#nonseisola non è solo uno slogan.
Racconta anche la storia di Maria Canale, una professoressa di lettere, nata a Palermo, ma vissuta per lavoro a Verbania, con un’esperienza di insegnamento in città europee come Rovaniemi, Budapest, Praga, Berlino, Siviglia, Sarajevo.
Nel 2020 si contano 14 femminicidi. “E’ ora di fissare un piano nazionale che parta dall’educazione nelle scuole e arrivi alle forze dell’ordine” commentava Alley Oop in un post su Facebook del 1 febbraio in risposta a Lucilla Vazza, che ricordava le sei donne uccise dai loro uomini in una settimana. In quel momento mi è venuta in mente la prof, una donna sensibile che conobbi mesi fa a Venezia, e che avevo percepito avesse colto nell’arte un modo per raccontare le donne ai più giovani.
Per un motivo passionale legato al centenario della Grande Guerra, per l’ indifferenza verso i manuali scolastici, per avvicinare studenti e pubblico a tematiche femminili, due anni fa è nata la mostra “Il ruolo delle donne durante la Grande Guerra”, curata da Maria Canale nell’ambito del Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
“Ho notato l’assenza delle donne nei manuali scolastici” racconta Maria Canale ad Alley Oop, proseguendo: “Alcuni libri hanno cercato di colmare il vuoto parlando del lavoro nella Grande Guerra, spiegando di come le donne abbiano sostituito gli uomini, ma non c’era solo il lavoro. C’erano ‘cose’ che si chiamavano istruzione, cultura, medicina, salute, rispetto, diritti, riconoscimenti che non esistevano nei libri”.
Anche nei manuali migliori, le donne non erano presenti. “Credo sia gravissimo assistere a questi soprusi” confida Maria Canale, non riuscendo a trattenere il suo pensiero su gli ultimi femminicidi “che diventano differenza, violenza, inadeguatezza ormai indipendente dalle classi sociali, ma ai margini di violenze quotidiane. Si citano generali, capi di stato, di governo, imperatori, soldati semplici. Ma quando gli uomini sono partiti per la guerra, i fanti e i contadini sono stati sostituiti dalle loro madri, mogli, figlie, che hanno fatto le postine, i ferrotranvieri, hanno occupato gli alberghi, gli ospedali, hanno fatto le giornaliste“.
La mostra è itinerante, è stata esposta in diverse città italiane ed è ancora molto richiesta. Si compone di 50 pannelli curati dalla professoressa Canale, e spiega l’importante apporto dato dalle donne durante la prima Guerra Mondiale nei più disparati incarichi, sia al fronte che nelle retrovie. Con questo lavoro la prof. vuole fare conoscere le loro azioni significative attraverso visi e foto sbiadite in bianco e nero. “Ho scoperto donne straordinarie, che in un periodo complesso e difficile hanno compiuto grandi azioni esemplari“.
La mostra inizia dalla sessione dedicata a “Le donne tra pacifismo e interventismo”, nel momento del passaggio dalla crisi del movimento pacifista femminile all’accettazione della guerra come categoria di nazionalità. Si parla della poetessa russa Anna Achmatova, di Teresa Labriola, prima donna laureata in giurisprudenza all’Università di Roma, le giornaliste Flavia Steno e Anna Kuliscioff, Angelica Balabanoff, una figura che ha conosciuto uomini come Mussolini e Lenin.
E poi Sibilla Aleramo e Matilde Serao (prima giornalista a dirigere il quotidiano “Il Giorno”), Anna Franchi, Anna Maria Mozzoni, e altre donne che si sono battute per il loro diritto allo studio. Si prosegue con una parte dedicata alle “Donne Soldato”, alla Rivoluzione di Ottobre con Rosa Luxemburg e Clara Eissner Zetkin, fino al genocidio dei cristiani armeni raccontato da Antonia Arslan.
La nascita della Croce Rossa Internazionale e di quella italiana sono narrate nella sezione “associazionismo e volontariato”, che evidenzia l’importanza delle donne medico nel periodo bellico, barriera prima preclusa ai lavori femminili. Elena d’Orleans, duchessa d’Aosta, fu Ispettrice Generale delle infermiere volontarie della Croce Rossa, e coordinò circa 8000 crocerossine. L’inversione dei ruoli è descritta anche nella sezione “Donne e lavoro”, rappresentata da ritratti di donne in guerra come Nellie Bly, Grazia Deledda, Marie Curie, la maestra Ada Negri, le donne postino, le donne contadine, le tranviere, fino alle protagoniste della moda e propaganda da Coco Chanel a Mata Hari ed Eleonora Duse.
Ma c’è anche una parte dedicata al ruolo delle donne nello sport lungo la storia. Parte del materiale riguarda le operaie delle fabbriche che per la prima volta giocano in pubblico a calcio per sostituire gli uomini impegnati al fronte.
“Ho dedicato un pannello che racconta come durante la prima guerra mondiale nella pausa pranzo alcune operaie giocavano a calcio con la divisa, sfidando l’ opinione pubblica di allora” dice Maria Canale ad Alley Oop, aggiungendo: “già era impensabile che lavorassero in fabbrica e sostituissero gli uomini, ma addirittura che si dedicassero allo sport e quindi al calcio, era completamente fuori dalla visione della donna del tempo”.
Il lavoro in fabbrica portò all’interno di una di queste strutture, la Dick Kerr, fabbrica di munizioni che sorgeva a Preston, una squadra femminile di calcio, chiamata “Signore del Kerr”. Il successo e l’entusiasmo scatenato da queste gare portò alla nascita di altre squadre femminili anche al di fuori dei confini inglesi, e si narra che nel Natale del 1917 le signore del Kerr sfidarono una squadra francese dinanzi ad un pubblico di 25 mila persone incuriosite dall’evento.
Maria Canale è stata l’unica insegnante donna ad avere organizzato un convegno sulla Grande Guerra al Senato della Repubblica nel 2018. Numerosi studenti visitano la sua mostra, che ora è esposta ad Ancona, e nei prossimi mesi proseguirà a Cuneo, Caserta, Verona. La professoressa ha dedicato anche un libro alla seconda Guerra Mondiale e alla figura di Norma Cossetto, “Dalle foibe al giorno del ricordo” (2012, Alberto editore).
Il 5 ottobre 1943 dopo dieci giorni di prigionia, brutali torture e inedite sevizie, la ventitreenne studentessa Norma Cossetto fu barbaramente assassinata dai partigiani comunisti di Tito e gettata nella foiba di Villa Surani in Istria.
“La cosa più importante che ho fatto durante gli anni in cui ero consigliera comunale a Verbania dal 2009 al 2013” racconta Maria Canale “è stato l’ordine del giorno che ha portato all’inaugurazione di una lapide per ricordare Norma Cossetto e tutte le vittime delle Foibe. Mi è sembrato di riscattare quelle donne che non hanno avuto neanche una riga sul giornale, nemmeno un ricordo, tutte quelle che sono state violentate, uccise con orrore senza avere giustizia“.
A breve uscirà anche la ristampa del libro “Nessuno come te” (2016, Eman edizioni) incentrato su colloqui, testimonianze, esperienze delle famiglie di bambini con sindrome di Down.
“Diversi anni fa, mentre assistevo Marco, 11 anni, il mio ragazzino in affidamento, ricoverato nell’ospedale di Verbania per un intervento alle tonsille, ho conosciuto un signore anziano, ricoverato nella stessa stanza che mi ha parlato di sua figlia amatissima, ormai adulta, con la sindrome di Down” si legge tra i ricordi della prof. presenti nel libro “Il signore anziano e ammalato, mi parlò della sua angoscia di morire. Quel signore di cui non sapevo nemmeno il nome interrompeva i suoi ricordi dicendomi con convinzione “nessuno mi ha mai amato come lei”. Mi raccontò di quando, con sua moglie e la bambina in braccio, fecero un viaggio faticoso, con diversi mezzi di trasporto fino a Novara per far visitare la bambina da un dottore famoso … per poi sentirsi dire che di quella strana malattia non sarebbe mai guarita, che quella parola difficile “sindrome di Down”, parola mai sentita e difficile da pronunciare, aveva fatto piangere per tutto il viaggio di ritorno sua moglie e lui aveva cercato di consolarla dicendole che i medici sbagliano, che la bambina fra le braccia stava sorridendo e che un sorriso è un augurio e non un lutto“.