Big data: il futuro delle professioniste passa da qui, per almeno due motivi

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Che i big data siano i pilastri su cui si fonderanno alcune professioni del futuro è cosa nota. Data scientist e data engineer sono tra le figure emergenti del 2020, ma ci sono abbastanza ragioni per credere che saranno sempre più richieste in un orizzonte temporale che andrà ben oltre i prossimi dodici mesi. Per dirla con le parole di un articolo appena pubblicato da Insidebigdata.com, “technology is king” e data science e analytics sono gli elementi alla base dell’industria moderna. Quel ‘technology is king’ declinato al maschile suggerisce però che sì, per le donne la faccenda è in salita.

Nel 2019, su dieci professionisti del settore big data, sette erano uomini. Perché? Molti esperti ritengono che il gender gap nell’approccio agli studi e alle professioni scientifiche e tecnologiche inizi già dalla scuola elementare, dove le bambine non riceverebbero lo stesso livello di incoraggiamento e sostegno nelle materie STEM rispetto ai bambini. E’ un tema ben noto questo, discusso e dibattuto anche in Italia

E’ vero che qualcosa si muove. Che si stanno diffondendo programmi specifici che puntano a supportare le bambine e le ragazze nello sviluppo di competenze che facilitino l’accesso a alle professioni legate alla tecnologia. Però, si legge ancora nell’articolo, non è forse sempre sufficientemente sottolineato che l’accesso delle donne alla scienza dei dati e alla tecnologia in generale è un vantaggio non solo per la comunità, non solo per ciascuna donna in quanto individuo con proprie ambizioni, ma per le donne proprio come genere.

L’uso efficace dei metodi basati sui dati permette infatti di costruire un approccio algoritmico che permette di evidenziare manifestazioni di pregiudizio inconscio nel sistema retributivo. Un esempio pratico? Margrét Bjarnadóttir, assistant professor of management science and statistics all’University of Maryland Robert H. Smith School of Business, ha raccontato l’esperienza con Reykjavik Energy, società islandese di energia e servizi, che ha portato il gender pay gap allo zero per cento. Come? Attraverso una soluzione cloud data driven, che ha permesso di affrontare le decisioni salariali misurando il loro impatto sul sistema salariale e insieme sul pay gap.

In sintesi, afferma Margrét Bjarnadóttir i fattori che portano alle differenze salariali tra generi possono essere complessi, ma con gli strumenti opportuni e con il consenso del management possono essere eliminati sul nascere.