Oggi 11 Febbraio, è la giornata mondiale ONU delle ragazze e delle Donne nella Scienza, ma il bisogno di celebrarla mette in evidenza quello che qualsiasi donna e scienziata sa benissimo e cioè che la scienza NON è donna, non abbastanza ancora.
Questo non certo perché le donne siano meno preparate, anzi tutt’altro, ma perché esiste una forte discriminazione di genere che relega le ragazze e le donne a players di secondo piano.
Non solo, un altro aspetto a mio avviso fondamentale di cui bisogna tenere conto quando si parla di donne e scienza è quello relativo alla formazione scolastica. Infatti è proprio in età scolare che le ragazze (e in generale gli studenti) cominciano a formarsi una idea di se stesse e a proiettarla al futuro, individuando modelli nei quali riconoscersi. Ed ecco il bottleneck: le ragazze hanno pochissimi modelli di riferimento di donne, scienziate di successo e in carriera.
La maggiorate delle ragazze che incontro, facendo divulgazione nelle scuole di ogni genere e grado, mi chiede come sia possibile fare la scienziata, da dove ho cominciato e quale aiuto abbia ricevuto nell’intraprendere gli studi di Fisica (come se fosse insito il fatto che da sola non si possa fare). Queste studentesse percepiscono la donna avvolta da problemi che riguardano più la bellezza, le ultime tendenze fashion, piuttosto che questioni come progettare e costruire il prossimo satellite per osservazioni del cielo.
Proprio nelle scuole e in questa fascia d’età (11-18) manca totalmente una figura di riferimento della donna scienziata, e quando è presente, molte volte, ha delle rappresentanti che sono donne senza famiglia, o che in qualche modo hanno dovuto fare rinunce. Quindi di lavoro da fare ce n’è ancora tanto. Il percorso che sto portando avanti per la divulgazione della scienza nella mia regione, le Marche, ha come scopo proprio quello di colmare questo gap di genere cominciando dal basso.
Sui 4 atenei marchigiani ogni anno si iscrivono 6000 ragazze in più rispetto ai compagni maschi e in generale solo 12 donne ogni 1000 abitanti si laureano in materie STEM. Quando vado nelle scuole, mi rivolgo a tutti i ragazzi parlando dei 17 obbiettivi di sviluppo sostenibile identificati dall’ONU il cui numero 5 è proprio la parità di genere. Solo insieme e solo declinando la scienza a 360 gradi in modo trasversale a tutti i temi questi challenges delle generazioni future possono essere colmati.
Come si affronta positivamente e incisivamente il problema di rappresentanza di genere senza cadere nella retorica di argomenti come le quote rosa (le quali benché discusse e controverse hanno sicuramente il potere di inserire donne competenti in posizioni decisionali)?
Nessuno ha una ricetta precisa, tante le azioni che si portano avanti: ad esempio in UK esiste una rete chiamata Women in Science and Engenerring WISE che crea un ecosistema e delle opportunità declinate solo al femminile. Altre azioni all’estero sono quelle di istituire dei premi o awards: Gold, Silver or Bronze per atenei universitari a seconda di quanto staff femminile, a tutti i livelli, è impiegato stabilmente. A volte sono funzionanti altre rimangono solo buoni propositi.
Per quanto mi riguarda, tutte le azioni che porto avanti in prima persona e per le quali mi spendo affrontano il tema Donne e Scienza da due punti di vista ben precisi e distinti: il primo utilizza fatti scientifici e statistiche verificabili e verificate non opinabili e che quindi permettono di costruire solide basi di partenza sulle quali parlare e confrontarsi; il secondo, mi offro attivamente come role model andando a parlare direttamente nelle scuole e con i ragazzi di ogni età, ascoltandoli cerco di accorciare quella distanza che viene percepita da queste generazioni tra studenti e scienziati con un occhio attento alle ragazze e alla loro partecipazione in materie STEM.
Da scienziata e cacciatrice di esopianeti il mio lavoro mi ha permesso di viaggiare e conoscere tante realtà lavorative differenti ma anche di osservare come l’astrofisica sia ancora un mondo prettamente maschile. Un esempio statisticamente inconfutabile è fornito dall’iniziativa dello Space Telescope Science Institute (STScI) riguardo alle domande per tempo di osservazione col telescopio Hubble. Nel 2019 infatti, l’STScI ha utilizzato un processo di valutazione di domande detto blind, escludendo sia il nome del PI (principal Investigator) che del gruppo di provenienza dello stesso.
Ogni anno solo un quinto delle oltre 1000 proposte presentate per utilizzare il famoso Hubble sopravvive al rigoroso sistema di peer-review condotto dallo STScI a Baltimora. Il lavoro pioneristico condotto dallo STScI (gender and bias free) ha permesso di evidenziare come esista uno squilibrio sistemico individuando uno svantaggio netto dettato dal genere del PI. Negli ultimi due cicli di presentazione di domande per Hubble, questo lavoro ha permesso che le donne PI raggiungessero un tasso di successo più elevato rispetto agli uomini (8,7% contro 8,0%, rispettivamente per un totale di 28% di domande a PI femminile). Per la prima volta abbiamo avuto una valutazione delle idee totalmente focalizzata sulla scienza e non sullo scienziato né sul suo gruppo di appartenenza! Ecco un fatto che si può usare come base di partenza per sfatare miti e rispondere a critiche.
Lo scorso anno, a maggio del 2019, ho avuto l’onore di ricevere il terzo premio al concorso internazionale Donna dell’Anno indetto dalla Valle d’Aosta. Il tema col quale sono stata scelta è quello della divulgazione scientifica e del lavoro che porto avanti per abbattere la discriminazione di genere in materie STEM. A questo riguardo, lo scorso ottobre ho partecipato alla World Space Week (4-10, Ottobre Osimo, ideata da Frida Paolella) lavorando con delle scuole marchigiane su esopianeti.
Proprio l’8 ottobre, alla conclusione dell’evento, ho ricevuto la notizia del riconoscimento del Premio Nobel per la Fisica 2019 a Michel Mayor e Didier Queloz per il primo esopianeta scoperto orbitare intorno ad una stella simile al Sole, 51 Pegasi b. Durante la mia carriera in UK ho avuto modo di lavorare e collaborare con tantissimi ricercatori e scienziati tra i quali anche proprio Didier. Con lui condivido almeno 28 pubblicazioni, tutte su nuovi pianeti scoperti dal progetto SuperWASP.
Conoscendo Didier di persona ho voluto proporgli un’intervista in cui le domande fossero quelle dei ragazzi delle scuole con le quali avevo già lavorato sugli esopianeti, una scuola di Osimo Istituto Tecnico Laeng-Meucci e una scuola media di Pesaro la Olivieri. Didier, che condivide la passione per l’insegnamento e sostiene sempre azioni in questo senso, ci ha incontrato lo scorso 30 gennaio 2020 nel suo ufficio al Trinity college di Cambridge, e ha dedicato oltre 3 ore del suo tempo a questa intervista.
Quale azione migliore per svegliare l’interesse nei ragazzi delle scuole in relazione alla scienza che quello di portargli un premio Nobel a scuola? Accompagnata dalla studentessa Cristina Ripanti e da un’insegnante abbiamo parlato di parità di genere e posto le domande dei ragazzi a Didier. L’intervista sarà da me tradotta e insieme al team di Officine Creative Marchigiane sarà montata e donata a tutte le scuole marchigiane.
In conclusione, oggi, giornata delle ragazze e donne nella scienza, parliamo ancora di come le donne e le ragazze possono portare un esempio di impegno reale ed effettivo con la speranza che questa intervista possa fare la differenza per ragazzi ma soprattutto ragazze nella scelta della loro professione futura.