#Fridaysforfuture, perché la scuola deve sostenere i giovani che “scioperano” per il pianeta

È stato un vero e proprio “sciopero” contro il cambiamento climatico quello organizzato venerdì 25 gennaio da alunni e studenti in diverse città del mondo. Ispirati dall’attivista svedese sedicenne Greta Thunberg, che a settembre 2018 ha iniziato a “scioperare” da scuola ogni venerdì per attirare l’attenzione della politica sulla questione climatica, migliaia di giovani sono scesi per strada a protestare, adottando lo slogan Fridays for future (“Venerdì per il futuro”).

wwf6Contemporaneamente Thunberg teneva il suo discorso al Forum economico mondiale di Davos e davanti a politici e manager internazionali pronunciava le parole che ora stanno facendo il giro del mondo: “Io non voglio la vostra speranza, voglio che andiate in panico. Voglio che proviate la paura che provo io ogni giorno. E poi voglio che agiate. Voglio che agiate come fareste in caso di una crisi. Voglio che agiate come se la casa andasse in fiamme. Perché sta andando in fiamme.”

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In Europa gli “scioperi” si sono tenuti prevalentemente in Germania e Belgio. A Berlino circa 10.000 ragazzi (dati forniti dagli organizzatori) provenienti da tutti gli angoli del Paese hanno marciato dalla sede del Ministero federale dell’economia, dove era riunita la Commissione sul carbone, fino all’Ufficio della cancelleria federale. Insieme hanno chiesto misure immediate per far fronte al cambiamento climatico. Tuttavia, poiché alunni e studenti dal punto di vista giuridico non possono esercitare il diritto allo sciopero (riservato per definizione ai lavoratori), molti dei giovani che hanno partecipato a Fridays for future si sono assunti personalmente i rischi legati all’assenza da scuola. Se infatti alcuni docenti e istituti hanno sostenuto l’iniziativa, in alcuni casi accompagnando addirittura i ragazzi alle proteste, resta per molti altri il rischio di incorrere in provvedimenti disciplinari.

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Warum sind die SchülerInnen so sauer, obwohl sie Schulfrei haben? Achso, weil die Bundesregierung immer noch auf Kohle setzt, Massentierhaltung subventioniert und die Klimaziele für 2020 schon längst über Bord geschmissen hat und damit deren Zukunft gefährdet. Heute haben über 10.000 in Berlin für mehr Klimaschutz demonstriert Statt zur Schule zu gehen, sind sie aus allen Ecken Deutschlands teilweise über 12 Stunden nach Berlin gefahren, um bei der letzten Sitzung der Kohlekommission ein klares Zeichen zu setzen. Wenn wir einen Planeten, ein Zuhause, eine Zukunft haben möchten, müssen wir jetzt handeln- denn einen zweiten Planeten haben wir nicht‼️ ©️Lulu Förster . . #fridaysforfuture #youth4climate #climatestrike #endcoal #stopclimatechange #kohlekommission #berlin #kohleausstieg #future #change #youth #environment #savetheplanet #klimastreik #picoftheday #planetearth #protest #demo #peoplepower #movement #climateaction #climatechange #globalwarming

Un post condiviso da Greenpeace Jugend (@greenpeacejugend) in data: Gen 25, 2019 at 7:13 PST

In molti hanno sottolineato la contraddizione alla base di questa problematica. Quanto dovrebbe contare l’obbligo di frequenza a scuola a fronte di un allarme globale come quello rappresentato dal cambiamento climatico? Non dovrebbe rientrare tra gli obiettivi della scuola quello di incentivare i giovani ad assumersi responsabilità per il mondo e la società in cui vivono, a impegnarsi per il loro miglioramento, in altre parole a diventare soggetti politici? Partecipando alle proteste, alunni e studenti non hanno soltanto lanciato un forte segnale simbolico alla politica internazionale, ma appropriandosi dello strumento dello sciopero hanno messo in atto una lezione di democrazia e di coscienza civile, politica e ambientale. I ragazzi sembrano essere perfettamente consapevoli della rilevanza della loro battaglia. Tra le motivazioni dello “sciopero” adducono la consapevolezza di costituire l’ultima generazione che può ancora impedire la tragedia che porterebbe a condizioni climatiche estreme, allo scioglimento dei ghiacci ai poli, all’innalzamento dei mari, nonché a nuovi flussi migratori.

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Sabato 26 gennaio 2019, dopo una seduta di 21 ore, la Commissione tedesca sul carbone ha raggiunto un accordo in cui si raccomanda che la Germania metta fine all’utilizzo del carbone per la produzione di energia entro il 2038. Che dopo mesi di negoziazioni si sia arrivati a un’intesa tra soggetti di diversi settori, sebbene gli obiettivi di medio e lungo periodo risultino ancora troppo vaghi, è un buon punto di partenza. Stando al rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicato a ottobre 2018, resta però tempo soltanto fino al 2030 per evitare che la temperatura terrestre aumenti di più di 1,5°C rispetto al 1990. Il superamento di tale soglia potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Che i giovani di Fridays for future ritengano l’accordo della Commissione sul carbone insufficiente è dunque giusto e importante. Perché per spingere la politica a passare ai fatti e per sensibilizzare la società all’importanza della battaglia per l’ambiente ci vorranno molti altri “scioperi”. Questi “scioperi” ci saranno con o senza il sostegno della scuola, ma in quanto istituzione quest’ultima dovrà iniziare a riflettere sulla propria missione: che senso ha sanzionare i ragazzi per assenze legate alle proteste, mentre la politica si rifiuta di proteggere il pianeta, distruggendo così il loro futuro?