#Wombstories, meraviglie e abissi del corpo delle donne

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Il piacere, il dolore, l’amore, l’odio. Non è mai semplice”. Si chiude con questa frase il filmato dell’azienda inglese Bodyform che lancia il tema delle “storie di utero” (#wombstories): storie tutte femminili, terribilmente naturali e comuni eppure mai viste, mai viste così.

Con un avvincente mix di musica perfetta (“Priestess” di Pumarosa), e di immagini reali e immaginarie di quel che avviene dentro e fuori le donne ogni giorno in ogni parte del mondo, il filmato fa vedere, sentire, toccare tutti gli aspetti del nostro essere creature doloranti, desiderose, spaventate, benedette e condannate, fertili e infertili, sempre di fronte a delle scelte, sempre piene di fisicità invadente, sia nella presenza che nell’assenza.

Dalla prima goccia di sangue che tradizionalmente ci imbarazza e ci rende oggetto di scherno da parte dei coetanei, al dolore che ci segue per oltre 40 anni, a volte anche in modo patologico, alla voglia di figli che non arrivano, all’ansia per quelli che invece potrebbero arrivare non voluti, al dolore che comporta qualunque scelta perché avviene letteralmente dentro alla nostra pelle: non è mai semplice essere donne eppure se ne parla poco, troppo poco.

Le immagini del video – un video bellissimo, ogni fotogramma è una storia coraggiosa, senza mezzi termini, oltraggiosa, vera – mescolano la realtà all’arte, necessaria per rappresentare quel che avviene dentro le donne: dal mostro che graffia alla plancia di comando che ricorda il cartone animato Inside Out alla bambina che coltiva il sogno di nascere. Sono solo tre minuti, ma i temi scottanti sono tutti lì:

  • la prima mestruazione, dalla ricerca Bodyform emerge che il 48% delle donne si sono sentite imbarazzate, il 30% sole e il 41% hanno avuto paura di essere “scoperte”
  • il ciclo ogni mese: il 50% delle donne nasconde gli assorbenti sul posto di lavoro, il 41% è preoccupata di apparire invadente se parla di cose normali e quotidiane come delle perdite o un flusso improvviso;
  • la menopausa, di cui il 41% delle donne non parla per paura di essere etichettata come “vecchia”;
  • il non voler avere figli: il 44% delle donne che fanno questa scelta sente che le persone vorrebbero fargli cambiare idea, il 48% si sente giudicata dalla società, il 40% si sente incompresa;
  • i trattamenti per l’infertilità, che il 42% delle persone nasconde;
  • quando avviene un aborto, e il 39% delle donne sente di non poter piangere apertamente, mentre quasi la metà sente che le persone intorno a loro evitano l’argomento;
  • l’endometriosi, che colpisce una donna su 10 nel mondo: un dolore fortissimo di cui il 53% si imbarazza a parlare e che il 52% cerca di mantenere completamente segreto.

Sono comuni, frequenti, fatti quotidiani nella vita delle donne, di tutte le donne. Eppure se ne parla poco, parzialmente, sottovoce. Il nostro corpo sembra essere vittima del “pericolo della storia unica” di cui parla l’autrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie nel suo TED:

Un oggetto sovraesposto, ma in modo parziale e solo da alcune narrazioni che lo vogliono bello, lucido, tonico, giovane o, in alternativa, “da riparare”. Poco più che un guscio.

Mancano alla narrazione le voci di tutte le donne che i propri corpi li vivono quotidianamente nella loro complessità: macchine meravigliose e difficili, che si trasformano di giorno in giorno senza corrispondere mai a nessun modello ideale. La distanza tra ciò che dovrebbe essere e ciò che invece realmente è, è misurata dall’assenza delle nostre vere storie: “storie di utero” che ci mostrano imperfette, goffe, sofferenti, gioiose, in continuo cambiamento dentro a dei corpi che, come vascelli che nessun altro governa, ci danno la possibilità di essere noi. Non è mai semplice, è vero, ma non per questo dobbiamo rinunciare a raccontarlo.

  • Barbara Gabbrielli |

    Bello, peccato che la menopausa venga rappresentata in maniera così grottesca. Forse dobbiamo fare ancora tanta strada

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