Una nuova creatura si aggira tra i parchetti di città e sul lungomare delle località di vacanza: è il papà Millennial. Lo si può riconoscere dai tatuaggi che spuntano dalla t-shirt, dal taglio della barba ben curato ma soprattutto, dal passeggino che spinge. Rispetto al passato i nuovi papà sono più presenti nella vita dei figli e trascorrono più tempo con loro: otto ore a settimana secondo il Pew Research Center, il triplo rispetto al 1965. Anche in casa si danno più da fare: dedicano 10 ore a settimana alle faccende domestiche contro le quattro di 50 anni fa. Ipgwarehouse li definisce senza mezzi termini “i migliori di sempre”. La piattaforma, che analizza ricerche ed approfondimenti legati a temi sociali e di attualità, ha stilato un profilo di questi giovani padri coinvolgendo 5.250 uomini tra i 25 e i 34 anni di tutte le parti del mondo. La maggior parte degli intervistati crede che il nuovo ruolo in famiglia abbia avuto un impatto positivo sulla propria vita e l’abbia fatto diventare più responsabile, sicuro di sé e ottimista. Ne è convinto anche Alessio, 31enne toscano funambolo tra studio e lavoro: “un figlio ti migliora la vita: Alberto [ndr. Il figlio di tre anni] mi ha dato una spinta motivazionale molto grossa per finire il mio percorso di studi. Una spinta che, a parola o a fatti, nessuno mi aveva dato finora. Di conseguenza mi ha reso anche più responsabile”.
Proprio come per le coeatanee, lo smartphone è l’alleato preferito per dirimere dubbi e affrontare le sfide della genitorialità. Ma se le mamme si affidano alla rete soprattutto in cerca di confronto e consigli, i papà sono affamati di informazioni e dettagli tecnici. I dati di Google mostrano che le ricerche di termini legati all’infanzia sui dispositivi mobili sono aumentate di anno in anno del 52%. Ed è già stato coniato il termine “dadvertising“: la pubblicità mirata ai papà. Un esempio? Lo spot che negli Stati Uniti Pampers ha girato con John Legend in cui si vede il cantante cambiare il pannolino alla figlia Luna intonandole una canzoncina.
La rivoluzione dei papà si è realizzata tra le mura di casa. Molti di loro sono nati tra la fine degli anni 80 e 90 e già allora era considerata passata una divisione netta di ruoli con la donna a casa e l’uomo al lavoro per mantenere la famiglia. Non si tratta più solo di provvedere ai bisogni finanziari della famiglia, i papà di oggi vogliono essere presenti nelle decisioni di tutti i giorni. La conferma arriva anche dal Boston College che, presentando un rapporto sul tema, scrive: “oggi, la maggior parte degli uomini definisce l’essere un buon padre più in termini di coinvolgimento attivo con i figli che il soddisfare le esigenze finanziarie della famiglia”. Anche Alessio restituisce un racconto della quotidianità fatto di piccole attenzioni: “mi reputo molto presente nella vita di Alberto, anche rispetto a mio padre ai suoi tempi. Certe abitudini sono le stesse di quando ero piccolo: i giri in bicicletta, i piccoli lavoretti di fai-da-te con papà ma, in effetti – dice sorridendo – credo che mio padre abbia cambiato il suo primo pannolino con mio figlio”. E c’è anche chi fa un passo indietro in ufficio per poter lasciare alla moglie la possibilità di cogliere un’opportunità di carriera: “Prima arrivavo a casa alle 9, i bambini avevano già fatto il bagno e cenato, a volte dormivano anche. Ora che me ne occupo io, dall’uscita da scuola alla nanna, mi rendo conto di cosa vuol dire. E non è affatto un gioco da ragazzi” ammette Giovanni, che a Milano si occupa di Annalisa (6 anni) e Gregorio (2 anni e mezzo e un pannolino da togliere)
I papà di oggi portano i bambini in piscina, lavano i più piccoli, leggono loro le storie della buonanotte. Ma c’è di più. Sono anche un supporto per le compagne: leggono libri, consultano blog dedicati alla famiglia, guardano video su Youtube. Vogliono essere informati: sia che si parli delle caratteristiche tecniche dei passeggini trio che di allattamento o depressione post partum. Lo stereotipo del padre severo e distaccato alla Mr Banks di Mary Poppins è finito in soffitta.