Una recente indagine di Lenovys ci dice che i manager italiani, di fatto, soffrono di stress lavoro-correlato e il più delle volte la fatica non è ripagata dai risultati ottenuti. Ampliando lo sguardo, sappiamo che la produttività del lavoro in Italia è tra le più basse d’Europa, a causa di una serie di vincoli burocratici, superate modalità organizzative, carenza di competenze e modesta innovazione tecnologica. Basta ricordare che nel nostro Paese il tasso di occupazione è ancora fermo al 58,2%, al penultimo posto nell’Area euro, e la produttività, secondo le ultime previsioni, cresce meno del costo del lavoro: +0,4% contro +1,2% nel 2018.
Dalle interviste di oltre 500 manager di medie e grandi aziende italiane, effettuate tra il 2017 e il 2018, emerge un quadro impietoso di quella che dovrebbe essere la fascia trainante dell’economia italiana, per età e momento di carriera. Solo il 26% dorme a sufficienza per iniziare la giornata in piena forma, il 66% ha una forma fisica insoddisfacente, nel 70% dei casi non recuperano la piena forma neppure in vacanza, solo 1 su 5 delega regolarmente mansioni ai propri collaboratori. In sintesi, dormono poco, sono fuori forma, non sono in grado di gestire il lavoro in modo ottimale. Ne conoscete qualcuno?
L’analisi non finisce qui. Secondo i manager interpellati solo l’8% delle aziende ha riunioni efficienti ed efficaci (e sappiamo che le riunioni sono una spia della qualità del lavoro di un’organizzazione), solo 1 impresa su 5 assicura un buon bilanciamento tra lavoro e vita privata (sintomo di una mancanza di attenzione alle persone) e solo il 5% delle aziende celebra e festeggia i propri risultati (indice di scarso engagement e riconoscimento del merito). Quindi, pare esserci, da una parte, un tema di cultura manageriale, dall’altra, di cultura aziendale, un combinato che non favorisce un modo di lavorare soddisfacente e genera più disfunzionalità che valore.
Il tema è rilevante perché come ha sottolineato il direttore della Fondazione Adapt, Francesco Seghezzi, in occasione delle presentazione del volume “Il futuro del lavoro al 2030”, realizzato assieme ad Assolombarda: «Il lavoro cambierà profondamente, con professioni che verranno meno, altre che nasceranno e molte, più della metà, che cambieranno radicalmente a causa della spinta dell’innovazione tecnologica e della nuova fase della globalizzazione. Saranno quindi necessarie nuove competenze, ma soprattutto nuovi modelli organizzativi».
E i nuovi modelli organizzativi non potranno che poggiarsi su un’attivazione delle persone, che passa anche – soprattutto – attraverso una corretta acquisizione e gestione di life skills, definite dall’Onu come quelle competenze che favoriscono comportamenti positivi e di adattamento per affrontare le sfide della vita. Gestione delle emozioni, capacità comunicativa e relazionale, curiosità intellettuale e problem solving, team working, ecc., considerate sempre più strategiche in tutti i settori lavorativi compresi quelli più tecnici. Si tratta quindi di un’esigenza generalizzata che non può essere lasciata ai singoli, ma deve essere guidata dalle organizzazioni.
Nell’ultimo Osservatorio Cineas-Mediobanca sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane, si indagano i pesi attribuiti nell’ambito dei processi di valutazione del personale alle abilità tecniche e a quelle emotivo-relazionali, che vanno sotto l’etichetta di “life skills” (v. figura). «Nel campione d’indagine si evidenzia una correlazione positiva tra profittabilità operativa e peso assegnato alle life skills rispetto alle competenze tecniche – commenta il direttore dell’Ufficio Studi di Mediobanca, Gabriele Barbaresco –. Sui temi del rischio si sta delineando uno scenario in cui modelli ingegneristici e serie statistiche non forniscono strumenti adeguati per la lettura dell’attuale contesto che si caratterizza per la sua incertezza. Anche alla luce di queste considerazioni per le aziende potrebbe essere un fattore critico di successo l’investimento in risorse umane dotate non solo di competenze tecniche specialistiche, ma anche di abilità trasversali evolute (pensiero critico, flessibilità adattativa, ecc.)».
Tra le esperienze di aziende che hanno investito in life skills – e in particolare nel percorso formativo del Cineas, la scuola di formazione manageriale fondata dal Politecnico di Milano nel 1987, che tratta queste competenze nel Master Life Skills, giunta alla V edizione in partenza il prossimo 18 settembre – spicca quella di DUAL Italia, agenzia di sottoscrizione assicurativa e riassicurativa, parte del gruppo internazionale Hyperion Insurance che è il più grande intermediario assicurativo indipendente al mondo e il più grande Lloyd’s Coverholder indipendente. L’eccezionalità sta nel fatto che nel 2017, l’amministratore delegato, Maurizio Ghilosso, ha deciso far intraprendere il percorso formativo a tutte le risorse dell’azienda, lui compreso.
41 persone con competenze specialistiche del mondo assicurativo messe a studiare emotional intelligence, team working, negotiation e problem solving. Ce ne era proprio bisogno? Apparentemente no, dichiara l’ad: «Allora, l’acquisizione di Synkronos Italia S.r.l. – ufficializzata ad aprile di quest’anno – non era all’orizzonte, l’azienda non mostrava particolari criticità e non era in atto alcun cambiamento organizzativo. Non c’era insomma la necessità di risolvere “un problema”, investire su questo tipo di formazione è stata una scelta di visione, nata dalla convinzione che un gruppo di professionisti capaci, tecnicamente formati e costantemente aggiornati, potesse fare ancora di più, e meglio, potenziando anche altre skill».
Ciò che Ghilosso ha compreso è che dotare l’intera squadra degli strumenti per comprendere le dinamiche dell’intelligenza emotiva e delle competenze relazionali significa avere un impatto sulla performance dell’azienda. «Per fare business – commenta l’ad – trattiamo ogni giorno con interlocutori molto diversi fra loro: agenti e broker, compagnie di assicurazioni, periti, controparti legali e clienti finali. Potenziare le capacità relazionali è indispensabile per gestire questi rapporti traendo valore dal confronto e per creare relazioni di fiducia sia all’interno sia con i nostri partner commerciali».
Ma la “prova del nove” è avvenuta nel momento dell’acquisizione di Synkronos Italia e nella successiva integrazione ancora in corso, in cui le competenze acquisite si sono rivelate fondamentali sotto molteplici punti di vista, a partire dalla capacità di comprendere le dinamiche emotive dei colleghi e comunicare in maniera empatica e costruttiva. «Di fatto – conclude Ghilosso – grazie all’apprendimento di tali strumenti, che sperimentiamo e affiniamo tutti i giorni, ci siamo ritrovati a parlare un linguaggio comune che ci rende più forti». Tanto da convincerlo a estendere la formazione sulle Life Skills del Cineas a tutti i nuovi dipendenti.