Durante la scorsa settimana si è celebrata nel mondo la Mental Health Awareness Week, ovvero la settimana della consapevolezza dedicata alla salute mentale. Attraverso vari eventi, incontri virtuali, dirette, si è dedicato uno spazio importante a indagare le relazioni, l’educazione alle emozioni, i segnali più o meno latenti di disagio che possono manifestarsi in noi o nelle persone che ci stanno vicine.
C’è un momento particolare nelle nostre vite in cui possiamo trovarci ad attraversare un cambiamento così spiazzante e prepotente che diventa fondamentale saper riconoscere quei segnali di disagio e intervenire tempestivamente. È il momento in cui si diventa genitori, che molto spesso (più di quanto si vorrebbe) può avere dei risvolti drammatici. Non solo per quelle pratiche che vengono definite di “violenza ostetrica”, difficilmente delineabili e controllabili con una legge. Ma anche per quelle situazioni che non vengono mai veramente affrontate, spinte a forza dentro a un campo semantico in cui il “naturale”, il “normale”, il “sono cose che capitano”, si schiantano duramente contro un malessere altrettanto naturale e normale ma mai dichiarato con la stessa convinzione.
Il lutto perinatale, per dirne una, la più difficile forse.
L’aborto spontaneo è un evento che colpisce circa una donna in gravidanza su cinque. Secondo i dati ISTAT, nel nostro paese avvengono circa 70.000 casi di aborti spontanei l’anno, dal 15% al 30% delle gravidanze. Forse proprio l’alta frequenza dell’evento ha portato nel tempo a vedere il fenomeno come un non-fenomeno, una cosa che capita, può capitare, con l’aggravante che non viene nemmeno considerato un vero lutto.
Quali siano invece le conseguenze di un lutto perinatale, lo sa bene chi lavora accanto alle mamme, chi dedica la propria professionalità alla cura dei genitori. Claudia Ravaldi, psichiatra e psicoterapeuta, è una delle fondatrici delle Associazioni CiaoLapo e MaterMundi, due punti di riferimento nel campo della psicologia perinatale. Ravaldi ha un’esperienza di lavoro ventennale con le madri e con i genitori, e si occupa di approfondimento sulle diverse declinazioni della maternità, della salute perinatale, del materno e delle risorse utili alla promozione del benessere bio-psico-sociale delle donne nel loro divenire madri e degli uomini nel loro divenire padri.
Per tutto il mese di maggio, Ravaldi ha seguito e curato il festival Matritudini, che nel corso di 11 appuntamenti, sta affrontando e promuovendo la consapvolezza riguardo al tema della salute mentale materna e al benessere perinatale. Racconta ad Alley Oop: “Nel nostro lavoro non ci rivogliamo solo ed esclusivamente alle donne. Riteniamo importante ripescare il materno laddove è presente, non necessariamente nella donna e madre, ma nelle risorse sociali, familiari e di rete, perchè chiunque sta accanto alla madre può essere d’aiuto o d’ostacolo”.
Il Festival ha dunque lo scopo di portare alla luce le diverse sfaccettature del materno, soffermandosi in particolare sugli aspetti che possono incidere sulla salute psicofisica delle neomadri: gli stereotipi, le idealizzazioni, le molteplici pressioni a cui le donne oggi sono sottoposte quando intraprendono il percorso della maternità, il senso di solitudine e abbandono post-parto, le gravidanze a rischio o con esiti infausti, le difficoltà legate al diventare genitori, che vanno a minare spesso la relazione di coppia rendendo i genitori antagonisti anzichè compagni di squadra.
Continua Ravaldi: “C’è una resistenza condivisa rispetto all’occuparsi dei temi che riguardano i passaggi di stato madre-nonmadre-neomadre. Molte cose vengono date per scontate o proposte come ruoli idealizzati a cui è difficile aderire. Anche la narrativa social, da questo punto di vista, può essere fuorviante, perchè la persona che non si sa orientare può essere schiacciata dall’ipercompetenza irrealistica che traspare da molti profili social”. Il risultato è che il disagio psichico può venir vissuto persino come una colpa, e si finisce con l’aggravare il senso di inadeguatezza con tutto ciò che comporta.
Si parla spesso di depressione post-partum, anche se in pochi saprebbero realmente riconoscerne i segnali. Il fatto poi che i termini “depressione post-partum” siano diventati mainstream, non comporta più consapevolezza a riguardo, ma solo che si scivoli nuovamente nel terreno della normalità, e che la donna si senta dire “è normale, hai un po’ di depressione post-partum”. Va detto poi che ci sono anche altre tipologie di disagio, meno conosciute ma altrettanto invalidanti, che possono colpire la donna, l’uomo, la coppia, minando in ogni caso il benessere familiare. La soluzione, secondo Ravaldi è la consapevolezza: “L’educazione e la prevenzione vanno fatte offrendo strumenti alle persone, anche fuori target, anche agli anziani, agli operatori, affinchè possano riconoscere i segnali di disagio, e accompagnare verso l’intervento chi ne mostrasse”.
Lo scopo del festival Matritudini è di lavorare su questa consapevolezza, affrontando la maternità come tema psicologico, antropologico, sociale, letterario. I prossimi appuntamenti saranno: 27 Maggio, Il lutto perinatale: focus sulla coppia; 29 Maggio, Maternità e pandemia; 30 Maggio, Letteratura e rappresentazioni del materno.
“Matritudini” spiega Ravaldi, “fa rima con moltitudini, e non l’ho scelto a caso. Le mamme sono di centomila tipi e non devono essere tutti uguali”.