Ma ho imparato a rispondere a tutti quelli che mi dicono che non posso pensare di salvare il mondo con un viaggio in bicicletta, che io sto facendo la mia parte anche per intervenire lì dove il loro pessimismo fa credere che non possa cambiare niente. Se riuscirò a sensibilizzare anche solo una persona, io avrò vinto.
Come stai gestendo le tue emozioni e l’occorrente utile in 100 giorni lontana da casa?
Questo viaggio non è facile, ci sono giorni in cui mi domando se riuscirò a terminarlo. Non è facile gestire il tempo da soli con sé stessi e le risorse a disposizione. Si tratta di una sfida di adattamento che si sviluppa su più fronti. La bici è la mia casa. Porto con me il kit per riparare un’eventuale foratura, uno di primo soccorso e un navigatore da viaggio. Nella mia valigia itinerante conservo anche prodotti sostenibili per la mia beauty routine: utilizzo infatti shampoo e sapone solidi, spazzolini di bambù, dentifricio in confezione di vetro, kleenex in tessuto, borracce, sacchetti in cotone per la spesa e cotton fioc in bambù e cotone biologico. Sono piccole accortezze che permettono di fare la differenza, perché il mio impatto in termini di consumo della plastica è praticamente nullo.
Ti capita di confrontarti con i pregiudizi di chi considera questo viaggio una follia?
Questa mia esperienza serve proprio a dimostrare che una ragazza può viaggiare da sola, libera dai pregiudizi e dalle paure. Capisco che non sia facile e non nascondo che per strada il catcalling è ancora molto diffuso, però per me questa è un’occasione per provare quanto sia necessario prendersi la propria libertà. Non si può vivere in un mondo chiuso.