Un pacchetto di proposte per andare oltre un sistema diventato insostenibile perché continua a escludere le donne, crea profonde diseguaglianze, non garantisce benessere per tutti, con la conseguente perdita in termini di prodotto interno lordo. Una serie di proposte per ripartire nel post pandemia, dopo i mesi di lockdown che hanno pesato molto soprattutto sulle donne. Parliamo delle “Proposte femministe a 25 anni da Pechino”, elaborate da un ampio gruppo di rappresentanti di associazioni e organizzazioni della società civile, coordinato da D.i.Re-Donne in rete contro la violenza.
Il richiamo è alle aree critiche identificate 25 anni fa a Pechino dalle Nazioni Unite. “L’investimento sulle donne potrebbe, secondo alcune stime dello stesso ministero del Lavoro, generare un incremento di 1 o 1,5 punti percentuali del Pil”, ha detto Elena Biaggioni, avvocata penalista del Coordinamento donne di Trento e referente del gruppo avvocate di D.i.Re che ha invitato “a fare del Position Paper uno strumento di lavoro capace di unire, creare alleanze, sviluppare azioni concrete di dialogo con le istituzioni, come le organizzazioni delle donne e della società civile hanno dimostrato di saper fare. Perché la discriminazione è un doppio danno, per le donne e per la società”.
La marginalizzazione delle donne è diventata ormai insostenibile, “dopo che nei primi sei mesi di quest’anno le donne hanno retto praticamente questo Paese”, ha detto Antonella Veltri, presidente di D.i.Re-Donne in rete contro la violenza. Le 68 esperte hanno organizzato le proposte seguendo le sette aree critiche identificate 25 anni fa: sviluppo inclusivo, crescita condivisa e lavoro dignitoso; povertà, protezione sociale e servizi sociali; violenza maschile contro le donne; partecipazione accountability e istituzioni gender-responsive; società pacifiche e inclusive; protezione, conservazione e rigenerazione dell’ambiente; istituzioni e meccanismi per l’uguaglianza di genere.
“25 anni fa, in occasione della IV Conferenza mondiale sulle donne di Pechino, è stata lanciata al mondo – ha proseguito Veltri – la promessa di uguaglianza con una chiara indicazione di quali fossero i diritti delle donne da realizzare. Oggi con il Position Paper vogliamo ribadire con totale chiarezza e autorevolezza che senza le donne il sistema fallisce”.
“Prima della pandemia il mondo era diventato molto più ricco, ma molto più iniquo di quanto non lo fosse stato dalla Seconda Guerra mondiale in poi”, ha ricordato Daniela Colombo, economista dello sviluppo di Effe Rivista femminista, introducendo il contesto in cui è nato il Position Paper. “In una ventina di anni una ricchezza enorme – ha spiegato – si è concentrata nella mani di pochissimi soggetti, e in una cornice di iper-liberismo sfrenato sono mutate le relazioni di potere negli Stati e tra gli Stati con un effetto particolarmente negativo sul godimento dei diritti umani e sull’ambiente”.
Giovanna Badalassi, economista di Ladynomics, ha rilanciato il bilancio di genere, uno strumento fondamentale in questo momento in cui l’Italia dovrà decidere gli aiuti dall’Europa: “un’occasione che non può essere mancata dopo 20 anni di sperimentazioni a livello di amministrazioni pubbliche, imprese e università”.
Dopo mesi di smart working e lavoro di cura non pagato delle donne che ha consentito la gestione di tre mesi di lockdown, un tema centrale è quello dell’occupazione femminile, “che si realizza se si interviene su una molteplicità di livelli che solo se combinati possono avere un impatto significativo a cominciare – ha spiegato Stefania Pizzonia, presidente di LeNove, – da un sistema territoriale di servizi per la cura dell’infanzia e delle altre persone dipendenti”.