Poesia, come imparare la libertà e il coraggio in versi

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Di cosa hanno bisogno le ragazze adolescenti, oggi? Di coraggio, secondo le curatrici di questa raccolta di poesie, il cui titolo originale infatti è “Courage: daring poems for gutsy girls”. E come si fa a infondere coraggio nei loro animi? Con un incantesimo. Gli incantesimi sono parole che racchiudono un potere. Quindi serve la poesia. Perché cos’altro è la poesia se non parola che sprigiona il suo potere? Ecco come nasce questa raccolta, voluta e curata da tre poetesse: Karen Finneyfrock, insegnante; Rachel McKibbens, attivista e drammaturga; Mindy Nettifee, autrice.

Hanno messo insieme quelle che per loro sono le voci più interessanti della poesia contemporanea statunitense, per regalare alle giovani donne di domani la parola che serve, l’immagine che non trovano, uno sguardo di intesa. Molte di queste poetesse provengono dall’ambiente del poetry slam, quindi la loro parola è estremamente vibrante, viva, da leggere ad alta voce, quasi come un incantesimo. Appunto.

Impara a dire no.
Ammassa la parola nella bocca
tutta quanta, assicurati che entri
per intero. Lasciala camminare sulla lingua.
Fa’ pratica allo specchio, sputala
fuori, storciti in boccacce, impara ad amare il salato
e l’aspro che porta con sé. Insegnale a posarsi sulle labbra,
ronzare, raccogliere il polline
dal tuo dolce rossetto zuccherino.
Lascia che sciami in mezzo alle tue guance.
[…]e libera, infine, lo sciame.

Libertà è la parola che nuota tra le onde di questi versi. Tra di essi sembra nascondersi un monito fondamentale: essere libera è il compito che una ragazza deve prefiggersi e perseguirlo con coraggio. E questo vale per ogni poesia, che sia una narrazione, un consiglio, un’esperienza, che l’argomento sia l’amore, il sesso, la famiglia, il cibo, le emozioni, l’aspetto fisico. Persino una strega marina si scomoda per ribadirlo: “Non vi lascerò frignare che le ragazze dovrebbero essere diverse./Le ragazze vivono nel mondo che si costruiscono”.

Una chiamata all’azione, insomma, a non lasciare che le convenzioni o la monotonia di quello che ci circonda scrivano per noi il nostro destino. Jessica è il titolo di una poesia che dipinge un ritratto spietato di una famiglia qualunque, in una cittadina qualunque, con una scuola e tutto ciò che di qualunque può esserci in una vita qualunque. La protagonista si guarda intorno e vede ragazze diventate vecchie in un’ordinaria disperazione fatta di piccole cose, o ragazze che si impegnano a essere brave e coscienziose per rispecchiare un’immagine di perfezione da rivista. E poi continua così:

Ma ci sono ragazze che si spiegano come vele contro il cielo
raccolgono il coraggio per scampare
il più grande naufragio mai visto
da questo lato del blu.
Allungano le mani fuori
dalla finestra della vita che hanno ricevuto
e ne afferrano una nuova per la criniera.

L’augurio, per le autrici, è che le lettrici di queste poesie diventino quest’ultimo tipo di ragazze. Sembra quindi che le bambine ribelli siano cresciute e non abbiano più bisogno di storie della buona notte. Sono diventate ragazze di grazia e di fuoco. Chissà che donne diventeranno. Io però, da madre di figlio maschio, non posso che chiedermi: serve davvero educare il femminile alla libertà, senza impegnarsi con lo stesso ardore a educare il maschile alla stessa libertà, e al rispetto della libertà?

Non vorrei passasse il messaggio, con queste pubblicazioni, che solo le ragazze abbiano bisogno di stimoli culturali per evolversi socialmente. Che la poesia sia una cosa per ragazze. Non lo è. Anche i ragazzi hanno bisogno di grazia e di fuoco, di ribellarsi a tutti i modi in cui il patriarcato ha privato anche loro, ad esempio, della libertà di amare la poesia. Altrimenti queste ragazze finiranno per credere al monito disincantato della sorella maggiore che parla nella poesia Sbocciare:

Ora che il femminismo è arrivato, che cosa dovrei fare
con tutte queste possibilità? […]
Ed ecco che arriverà lui
al galoppo, e la sua sella avrà uno spazio libero, un po’ logoro,
della tua esatta misura. Avrà il mondo negli occhi,
ed è nel mondo che pensi di entrare mentre scivoli in staffe
di moglie. Ma ecco il problema: se anche lui ti lascia montare
come un uomo invece che all’amazzone, arriverà
il dovere.

Notare la posizione di moglie e dovere, a inizio verso. Rappresentano la stessa cosa, per l’autrice, un limite alla realizzazione delle possibilità aperte dal femminismo. E se invece anche l’incontro col maschile, la coppia, la maternità stessa fossero permeate da tutto questo desiderio di libertà e liberazione dal dovere, per diventare parte dell’essere donna, o della donna che scegliamo di essere? Riconosciamo allora i maschi complici, leggiamo ai bambini, non solo a quelli ribelli, le nostre storie della buonanotte, perché appartengono anche a loro, invitiamoli nelle nostre poesie, non come avversari ma come amici. Più o meno così, come fa Andrea Gibson:

Amico mio, amica, se l’unica cosa che possiamo ottenere rimanendo
siamo io e te
mio dio se è un infinito
mi dio se è abbastanza
mio dio se è così indescrivibilmente tanto darci
quel poco di luce per guardarci
le spalle l’un l’altro.

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Poesie per ragazze di grazia e di fuoco, a cura di Karen Finneyfrock, Rachel McKibbens, Mindy Nettifee, Rizzoli 2018, €17