Siamo in una condizione di solitudine forzata in cui i limiti imposti alla nostra possibilità di dialogare e di confrontarci ci costringono a mutare le nostre abitudini, ad adattarci a una nuova condizione e ci pongono molte domande.
Mai come ora, forse, ci vorrebbe il Teatro. Perchè tra tutte le discipline, ha come condizione fondamentale quella di permettere alla società di ritrovare se stessa attraverso la forza della parola, dell’azione in scena e attraverso l’interazione tra attori e pubblico. Un’interazione “alchemica” che può portare a vere e proprie trasformazioni. Un linguaggio, quello del Teatro, che parla alla testa e all’anima, muove energie e coscienze.
Come scriveva Leo de Berardinis:
“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale,
ed il teatro è una grande forza civile,
il teatro toglie la vigliaccheria del vivere,
toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”.
Eppure, in questa emergenza nazionale, si parla molto della chiusura delle scuole, delle università, dei musei, delle palestre, e poco della chiusura dei teatri. Forse credendo erroneamente che coinvolga solo un’elite ristretta, oppure ritenendo l’arte del Teatro superflua rispetto ad altri segmenti del tessuto economico e sociale, considerati prioritari rispetto al benessere della mente e dell’anima.
C’è così il rischio concreto di dare il cosiddetto colpo di grazia al sistema dello spettacolo dal vivo, la cui esistenza era già minata dalla costante precarietà e dall’assenza di un adeguato sistema di welfare. Questo vale per le principali Compagnie del Teatro di Ricerca, tra cui il Teatro delle Albe, la Compagnia Vetrano Randisi e la Compagnia Le Belle Bandiere di Elena Bucci e Marco Sgrosso, che hanno avuto repliche sospese e anche l’impossibilità di accedere ai teatri per le prove delle nuove produzioni; per le piccole Compagnie (con il loro sforzo quotidiano spesso al limite della sopravvivenza e ora private di quelle poche date nei circuiti alternativi), ma anche per le Compagnie più grandi.
Alessandro Gassmann ha parole molto lucide:
“Anche io ho avuto uno spettacolo sospeso, ”Fronte del porto” prodotto dal teatro Bellini di Napoli: 18 persone a casa, 18 famiglie senza introiti, come sta succedendo un po’ a tutti i lavoratori di questo Paese. Penso sia stata una decisione fondamentale e importante. Solo facendo tutti il nostro dovere ora, riusciremo a frenare il contagio e a uscire da questa situazione. Insieme ad altri (tra cui Mario Martone, Gabriele Salvatores, Gigi Proietti) ho firmato un appello inviato a Giuseppe Conte perché sostenga i lavoratori dello spettacolo dal vivo, categoria con poche garanzie, senza cassa integrazione e che sopravvive da sempre unicamente con il proprio lavoro. Pochi, fuori dal mondo teatrale, sanno quanto sia dura la vita per attori e tecnici, quanto le paghe siano basse, e la sopravvivenza sempre incerta, anche in periodi normali.”
Produttori, circuiti teatrali, operatori sono così in prima linea, costantemente in contatto online tra di loro e con il Ministero per trovare insieme un’ancora di salvataggio.
Ce ne parla Federica Vincenti, produttore di Goldenart Production, che ha subìto la sospensione di oltre settanta date tra “Morte di un commesso viaggiatore” con Alvia Reale e Alessandro Haber e “il Nodo”, con Ambra Angiolini, annullato subito dopo la prima. E sarà difficile recuperare le repliche cancellate poiché, spiega Vincenti, “una tournèe è fatta di minuziose pianificazioni, per cui inserire nella stagione 2020-21 le date perse sarà davvero difficile”.
Al di là degli incastri, della riorganizzazione, delle tutele c’è inoltre il problema di risarcire gli spettatori dei biglietti inutilizzati, e a questo proposito si sta diffondendo in rete la campagna solidale lanciata da Manifatture Teatrali Milanesi, “Mi lasci il tuo biglietto?”, che chiede agli spettatori di rinunciare al rimborso lasciando l’equivalente di quanto speso al teatro o al cinema in questione, per permettere ai lavoratori dello spettacolo di affrontare l’emergenza.
Molto da fare, dunque, e molto su cui riflettere in questo periodo di sale vuote.
Alessandro Berdini, direttore artistico di ATCL (l’Associazione Teatrale tra i Comuni del Lazio) ha appena chiuso 40 teatri: parla di “rovine tangibili e intangibili con cui convivere” ma ci ricorda anche come proprio la ricostruzione materiale, civile e morale del nostro Paese nel secondo dopoguerra abbia avuto tra i suoi emblemi la nascita del Piccolo di Milano. Racconta ad Alley Oop: “La chiusura dei teatri ci fa capire quanto sia importante per tutti noi questo infinito dialogo che da oltre 2000 anni è stato produttivo per la crescita, per trovare soluzioni a drammi individuali e sociali, per combattere l’odio, le guerre e l’indifferenza, trovando spesso la giusta forza della connessione collettiva nei momenti critici e disperati“.
“Una spiritualità necessaria all’uomo”, per dirla con le parole di Michele Placido, che, del Teatro, ricorda l’origine religiosa: “Tra qualche tempo rifletteremo su ciò che ora ci sta accadendo, sulle responsabilità, anche. E sarà fondamentale, allora, avere lo sguardo di persone che hanno un’alta spiritualità e che possano illuminarci su quanto ci è accaduto. I grandi autori, i poeti, sono loro che da sempre ci hanno dato spunti sul senso della vita. Il Teatro è il luogo per una riflessione alta e profonda: ecco la sua necessità”.
Non solo. Continua a raccontare: “Personalmente, quando mi hanno chiesto in radio un commento su quanto sta accadendo io ho risposto interpretando una poesia, cercando cioè di trasmettere un’emozione. Il teatro trasmette concetti ed emozioni, e in questo momento così difficile abbiamo bisogno di emozionarci con qualcosa di bello e di potente. E forse dopo questa esperienza i nostri figli, i nostri nipoti, avranno un futuro migliore”.
Nel frattempo, però, i sipari sono chiusi ed è davvero molto difficile stabilire continuità nella relazione tra gli artisti e gli spettatori. Paola Quattrini, costretta a fermare le repliche di “Se devi dire una bugia dilla grossa” con 11 attori in scena, racconta ad Alley Oop: “Io all’inizio, nell’incoscienza, avrei continuato anche perché so che avrei regalato due ore di spensieratezza alle persone che sarebbero venute a vederci. Poi la paura. E non c’è niente di peggio della paura. Condiziona la tua testa, i tuoi pensieri. Non riesci neppure a studiare. Non riesco neppure a concentrarmi sul nuovo copione da preparare.. Vedo il Teatro, per la prima volta nella mia vita, in pericolo. In questa forma di spettacolo il trasferimento emotivo dall’attore allo spettatore raggiunge vette di intensità e di coinvolgimento che a nessun’altra arte è permessa, con unica eccezione forse per l’Opera. Per questo motivo nessun attore di teatro lo lascia mai del tutto, e lo porta sempre nel cuore. Ed è per questo che il teatro non potrà mai morire”.
Ma con i sipari chiusi, come si può mantenere vivo il legame con gli spettatori? Per dirla con una frase di Andrée Ruth Shammah, anima del Franco Parenti di Milano e della scena teatrale nazionale: “Mi chiedo, come raccontano le mamme ai loro bambini il virus? Qual è la favola adatta per aiutare a capire? Ci fosse il teatro…”
E così, ogni forma, anche quella più innovativa, può essere presa in considerazione per mantenere accesa la fiamma. Sempre Alessandro Berdini chiede a tutti di “Esercitare una necessaria flessibilità mentale al fine di metterci nei panni dell’altro e mettere in movimento un’autoregolazione necessaria per produrre le risposte appropriate”. Propone flessibilità ed autoregolazione, quindi, per poter trovare nuovi modi e nuove strade, anche molto diverse tra loro.
Oliviero Ponte di Pino, critico, ideatore di festival, autore di libri e grande conoscitore del panorama teatrale, che monitora attraverso gli appuntamenti fissi delle sue “Buone Pratiche”, ci racconta alcune delle molteplici iniziative che via via stanno prendendo corpo in tutta la penisola. Ad esempio, insieme a Federica Fracassi è nato “Ilbelcontagio”, che spiega così: “Siamo di fronte a due contagi: uno cattivo, il Coronavirus, e uno buono: la cultura. Proviamo allora a contagiare le persone con cose belle, attivando una sorta di virus culturale. Partendo dalla frase “Il mio bel contagio è..” chiunque può inviare un breve video in cui leggere o interpretare un brano del proprio libro, autore o spettacolo preferito, lanciare un sogno, un’idea, un progetto culturale, cantare una canzone, in pratica tutto ciò che per una persona rappresenta Il bel contagio”.
Un’altra iniziativa che ha avuto risonanza si è svolta dalle 18.00 di martedì 10 marzo, per 24 ore non stop: si tratta della maratona streaming promossa da Ert (Emilia Romagna Teatro Fondazione) sui propri canali social con la lettura integrale de La coscienza di Zeno di Italo Svevo da parte degli attori della Compagnia permanente di ERT Fondazione, e a breve seguiranno altre iniziative simili.
Si aggiungano a questo elenco virtuoso:
- Daniele Timpano, che su Facebook ha creato la rassegna video #indifferita, coinvolgendo artisti meno conosciuti al grande pubblico ma di indiscusso valore;
- Elisabetta Pozzi, che ha deciso di contrastare l’isolamento con micro-dirette, offrendo alcuni passaggi recitati di Cassandra, il testo su cui stava lavorando;
- Corrado d’Elia e Sergio Mainfredi, che hanno ideato Racconti in tempo di peste, una vera e propria stagione web per fruire di inedite proposte culturali, realizzate appositamente per questa iniziativa, definita da loro “Un dono per il presente ed un viatico per il futuro”.
Altre sale hanno scelto di utilizzare lo streaming, facendo recitare lo spettacolo in cartellone a porte chiuse e trasmettendolo online. “Noi siamo un servizio” afferma Pamela Villoresi, “certo non come i medici e il personale paramedico, che stanno facendo un lavoro meraviglioso, ma, da artisti, possiamo raggiungere le case e portare spunti di riflessione, dare un aiuto agli studenti nella comprensione di un testo, possiamo aiutare le persone a ritrovare una sensazione di “normalità”. Ed è quello che stiamo facendo come Teatro Biondo, mandando spettacoli on line che avevamo già registrato e creando una sorta di biblioteca virtuale, di paniere da cui ognuno possa attingere. Solo nei primi tre giorni “Viva la vida”, lo spettacolo che abbiamo dovuto interrompere, ha avuto 15000 visualizzazioni!”.
E forse la figura di Frida Khalo è stata recepita così intensamente dagli spettatori proprio perché la grande pittrice ha saputo fare del suo disagio fisico un’occasione: costretta a letto per mesi con il busto ingessato dopo un terribile incidente e una serie di operazioni, iniziò a ritrarre sé stessa creando una nuova visione del corpo femminile e aprendosi a una nuova fase del suo percorso.
C’è chi invece, come il regista Roberto Latini, propone il silenzio, per dare spazio a una riflessione più intima, dentro ognuno di noi; un silenzio da cui emergere, poi, più forti e più efficaci di prima: “Non penso ai teatri chiusi. Li sento aperti nel pensiero dei tanti che si portano quotidianamente a un silenzio collettivo. Io sospenderei tutto, davvero, cercherei di viverlo, questo tempo, come un’occasione, la più importante da decenni, forse. Sarebbe magari il momento di rifondare tutto. Rifondare! Non si tratta di resistere, ma di ri-esistere”.
Con una pausa di silenzio o con iniziative a piena voce, il punto è solo uno: esserci.
E allora forse, quando l’emergenza sanitaria sarà superata, quando tutto questo ce lo saremo lasciato alle spalle, avremo voglia di sederci tutti insieme intorno a un tavolo, artisti, operatori e cittadini, e delineare non solo nuove strategie ma una “nuova visione” che riconosca -e questa volta pienamente e definitivamente- il grande ruolo culturale, etico, sociale ed economico del Teatro oggi nel nostro Paese.
Ma adesso vien da chiedersi, come nella notte oscura del secondo atto di Macbeth: “A che punto è la notte?”