Roberto Zanda, le sfide dell’ultra-maratoneta dopo l’incidente

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In Sardegna lo chiamano “Massiccione”, nomignolo guadagnato dopo la traversata del 2002 di 250 km nel deserto. Un’impresa compiuta senza particolare attrezzatura tecnica, con uno zaino troppo pesante, ben 25 kg.

img-20171106-wa0016Roberto Zanda è nato in un quartiere della periferia cagliaritana, conosciuto per droga e delinquenza. Cresciuto in una famiglia di 9 figli, con un papà violento, per decisione della mamma si trova da un certo momento in poi in collegio. Qui Roberto impara a stare da solo, anche se ogni mese spera di incontrare la mamma assieme agli altri genitori. Finché decide di intraprendere la sua prima vera avventura: “Mia mamma era a Cagliari e pensai di scappare di notte per raggiungerla, camminando per 100 km. Nella notte una coppia di anziani mi trovò addormentato sul ciglio di una strada e mi riportò in collegio”.

img-20170901-wa0003Successivamente Roberto entrò nei paracadutisti della Folgore e si mise a viaggiare per il mondo, scoprendo la bellezza delle altre culture, del confronto e, soprattutto, dello sport.

Lo sport ha significato per lui la rivalsa dalla povertà e dalla fame, ma anche la ricerca di se stesso e di una famiglia. Roberto Zanda ha cominciato con il nuoto, il triathlon, per arrivare alle ultra-maratone. Con il suo lavoro di istruttore e qualche sponsor affascinato dalle sue imprese da sportivo dilettante, è riuscito a realizzare i suoi desideri, attraversando i deserti dei 5 continenti. Particolarmente intensa la traversata del deserto del Niger, di cui lui ricorda:

“Mi trovai a percorrere i 690 km di tracciato del sale, questa volta con le attrezzature tecnologiche adatte, e a trascorrere le notti sotto un tetto di stelle, facendo quella fatica che mi faceva star bene e trovando la  famiglia in me stesso: io ero mio padre, mia madre e mio fratello. Sotto quel cielo di stelle e attorno a me, i Tuareg compivano la stessa traversata per andare a vendere il sale”.

img-20170901-wa0000Erroneamente si pensa che il desiderio di compiere certe imprese sia solo la conseguenza di un folle desiderio di superare i propri limiti. Non si può negare che ci sia anche questo aspetto, ma non è quello fondamentale: per Roberto c’è soprattutto il piacere di fare fatica e di provare quelle sensazioni di pace e serenità che gli procura la solitudine immerso nella natura, con gli animali, l’aurora boreale, le stelle. La solitudine insegna a meditare e a essere fortemente consapevole di quanto ci circonda: il vento, il sole, la pioggia, la sabbia sotto i piedi.

Qualche anno fa Roberto ha trovato la famiglia che cercava durante le sue imprese in sua moglie Giovanna Caria, di cui lui dice che è stata “il recinto per il mio essere lupo. Insieme abbiamo cambiato i nostri obiettivi” , perché ad un anno dal matrimonio, Roberto ha avuto un incidente grave che ne ha cambiato il corpo ma non lo spirito.

img-20180207-wa0076Il 6 febbraio 2018, durante un’attraversata di 500 km del territorio dello Yukon (Canada), ho perso il tracciato dopo aver percorso 300 km a 50 gradi sotto zero. Sotto l’effetto di allucinazioni ho provato a raggiungere abitazioni immaginarie e non riuscendo più a uscire dal labirinto di foresta che mi circondava, ho vagato al suo interno dalle 22 fino alle 14 del giorno dopo senza l’equipaggiamento necessario per evitare l’assideramento. Il kit era alloggiato nella slitta siberiana trainata e abbandonata sul tracciato di gara ma impossibile da aprire, visto che la cerniera della stessa era completamente congelata dalle temperature estreme”.

Questa impresa estrema gli è costata  l’amputazione di mani e piedi. Giovanna Caria è piena di orgoglio nel raccontare la storia del marito, che non si è fatto abbattere dalle conseguenze dell’incidente e dalla disabilità che l’ha colpito:

img-20200716-wa0016Roberto dopo l’incidente non è cambiato, l’animo dello sportivo è rimasto e nonostante la più che evidente disabilità che lo ha messo a dura prova anche psicologicamente, ha ripreso l’attività sportiva trovando e sperimentando una nuova dimensione nel nuoto in acque libere”.

L’ultra-maratoneta ha preso atto del suo nuovo corpo e ha cambiato i suoi obiettivi: nuota tutti i giorni 4000 mt in acqua e ha costruito una casa nuova con Giovanna. Il suo sogno, se il destino gli sarà amico, sarà ripercorrere il deserto, per riprovare la famosa fatica che lo fa stare in armonia con sé stesso.

img-20200716-wa0011Ogni tanto Roberto Zanda va a parlare nelle carceri sarde, presentando il suo libro: ‘La vita oltre. Una storia vera di coraggio e rinascita’. Negli occhi di chi lo ascolta riconosce il  ragazzo che è stato, il disagio del suo quartiere: “Non è importante e non tutti riusciamo ad arrivare sul podio, bisogna arrivare al traguardo, ognuno con i propri tempi, un passo alla volta, godendosi la fatica, senza  scorciatoie. Chi bara rischia di fare scelte sbagliate.”

Con voce orgogliosa, Massiccione racconta ad Alley Oop: “Sono diverso, il mio corpo è diverso, ma dentro di me c’è sempre un bambino che vuol percorrere quei 100 km per raggiungere a piedi la madre”.

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  • Silvana Foligno |

    Un uomo che è riuscito ad incanalare una grandissima sofferenza in energia positiva, non tutti sono capaci, gli mando un grande abbraccio.

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