La battaglia delle studentesse contro il sessismo

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La pubblicità giganteggiava in pieno centro, affissa su un pannello di una delle strade principali di Palermo, via Crispi. Sul cartellone una modella in intimo immortalata in una posa ammiccante si strofinava sul corpo una bottiglia di olio per motori dell’azienda Challoils. L’ennesima strumentalizzazione delle donne a fini pubblicitari. Un gruppo di studentesse dell’Università di Palermo ha preso posizione e ha deciso qualche giorno fa di manifestare il proprio dissenso verso questo tipo di comunicazione che mercifica il corpo femminile coprendo il cartellone con una scritta inequivocabile “Questa è violenza sulle donne”. Un’azione dimostrativa, di protesta per dire basta al modo distorto con cui spesso si continuano a rappresentare le donne.

«Questa è una pratica – dicono le studentesse – che riproduce la violenza normalizzandola. Perché la violenza sulle donne è il diretto prodotto di una società che per anni e ancora oggi, in nome di logiche di marketing e profitto, costruisce immaginari sessisti e schiavizzanti, che fanno del corpo delle donne mero oggetto di consumo». Un gesto forte che nasce da una sensibilizzazione viva. Già due anni fa un gruppo di donne aveva denunciato il sessismo di alcune pubblicità che veicolavano in maniera errata l’immagine femminile stereotipandola. Nell’estate del 2015 erano stati dei discutibili cartelloni di un CompraOro ad avere suscitato un’indignazione profonda nelle siciliane, una protesta che non aveva lasciato indifferente neppure l’amministrazione cittadina. Il Consiglio comunale aveva infatti approvato un regolamento con cui vietava le pubblicità e gli spot lesivi dell’immagine femminile attivando inoltre un osservatorio per monitorare queste forme di comunicazione. Ma non è bastato, perché i cartelloni sessisti sono apparsi ugualmente per le strade del capoluogo siciliano.

C’è chi ha accusato le studentesse di aver censurato con la loro azione la pubblicità dell’olio per motori. Critiche a cui le ragazze hanno risposto: «La nostra protesta – spiega Claudia Borgia portavoce dell’Assemblea contro la violenza maschile sulle donne che ha ideato l’azione delle studentesse, non nasce da un pensiero moralista. Il problema è l’utilizzo del corpo femminile mercificato a fini pubblicitari a cui la nostra società si è assuefatta. Non ci facciamo quasi più caso. Noi invece ci battiamo perché ci siano più consapevolezza e sensibilizzazione». L’Assemblea composta da circa un centinaio tra studentesse universitarie, delle scuole superiori e lavoratrici sta creando una rete di donne che in prima persona, senza deleghe, parlano ed agiscono. «Le donne – continua Claudia – non devono essere oggettivizzate. Noi non ce l’abbiamo con la modella che ha posato per la pubblicità, ma con la modalità di comunicazione scelta».

Nel frattempo, il vicesindaco di Palermo Sergio Marino ha disposto la rimozione immediata di tutti i manifesti. «Una piccola vittoria nel percorso di emancipazione delle donne palermitane – ha commentato l’Assemblea – Ci riteniamo soddisfatte. Ma terremo sempre alta la nostra attenzione continuando a sanzionare campagne pubblicitarie di questo tipo, boicottando tutte quelle aziende che non solo sfruttano le lavoratrici ma che infliggono violenza usando l’immagine femminile per finalità di profitto. Non lasceremo il minimo spazio nella nostra città ad atteggiamenti maschilisti e che istigano alla violenza di genere».

db19d2fa-ba36-451d-b7e3-1cb332200138Anche a Cagliari le studentesse dell’Ateneo del capoluogo sardo hanno organizzato la loro protesta. In Sardegna la rivolta è scaturita per delle scritte sessiste e violente comparse nei bagni, fuori dalla biblioteca e sui muri della Facoltà di Lettere. Le offese sono state modificate con un’operazione di rewriting (riscrittura) che ha in questo modo cancellato la pesante misogina comparsa sugli edifici dell’istituzione accademica (le scritte sono state modificate di nuovo dileggiando la protesta e poi definitivamente cancellate per ordine della Facoltà). «I messaggi comparsi sui muri dell’Ateneo – si legge nel comunicato diramato dalla rete femminista Non una di meno Cagliari che ha appoggiato le studentesse – sono solo la punta dell’iceberg di pratiche e atteggiamenti sessisti che le ragazze e le donne si trovano a subire e combattere in diversi contesti e situazioni all’interno dell’Università».

Reazioni forti che segnano una presa di coscienza capace di tracciare il filo tra due isole, Sicilia e Sardegna, e tra donne che chiedono di parlare pubblicamente di sessismo, rompono il silenzio e non rimangono indifferenti. Perché la cultura della violenza si sradica così, come il movimento #metoo insegna. Alzando la propria voce, protestando, agendo in prima persona. Non più vittime, ma protagoniste.