La premessa: grazie alla legge Golfo-Mosca 120/2011 le donne nei Cda delle scoietà quotate sono passate dal 5,6% (172) del 2010 al 35% (1.240) del 2018. La tesi: questi risultati eccezionali vanno stabilizzati, messi in sicurezza, protetti dal rischio, non remoto, di passi indietro. Basta un piccolo ritocco: l’estensione da tre a sei mandati del ricorso al criterio di riequilibrio introdotto allora, secondo cui almeno un terzo dei consiglieri eletti deve appartenere al genere meno rappresentato.
È proprio questo “raddoppio” l’oggetto di una nuova proposta di legge trasversale presentata ieri alla Camera, frutto del lavoro di un gruppo di donne della politica e della società civile coordinato dalla deputata di Forza Italia Cristina Rossello, prima firmataria. “Non alteriamo l’impianto della Golfo-Mosca, troppo significativa per essere modificata”, ha chiarito, aggiungendo: “Ma garantiamo un tempo congruo perché possa continuare a perseguire il principio di equità”. Che si è rivelato benefico sotto tutti gli aspetti, come ha sancito un recente Quaderno Consob: ha ridotto l’età media dei consiglieri e aumentato il livello di istruzione, ma soprattutto ha migliorato le performance economiche delle aziende.
Il testo ha già ricevuto oltre 50 sottoscrizioni. Tra le firme ci sono quelle delle azzurre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, del capogruppo Pd Graziano Delrio, della vicepresidente M5S della Camera, Maria Edera Spadoni, della leghista Silvana Comaroli, di Guido Crosetto (Fdi), di Laura Boldrini (Leu). Un progetto sostenuto dall’intero arco costituzionale: una vera rarità, di questi tempi.
Un’emozionata Lella Golfo ha ricordato l’iter travagliato della sua legge, “che ha rivoluzionato la cultura di questo Paese in tema di parità di genere: in cinque anni abbiamo raggiunto un risultato che, senza interventi, secondo Bankitalia sarebbe arrivato in cinquant’anni“. Pur plaudendo all’iniziativa, la fondatrice e presidente della Fondazione Bellisario si è detta convinta che ormai il cambiamento “è entrato nella mentalità” delle aziende. Quel che ancora non vede innescato, invece, è il circolo virtuoso in cui aveva fortemente creduto, l’ascensore di cristallo che dalle donne ai vertici avrebbe dovuto essere rimandato giù per poi risalire. Il blocco ha prodotto un baco: “Vedo che in troppe stanno prendendo il vizietto degli uomini: io penso che si debba sedere in massimo due-tre Consigli, non di più”.
“Se la maggiore presenza femminile nei Consigli non si irradia dai vertici alla base, la legge avrà fallito”, le ha fatto eco l’europarlamentare Pd Alessia Mosca. Che ha ricordato anche quanto la normativa abbia fatto sì, per una volta, che l’Italia diventasse un caso di scuola, un modello da studiare, un’esperienza da irrobustire ancora.
A ringraziare Golfo e Mosca a nome di tutte è stata Gelmini, non proprio una fan delle quote, convertita però sulla via di Damasco: “Penso a questa legge come a uno strumento. Ha funzionato. Abbiamo il dovere di non tornare indietro”. “A nessuno piacciono le quote – ha ribadito l’ex ministra alle Pari opportunità Carfagna – ma in alcuni casi e ambiti soltanto un meccanismo di quote vincolanti è capace di creare le premesse per l’uguaglianza di opportunità alla quale una società liberale aspira”. Non solo. Carfagna ha voluto ricordare come sia ormai dimostrato che “la presenza delle donne nei cda ha aumentato la redditività delle aziende”. E che “la parità è una condizione di sopravvivenza del nostro sistema economico e produttivo: sprecare giacimenti di talenti è un lusso che non possiamo permetterci”.
L’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, unico uomo presente alla conferenza stampa, lo ha detto chiaro e tondo: “La legge ha dimostrato con evidenza empirica che a volte basta cambiare una piccola cosa per innescare cambiamenti e ottenere risultati inimmaginabili. Estendere da tre a sei mandati la presenza femminile nei Cda mi aspetto abbia un significato ancora più importante, perché i Paesi in cui le donne partecipano di più all’economia e ai processi decisionali vanno meglio sotto tutti gli indicatori”.
Tra il pubblico tante sostenitrici della proroga della legge: da Magda Bianco di Bankitalia a Maurizia Iachino, coordinatrice di “Fuori quota”, l’associazione delle donne che siedono nei Cda delle quotate; da Stefania Bariatti (presidente Mps) a Sabrina Bruno (Snam); da Paola Galbiati (Banco Bpm) ad Antonella Negri (Risanamento), fino a Rosanna Oliva de Conciliis, coordinatrice di Rete per la parità, e alle dirigenti del gruppo Minerva di Federmanager. In molte hanno elogiato l’effetto emulazione positivo provocato dalla legge Golfo-Mosca sulle società non quotate. Quanti piccioni con una sola fava.