Cara Alley,
Mia figlia ed io siamo sole da sempre, ma con una famiglia alle spalle come poche. LAura (il nome è di fantasia) è nata e voluta da una relazione con un ”bambino” di 4 anni meno di me: io ne avevo 24,lui 20. Decisa e cercata, forse con poca coscienza da parte di entrambi, ma sicuramente voluta.
Alla nascita la bambina prende il mio cognome, perché lui non voleva prendersi la responsabilità. Cerco per tanti anni di fargli avere un rapporto responsabile con noi, non ci riesco in nessuna maniera. Lavoravo tutto il giorno e ho portato la bambina a crescere insieme ai miei genitori (vivo questa situazione con loro da 15 anni), sostenuta dal loro amore genitoriale. Faccio affidamento solo su di loro, consapevole che il padre della mia bambina non ha voglia e pensiero di vivere con noi.
Provo comunque a stabilire qualcosa di più nel corso dell’infanzia di Laura, provo in tutte le maniere a continuare a restare con questa persona per dare a padre e figlia la possibilità di amarsi…invano ovviamente. Ovviamente in tutto questo mio essere accondiscendente nei suoi confronti, chi ci rimette siamo sempre io e la mia piccina. Lui continua negli anni a non stare con noi, vivendo dai genitori. Ho provato anche a proporre una piccola casa ,di mia proprietà, da ristrutturare per poter vivere insieme, ma la risposta del padre di mia figlia è stata sempre veramente fuori luogo: non era un’abitazione adatta perché non aveva il garage. Indole la mia ,da crocerossina fallita evidentemente.
Nel frattempo i genitori di lui premono perché la bambina prenda il suo cognome con un’insistenza quotidiana. Motivavano la richiesta con la poca sensibilità infantile dei compagni di scuola che potrebbero prenderla in giro. Così all’età di 9 anni Laura prende il cognome di lui. Cosa che speraavo facesse sentire al padre una maggiore responsabilità nei confronti della figlia.
Nel corso di dodici anni provo a responsabilizzare lui sui suoi doveri di padre, ma purtroppo non mi riesce. AL punto che durante l’adolescenza di LAura la preoccupazione del padre è solo quella di cambiare auto e moto. Se ne contano 12 in tutto. Tutto questo a scapito del mantenimento di mia figlia e io solo grazie alla mia famiglia sono riuscita a non farle mai mancare nulla. Verso i 12 anni, prendo coscienza e consapevolezza del fatto che le cose non cambieranno mai, lui col suo ego rimarrà sempre così, e vista tanta poca voglia di rispondere ai miei appelli continui, decido di troncare lui.
La vita mia e di Laura non cambia sostanzialmente: viviamo con i miei e io continuo a lavorare come prima. Chiedo a questo punto al padre di Laura, vista anche la mancanza di sussidi per 12 anni, un sussidio mensile, che mi viene negato. Decido quindi di rivolgermi agli avvocati, con non poche difficoltà per pagarli. Mi viene proposto un contributo mensile di 100 euro, oltre a un “tfr” (che lui avrebbe richiesto alla sua ditta) di 10.000€ senza nient’altro a pretendere fino alla maggiore età di Laura. Il mio avvocato rilanciò chiedendo 250 euro con spese extra dividibili. Il padre in Tribunale accetta. Era il 2016 e LAura aveva 14 anni.
In tutti questi anni mi sono presa la responsabilità di una figlia a 360° DA SOLA, com’è giusto che sia. Non ho chiesto niente a lui. Adesso mi ritrovo che lui si è riscoperto padre, da che è uscito questo disegno di legge (Pillon), e chiede a mia figlia di poter fare questa cosa dell’abitazione una settimana da uno e una dall’altra. E lo fa solo per non pagare il mensile per la figlia. Ma quello che mi fa più star male è che Laura, trovandosi davanti un padre biologico presente adesso (e dico che sia giusto che lo veda e che abbia rapporti sereni con lui) ma presente solo per comodità economica, voglia fare questa cosa per poter dare al padre la possibilità di non dare più il mantenimento e quindi per evitare che lui discuta con me (motivazione spiegatami da Laura stessa).
Mi sembra vergognoso. Una ragazza di 15 anni costretta a pensare ai suoi genitori per non sentirli litigare per il suo mantenimento. E’ veramente vergognoso.
Abbiamo deciso di pubblicare questa lettera perché al di là delle analisi dei giuristi, la vita delle famiglie è fatta di quotidianità e di questioni spicciole. E le famiglie sono tutte diverse. Decidere una formula, rigida, da applicare a tutte forse non è così funzionale come può sembrare sulla carta.