La storia di una persona che vuole entrare nel mondo del lavoro parte da lontano e spesso è una storia già scritta: famiglia, genere e nazionalità sono i primi 3 fattori che determinano il successo o l’insuccesso della propria storia professionale. Se sei un maschio, provieni da una famiglia di laureati e hai la cittadinanza nel Paese in cui vivi, avrai più probabilità di proseguire gli studi e trovare un’occupazione adeguata.
L’ultimo report dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, descrive l’Italia come un Paese in triste declino: chi viene da una famiglia poco istruita non arriva all’Università, i giovani laureati sono pochi e svantaggiati e le donne fanno meno carriera degli uomini. Il cosiddetto ascensore sociale non funziona più perché il destino educativo e professionale dei nostri figli è già scritto in base alla famiglia di provenienza: oggi il 90% dei ragazzi laureati ha almeno un genitore laureato mentre sono davvero pochissimi i ragazzi che riescono a laurearsi provenendo da una famiglia meno istruita. Le ragioni partono da lontano, addirittura dall’asilo nido. Siamo un Paese in cui le rette dell’asilo, sia comunale che privato, sono molto elevate e solo le famiglie abbienti possono permettersele. E il nido rappresenta già il primo tassello del bagaglio culturale che un ragazzo si porta dietro. In generale l’Italia è un paese con un buon livello di istruzione: si prevede che il 53% della popolazione conseguirà un diploma secondario superiore a indirizzo professionale nell’arco della propria esistenza ma la percentuale dei laureati non è soddisfacente rispetto alla media europea. Questi bassi livelli di laureati possono essere in parte dovuti a prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento del titolo di dottore sebbene occupazione e retribuzione siano sempre più favorevoli per chi ha un titolo di studi più alto rispetto ad uno più basso.
Anche le competenze che i ragazzi e le ragazze scelgono di studiare sono determinanti per la vita professionale. In Italia gli indirizzi di studi a carattere tecnologico-scientifico hanno visto un aumento in questi ultimi anni e questo è un buon segnale perché il mercato del lavoro richiede proprio queste discipline cosiddette STEM. Alla stregua di tutti i Paesi dell’OCSE, gli uomini rappresentano la grande maggioranza dei laureati di primo e secondo livello nel campo delle tecnologie (79% di primo livello e 86% di secondo) e in ingegneria, produzione industriale e edilizia (69% e 73%). Le donne sono sovrarappresentate nel settore dell’istruzione, delle belle arti e delle discipline umanistiche, nelle scienze sociali, nel giornalismo e nell’informazione; nonché nel settore della sanità e dei servizi sociali, sia nel primo che nel secondo livello di laurea, e anche in scienze naturali, matematica e statistica a livello magistrale, rappresentando più del 60% dei laureati in questi campi. Questa preponderanza nelle ragazze nelle discipline umanistiche ha determinato un divario rispetto ai ragazzi sia in termini occupazionali che retributivi a vantaggio dei ragazzi. Il divario non si vede solo all’inizio della carriera ma anche nel lungo termine perché anche le posizioni apicali delle aziende sono in maggioranza ricoperte da uomini che da donne. Quello femminile è un talento sprecato visto che le donne sono la maggioranza dei laureati e sono anche più brave e più veloci a laurearsi rispetto ai ragazzi. Il sistema non aiuta neanche gli stranieri perché hanno un livello di istruzione più basso e anche meno aspettative sul lavoro.
Per ripartire è essenziale rivedere il sistema educativo in stretto contatto con il lavoro ma anche assicurare che ci sia equità per l’accesso all’istruzione e l’inserimento nel mercato del lavoro sopratutto per gli attori che oggi sembrano più fragili: giovani, donne e stranieri.